Sono passati 30 anni dalla scomparsa della piccola Santina Renda, ma la sua Palermo non ha mai smesso di chiedersi che cosa le sia successo. Figlia del quartiere San Giovanni Apostolo, all'epoca chiamato ancor ‘Cep', Santina è scomparsa un pomeriggio di marzo mentre giocava con le sorelline. Chi l'abbia presa e che cosa ne abbia fatto restano ancora due interrogativi senza risposta.
È il 1990. È l'anno delle ‘notti magiche' dei Mondiali di Calcio, quello dell'omicidio del delitto di via Poma, l'anno in cui l'Italia muove i primi duri passi al contrasto della piaga dei sequestri di persona obbligando alla confisca dei beni delle vittime. L'anno in cui inizia la guerra del Golfo. Da due giorni è primavera e tra le palazzine del Cep, i bambini scendono in cortile a giocare. Santina ha sei anni, è una bambina graziosa, vivace. Il pomeriggio di quel venerdì 23 marzo, inganna il tempo giocando con la sorellina Francesca e altri bambini, in via Pietro dell'Aquila, a pochi passi da casa. Alle 16, dopo che l'avevano cercata ovunque, temendo che si fosse smarrita o si fosse messa nei guai giocando, i genitori danno l'allarme.
L'indomani l'eco di quella notizia si è propagato lontano dal quartiere. Alcuni testimoni dicono di aver visto avvicinarla un giovane alla guida di una BMW, ma non ci sono conferme. Si ipotizza di tutto: dal sequestro dei soliti trafficanti di organi (una leggenda metropolitana che terrorizza l'Italia di questi anni) alla compravendita di bambini per mano dei genitori, fino al sequestro a opera dei Rom, un altro spauracchio di quegli anni. In spregio di chi li vorrebbe rapitori di bambini, i membri della comunità Rom del quartiere si mettono in cerca di Santina, allertando le famiglie e le comunità romene di tutta Italia.
Il caso finisce nelle mani di Danetella Raffai, che a Chi l'ha visto rivolge appelli, raccoglie segnalazioni. Alcuni hanno visto una bimba coi capelli biondo scuro somigliante alla piccola Renda, ma si rivelano fuochi di paglia. Di fatto non ci sono prove della esistenza in vita della bimba. Quando sotto pressione finiscono i genitori della piccola, accusati di averla venduta per una manciata di milioni di vecchie lire, è il nonno Carmelo Scurato a ergersi da scudo alla famiglia. "Ci arrestino se veramente credono che siamo stati noi!", ma come tuona il nonno, contro di loro non ci sono prove.
A confessare invece è qualcun altro. Si chiama Vincenzo Campanella, nel quartiere lo deridono chiamandolo ‘lo scemo', perché psicolabile. ‘Santina è caduta mentre era in sella al mio motorino, è stato un incidente'. Non è in grado di far ritrovare il corpo della bimba, non viene creduto. Qualche tempo dopo al Cep scoppia un'altra tragedia. Il 5 febbraio 1992, Maurizio Nunzio, di otto anni, scompare nel nulla. È il cuginetto di Santina. Il piccolo viene ritrovato lo stesso giorno con la testa fracassata. Il solito Campanella confessa, stavolta viene creduto, ci sono le prove. Viene ritenuto capace d'intendere e di volere e condannato a 29 anni di carcere. Non gli verrà mai contestato di nulla riguardo alla scomparsa di Santina.
Oggi a Palermo tutti ricordano il nome di Santina Renda, come quello della bambina svanita nel nulla. Rapita per il traffico di organi, ceduta, venduta, ammazzata, Santina non viene più cercata. È una specie di fantasma di un tempo andato, quello in cui il quartiere si chiamava Cep e i bambini svanivano come ombre.