La storia di Nicoleta Rotaru: dal finto suicidio simulato dall’ex marito alla rivelazione degli audio
La notte del 2 agosto 2023, il 118 di Monteortone ha ricevuto la prima telefonata di Erik Zorzi, marito di Nicoleta Rotaru. A suo dire, la donna era "chiusa in bagno da ore" e lui aveva paura che potesse essersi suicidata. I vigili del fuoco e i sanitari del 118 avevano trovato la 39enne madre di due figlie di 8 e 13 anni morta nel bagno di quella casa che condivideva con l'ex marito 42enne. Rotaru aveva stretta al collo una cintura in pelle e il suo corpo senza vita giaceva riverso sul pavimento del box doccia. Per entrare ai vigili del fuoco era bastata una leggera pressione sulla porta in legno che aveva ceduto subito, cadendo ai piedi dei soccorritori come se fosse stata appena montata. La serratura però risultava chiusa dall'interno e il bagno di quell'abitazione era senza finestre.
In un primo momento le forze dell'ordine hanno pensato al suicidio e a lungo hanno indagato fingendo di aver escluso la pista dell'omicidio. Il fatto che il pannello in legno della porta del bagno avesse ceduto così facilmente aveva suggerito agli inquirenti la possibilità che Zorzi, esperto di bricolage, l'avesse smontato e poi rimontato per far apparire il chiavistello chiuso dall'interno. Un anno dopo la morte della 39enne, è arrivata la conferma: Nicoleta Rotaru non si è suicidata, ma è stata assassinata dall'ex marito e padre delle sue due figlie.
Erano diversi i dettagli che non avevano convinto gli inquirenti fin dall'inizio. Il dettaglio della porta, che pure non aveva persuaso gli investigatori, è stato solo l'inizio di un'operazione certosina per smontare l'alibi del 42enne: ad incastrarlo definitivamente, ci ha pensato la stessa Nicoleta. Prima di morire, infatti, Rotaru ha azionato il registratore del suo cellulare, documentando così gli insulti, l'aggressione e infine il suo stesso omicidio.
Chi era Nicoleta Rotaru, la donna uccisa dal marito
Nicoleta Rotaru, 39 anni, era in attesa di un contratto a tempo indeterminato dopo aver cambiato lavoro. Lo avrebbe ottenuto nell'agosto del 2023 e a chiunque incontrasse raccontava con gioia che mancava poco al momento in cui, con quelle nuove garanzie, avrebbe trovato un'altra sistemazione per sé e le sue figlie. La donna aveva infatti divorziato circa 2 anni prima dell'omicidio da Zorzi, camionista 42enne, stanca delle continue vessazioni e della smania di controllo di lui.
Rotaru non aveva però potuto andare a vivere subito altrove e aveva dovuto restare nella stessa casa del suo assassino. Quella villetta era infatti di proprietà della famiglia del 42enne e Nicoleta, che spesso era stata costretta a rinunciare al lavoro a causa delle forti pressioni esercitate da Zorzi, aveva dovuto arrangiarsi fino alla firma del contratto per un nuovo impiego.
La 39enne, che lavorava in una pelletteria, aveva anche tentato la carriera politica: nel 2017 si era candidata nella lista di Michele Di Bari per Abano Terme. Il comune in quel periodo stava cercando di riemergere da uno scandalo di tangenti e corruzione che aveva portato in cella l'allora sindaco e la candidatura di Rotaru, così come raccontato dallo stesso Di Bari, sembrava promettere bene.
Ad arrestare la sua corsa aveva però purtroppo pensato lo stesso Zorzi: la vittima aveva dovuto rinunciare alle amministrative a causa delle continue pressioni del 42enne. Rotaru aveva quindi ripreso a lavorare e a occuparsi delle figlie, poi era arrivata la decisione di divorziare.
I maltrattamenti e la richiesta di divorzio
A incidere su quella decisione erano state le continue violenze fisiche subìte dal marito e le vessazioni di carattere psicologico che spesso toccavano anche alle sue figlie. Il percorso per arrivare al divorzio non era stato semplice e aveva incontrato l'opposizione costante di Zorzi che alla fine aveva firmato i documenti necessari.
