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Testimoni di Geova, il lato oscuro della fede

La storia di Massimo, ex testimone di Geova gay: “Mi dicevano che ero sbagliato. Ora sono rinato”

Essere gay e allo stesso tempo fedele di una religione che proibisce l’omosessualità. Dover scegliere tra un credo e i propri desideri. È la storia di Massimo, testimone di Geova fin da bambino, che ha vissuto come una liberazione la sua espulsione da questo culto. “Vorrei dire ad un testimone di Geova con tendenze omosessuali – racconta a Fanpage.it – di non sentirsi oppresso, di trovare il coraggio di parlarne”.
A cura di Mirko Bellis
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Massimo ha chiesto che il suo volto non fosse reso visibile per ragioni di privacy
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“Prima ero un predicatore omofobo e adesso collaboro per un telefono amico gay”. Massimo, bolognese di 47 anni, è stato a lungo testimone di Geova. Lo è la madre, che abbraccia questa religione quando lui è ancora un bambino. All’età di 16 anni si battezza. Ma un decennio dopo lascerà per sempre il culto. A portarlo a questa scelta è stato il suo orientamento sessuale. Massimo infatti è gay. Impiegato in un’azienda, il resto del tempo lo occupa come volontario al telefono amico Lgbt (acronimo di Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender) a Bologna.

“Quando andavo in predicazione porta a porta – racconta Massimo a Fanpage.it – mi capitava di incontrare qualche gay. In quei casi ripetevo i versetti della Bibbia e quanto avevo studiato nelle pubblicazioni dei testimoni di Geova, in cui si spiegava come combattere l’omosessualità”. “Mi ricordo ancora gli articoli con i consigli ai fedeli su come evitare le pulsioni di questo tipo”. “La pornografia era ovviamente proibita – prosegue – ma altrettanto censurati erano anche quei film, come ad esempio quello sulla vita dello scrittore Oscar Wilde, o quei libri che potevano avere una tematica gay”. “Ad ogni modo – sottolinea – Geova non giudicava le tendenze omosessuali, stava al fedele lottare contro i suoi desideri. Altro discorso era metterli in pratica. In quel caso diventava un vero e proprio peccato”. “Per i testimoni di Geova – spiega – non fa differenza siano etero o gay, è vietato l’atto sessuale al di fuori del matrimonio. Se gli anziani lo vengono a sapere scatta il comitato giudiziario che si può anche concludere, se c’è il pentimento, solo con un monito”.

“Accettare la mia sessualità è stato un percorso lungo – ricorda – e molto difficile. Ho scoperto di essere attratto da persone del mio stesso sesso quando ero adolescente. Pensavo fosse una cosa passeggera, perché consideravo sbagliata l’omosessualità, contraria ai miei insegnamenti religiosi”. “Solo a 24 anni ho trovato il coraggio di confessare di essere gay ad alcuni cari amici testimoni di Geova. In tutto quel tempo, però, ho vissuto con un senso di oppressione perché continuavo a reprimermi”.

Massimo ha da poco superato i 20 anni quando comincia a frequentare di nascosto alcuni locali gay. Lo fa assieme a un altro testimone di Geova omosessuale. Sarà proprio questa amicizia che causerà la sua espulsione dalla congregazione. “Nel mio caso – continua – sono stato disassociato non per immoralità sessuale, ossia per essere gay. Quanto piuttosto per condotta dissoluta, cioè per aver mantenuto contatti con questo amico, che nel frattempo era stato cacciato”. “Durante il mio comitato giudiziario, gli anziani mi hanno incolpato proprio della frequentazione con una persona disassociata. Ed è stato allora che ho ammesso davanti a loro le mie tendenze omosessuali”. “Un gesto coraggioso – rimarca – ma allo stesso tempo umiliante”. “È stato anche traumatico, soprattutto perché non volevo dare un dispiacere a mia madre che a quel tempo era molto malata”. “Ricordo che mio padre ha chiamato gli anziani per chiedergli che mi riammettessero. Credo lo abbia fatto per proteggermi, perché aveva timore del mio orientamento sessuale”.

“Gli anziani di congregazione – ammette Massimo – mi hanno lasciato comunque una porta aperta: se avessi ripreso a frequentare le adunanze, dopo un anno sarei potuto rientrare nei testimoni di Geova. Certo, avrei dovuto fare un percorso di pentimento”. “Per me, in ogni caso, uscire da questa religione ha significato una sorta di liberazione, quasi una rinascita. La cosa più difficile è stata crearmi nuove amicizie perché prima il tempo lo occupavo quasi tutto all’interno della congregazione”. “Non tutti i fedeli, tuttavia, sono omofobi”, chiarisce. “Le persone con cui mi sono confidato, ad esempio, credevano di essere miei alleati nella battaglia contro le mie pulsioni sessuali. Un modo, insomma, per aiutarmi a non cedere alle tentazioni o comunque per scacciare questi pensieri impuri”.

Massimo spera che la sua testimonianza possa servire ad altri testimoni di Geova. “Con la mia storia spero di aiutare chi ha passato o sta vivendo le mie stesse difficoltà. Vorrei dire ad un fedele con tendenze omosessuali – conclude – di non sentirsi oppresso, di trovare il coraggio di parlarne”.

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