A Torre Chianca, a 20 chilometri da Lecce, sono le 14 passate e non vola una mosca. Le strade sono deserte, si respira l’inerzia opprimente della controra nelle località di vacanza, dove a sentire il rumore delle onde e dei passi sul selciato si può anche impazzire, ma lentamente. Perché tra le villette schierate davanti al mare, in quel pomeriggio di settembre del 1992, è tutto lento come lo sgocciolio di un rubinetto svalvolato. In questo irreale silenzio, con le lancette dell’orologio che camminano a rallentatore, ci sono due persone che corrono frenetiche, il cuore che batte all’impazzata, il petto che scoppia, l’angoscia che spezza il fiato. Macinano chilometri tra le viuzze pacifiche scaldate dal sole di fine estate, bussano ai campanelli, fermano persone che li guardano attonite. Non possono credere che il mondo vada avanti, pigro, incurante, annoiato, becero come sempre, mentre accade quello che accade.
La scomparsa
Raffaele e Silvana sono alla disperata ricerca di Daniele, 3 anni, scomparso dal cortile di casa. Nel frattempo un altro Daniele, 12 anni, sta passeggiando sulla battaglia di Torre Chianca per ingannare il tempo in quell’ozioso 12 settembre. Mentre gironzola si imbatte in qualcosa: è un barattolo di vernice, lo raccoglie e continua a camminare svogliato. Poi nota un altro oggetto in lontananza, sembra un bambolotto, o forse sono solo vestiti ammucchiati. Si avvicina per osservare e scopre le sembianze di un bambino. È riverso nella sabbia a faccia in su con i granelli nei capelli e nei vestiti, la maglietta strappata sul davanti. È pallido, non respira. Daniele si dirige in cerca di aiuto, bussa alle porte. Attira finalmente l'attenzione degli adulti che si precipitano sul posto e si trovano davanti lo spettacolo orribile di quel bimbo agonizzante gettato sulla spiaggia come un pupazzo.
In un bar, non molto lontano, una coppia fa irruzione chiedendo un telefono. Devono chiamare il 112, è urgente. Le dita compongono tremanti il numero sui tasti. Dalla cornetta una voce li informa che proprio in quegli attimi un bimbo è stato trovato e soccorso in spiaggia. Parte la corsa disperata in auto verso il litorale di Torre Chianca, dove una piccola folla, intanto, fa da paravento a una scena straziante: un vigile del fuoco tenta disperatamente di rianimare un corpicino sporco di sabbia. Il piccolo respira, diventa caldo, ma non basta: la situazione precipita e l'ambulanza parte a sirene spiegate verso l'ospedale. Il più vicino è il nosocomio Vito Fazzi di Lecce, dove Daniele va dritto in rianimazione. Vengono allacciati tubi, accesi macchinari, accorrono camici bianchi. Alle 21, dopo 7 ore di lotta, Daniele smette di respirare.
I sospetti
Nel frattempo al pronto soccorso arriva un uomo, dice di essere il soccorritore del piccolo. È preoccupato, vuole sapere se il bimbo trovato "annegato" sulla spiaggia si salverà. Sta bene? Si è ripreso? Maurizio – così si chiama l'uomo a cui un bambino di 12 anni di nome Daniele aveva chiesto aiuto, indicandogli quel bimbo inerte sulla riva – viene gentilmente invitato a trattenersi dal pm. Il piccolo è morto, annuncia il magistrato, ma non è annegato, la sabbia gli ha ostruito i polmoni. Questa, però, non è la cosa peggiore: sul suo corpo sono state trovate tracce di sangue e liquido seminale. È stato violentato. La notizia della morte di Daniele si sparge per la piccola cittadina e si colora di particolari oscuri, angosciosi, terribili. Daniele è stato prelevato dal cortile di casa dove era in vacanza con i genitori. Mentre loro preparavano le valigie per fare ritorno in città, qualcuno ha preso il bimbo e lo ha trascinato in spiaggia: lo ha spogliato, violentato e poi rivestito. Lo ha schiacciato con la testa sulla sabbia mentre tentava di difendersi, soffocandolo. È quello che emerge dalla ricostruzione e dalla autopsia sul corpo del piccolo.