Quella firma non aveva purtroppo interrotto l'incubo: il 42enne era infatti conscio che la situazione lavorativa precaria di Rotaru non le avrebbe permesso di andare via di casa in breve tempo. Lei non si era arresa e rimboccandosi le maniche, era finalmente arrivata a un passo dalla firma del contratto a tempo indeterminato che le avrebbe offerto un biglietto di sola andata per la libertà insieme alle sue figlie.
La nuova vita di Nicoleta tra lavoro e un nuovo fidanzato
Rotaru era emozionata per l'imminente trasferimento e felice perché aveva ritrovato l'amore con un'altra persona, ma temeva per la sua vita. La 39enne aveva infatti pensato di fare testamento per evitare che le due figlie minorenni venissero affidate al padre. E per tutelarsi in caso di denuncia, aveva deciso di registrare tutte le aggressioni ai suoi danni da parte dell'ex marito, compresi gli insulti e le umiliazioni che anche le due figliolette dovevano subire.
Nonostante la paura, la 39enne era certa che per la fine dell'incubo mancasse poco: la firma del contratto di lavoro a tempo indeterminato sarebbe arrivata nei primi dieci giorni di agosto. Nicoleta si stava godendo gli ultimi giorni di lavoro prima delle vacanze con le figlie. Una volta tornata, come raccontava ai colleghi e agli amici, avrebbe cercato una nuova sistemazione per la vita.
La sera del delitto la 39enne aveva visto il nuovo fidanzato. I due erano stati a cena insieme, poi si erano salutati e lei era tornata a casa. Lì aveva percepito che qualcosa non andava e così, dopo l'ennesima discussione con Zorzi, aveva premuto il tasto "record" sul registratore del cellulare, lasciandolo sul comodino della stanza da letto prima di andare a dormire.
Il suicidio simulato da Erik Zorzi
Poco dopo, Zorzi l'aveva raggiunta in camera da letto per litigare. Il cellulare ha registrato prima gli insulti, poi le percosse ai danni di Nicoleta. "Per favore – chiede lei a un certo punto – smettila". A quel punto, il 42enne l'ha soffocata. La donna ha lottato prima di morire.
Per evitare l'arresto, Zorzi ha poi ordito un piano per far passare la morte di Rotaru come suicidio. Il cellulare della 39enne ha registrato gli spostamenti dell'uomo che, dopo il femminicidio, ha trascinato il corpo senza vita dell'ex moglie in bagno e smontato il pannello della porta per girare il chiavistello e far credere che fosse stato chiuso dall'interno. Dopo averlo rimesso al suo posto, ha allertato i soccorsi. "Mia moglie è in bagno da ore – ha raccontato durante la telefonata -. Ho paura che si sia suicidata".
Tutti gli audio di Nicoleta Rotaru che incastrano l'ex marito
Da qui partono le indagini delle forze dell'ordine, insospettite da alcuni dettagli fuori posto nella versione dei fatti fornita da Zorzi. Tanto per iniziare, il pannello della porta che aveva ceduto alle pressioni dei vigili del fuoco con estrema facilità, poi le continue liti per le quali i vicini di casa avevano spesso chiamato i carabinieri.
In quella casa, infatti, le autorità si erano recate diverse volte. Rotaru, prigioniera di una situazione economica che non le aveva permesso di cambiare subito dimora, stava raccogliendo prove per denunciare i maltrattamenti subiti da lei e spesso anche dalle figlie. Ai colleghi di lavoro aveva spiegato di non poter agire subito, di avere paura perché il suo ex marito viveva ancora in casa con lei.
Il cellulare di Nicoleta è stato subito sequestrato dalle forze dell'ordine per accertamenti, ma l'audio che incastra il 42enne è stato trovato solo il 13 marzo su pressione delle due legali di Rotaru. Gli inquirenti hanno trovato migliaia di registrazioni degli insulti e delle aggressioni di Zorzi. In alcuni, l'uomo insultava anche le figlie.
Gli audio sono stati sottoposti al 42enne durante gli interrogatori. Per tutti avrebbe trovato una "giustificazione", perfino per quelli in cui si riferiva alla figlia di 8 anni con offese irripetibili. "Se vengo trattato da cane – avrebbe detto – allora mi rivolgo così a mia figlia".
Nicoleta lo aveva registrato per anni. Tutte le liti e tutte le violenze erano state sapientemente tracciate nella memoria del cellulare della 39enne che voleva tutelarsi per una futura denuncia ed evitare che, in caso di femminicidio, le due figlie venissero affidate al padre.