Ormai ridotti a ombra di se stessi, Silvana e Raffaele lanciano un appello il giorno del funerale: Chi ha visto uccidere nostro figlio ora deve parlare, deve collaborare con la giustizia. Una eco che rimane inascoltata perché nessuno a Torre Chianca sembra aver visto niente. Eppure, anche se era ormai passata l'alta stagione, la spiaggia torrese non poteva essere completamente deserta all'ora in cui si è avvenuto il rapimento. Qualcuno ha visto l'orco, qualcuno sa chi ha fatto del male a Daniele. Le ricerche partono dal primo soccorritore, il ragazzino che lo ha trovato, "l'altro" Daniele. Il dodicenne racconta agli inquirenti di aver finito di mangiare alle 14 e 30 di essere andato a trovare un amico di nome Marco trattenendosi a casa sua fino alle 15, ma di questo fantomatico amichetto non esiste l'ombra. Daniele si è inventato tutto. Confessa di aver mentito perché aveva paura di un uomo dai capelli grigi. Lo avrebbe visto accanto al bimbo sulla spiaggia, non sa dire chi sia, non sa descriverlo.
La telefonata
Intanto alla Squadra mobile di Lecce arriva una telefonata: una voce anonima dice che è stato Silvio a uccidere Daniele. Silvio è un residente del posto. Quando gli investigatori lo interrogheranno, l'uomo parlerà loro di un passaggio condominiale privato che dalla casa di Daniele conduce al mare, circa 300 metri di cammino, una scorciatoia. Un tragitto che in pochi conoscono e che l'orco avrebbe potuto percorrere per portare Daniele in spiaggia. Al termine di questo percorso gli investigatori trovano delle caramelle, le stesse che forse l'aguzzino ha usato per attirare il piccolo. Ma Silvio è innocente, il test del Dna lo scagiona. Perché è proprio quella la firma dell'assassino, quella la prova regina nelle indagini condotte dal sostituto procuratore della Repubblica di Lecce, Cataldo Motta. Ma purtroppo il codice genetico in quello che diventerà uno dei casi più orribili della cronaca nera italiana serve solo ad allontanare i dubbi dalle persone sbagliate, a scagionare ben 19 sospettati tra uomini e ragazzi.
Le indagini
Ma è sicuro che sia stato un residente del posto a violentare e assassinare Daniele? O forse è stato un turista, un forestiero di passaggio nella località leccese? Nessuno in quel paese della provincia salentina lo sa, nessuno parla, le 20 persone presenti a quell’ora sulla spiaggia non sono in grado di riferire nulla. Fino a un giorno di agosto di due anni dopo. Una lettera anonima arriva al Quotidiano di Lecce: Ho visto l'uomo che uccise il piccolo Daniele e ho solo un grande rimorso di coscienza. Le parole sono composte con ritagli di giornale, chi scrive si presenta come un testimone dell'atroce delitto. Ma la segnalazione non ha séguito e le indagini si perdono nel labirinto delle ipotesi. Il senatore dell’allora Pds, Giovanni Pellegrino, presenta un’interrogazione parlamentare al Ministro dell’Interno chiedendo lo stesso intervento messo in campo per il caso di Simone Allegretti a Foligno. Nonostante arrivi in Parlamento, il caso, alla fine, viene archiviato dalla Procura di Lecce.
Silvana, insegnante, e Raffaele, autista, vanno via a vivere lontano. Non vorranno mai parlare con la stampa di questa atroce storia. Il caso di Daniele è uno dei 27 casi italiani di cronaca nera irrisolti di cui si è occupata l’Unità delitti insoluti. Da qualche parte il mostro senza volto è ancora libero. A Torre Chianca, le vite sono andate avanti, le persone sono invecchiate, altre villette sono spuntate e alcuni residenti sono andati via. Le case ora hanno i lucchetti in acciaio e i catenacci. Questa storia atroce e amara non viene mai menzionata. Solo un brivido corre lungo la schiena di quanti erano presenti quel giorno, quando attraversano quel punto, quello dove Daniele giaceva come un bambolotto abbandonato.