La storia di Maria Chindamo, uccisa e data in pasto ai maiali: dall’omicidio all’inizio del processo
Il 6 maggio 2016, un anno dopo il suicidio del marito Ferdinando Puntoriero, è scomparsa Maria Chindamo, imprenditrice di 42 anni e mamma di tre figli. La donna è scomparsa dalla sua tenuta di Limbiadi, Vibo Valentia. Il suo corpo non è mai stato trovato e le indagini per scomparsa sono ben presto divenute per omicidio. Per la scomparsa e la morte della 42enne vi è stato un arresto, quello di Salvatore Ascone detto O' Pinnolaro, il proprietario del terreno agricolo antistante la proprietà di Maria Chindamo. Alla base dell'omicidio, secondo gli inquirenti, vi sarebbe stato un interresse economico legato ai terreni che la donna gestiva dopo la morte dell'ex marito Puntoriero.
A svelare il delitto, il collaboratore di giustizia Antonio Cossidente, che rivelò di aver saputo da Emanuele Mancuso che Chindamo era stata uccisa da Salvatore Ascone il giorno della scomparsa e che il suo corpo era stato dato in pasto ai maiali. Il 14 marzo del 2024 inizierà il processo a carico di Salvatore Ascone, accusato di concorso in omicidio.
Chi era Maria Chindamo, la donna uccisa e data in pasto ai maiali
Impreditrice 42enne e mamma di tre figli, Maria Chindamo era originaria di Laureana di Borrello, nel Reggino. La donna aveva acquistato i terreni che erano stati di proprietà del marito, Ferdinando Puntorirero, morto appena un anno prima da suicida. Dopo la morte di Puntoriero, Chindamo aveva intrapreso una nuova relazione e con il compagno aveva iniziato a gestire i terreni agricoli che erano stati del marito.
Il tutto contro la volontà di alcune cosche di ‘ndrangheta del Vibonese, che da tempo avevano messo gli occhi su alcuni terreni che la donna aveva acquisito. Chindamo sarebbe quindi morta a causa dello specifico interesse del clan Mancuso che voleva prendere il controllo dei campi nelle mani della 42enne uccisa.
Cosa è successo il 6 maggio 2016
Il 6 maggio 2016 la donna si era recata nel suo podere di Limbiadi intorno alle 7 del mattino per incontrare un agricoltore che lavorava nei terreni di sua proprietà. Dopo aver atteso fino alle 7.26, Dimitrov aveva allertato il fratello della 42enne, spiegando di aver visto la sua auto con il motore acceso davanti al cancello della tenuta.
I carabinieri di Tropea e della stazione di Laureana avevano battuto palmo a palmo le campagne dell'agro borrellese, ma della donna nessuna traccia. Poco dopo era stata aperta un'indagine per sequestro di persona e omicidio.
Sulla Dacia Duster bianca dell'imprenditrice erano state trovate macchie di sangue, con dentro la sua borsa e le sue chiavi. La vettura, con il motore ancora acceso, era parcheggiata poco lontano dal suo podere. Su questi dettagli si erano concentrate fin da subito le indagini, sempre più improntate sull'ipotesi della lupara bianca.
Il suicidio del marito un anno prima della scomparsa di Maria
Per fugare ogni dubbio, gli inquirenti avevano fin da subito iniziato ad escludere indizio dopo indizio e prova dopo prova qualunque altra pista. La prima, quella di una vendetta legata alla sua nuova relazione, è stata subito analizzata con domande e ricerche a tappeto nei terreni dei Puntoriero, i familiari del marito Ferdinando morto suicida appena un anno prima.
Le indagini avevano portato gli inquirenti a cercare risposte dai familiari dell'uomo perché Chindamo aveva deciso di interrompere la relazione con il padre dei suoi figli e lui si sarebbe tolto la vita perché "incapace di accettare la separazione". Dopo la morte dell'ex partner, Chindamo aveva lasciato il suo lavoro da commercialista e aveva preso in mano i terreni di Puntoriero.
Proprio da questo dettaglio gli inquirenti erano riusciti ad arrivare alla pista della vendetta per interessi economici. Maria Chindamo era sì scomparsa nel giorno dell'anniversario del suicidio del marito, ma era anche la nuova proprietaria dei terreni che una volta erano sotto il controllo di Puntoriero.
Perché è stata uccisa: il controllo delle terre e la relazione sentimentale
Dalla vendetta legata ai motivi sentimentali, gli inquirenti erano ben presto arrivati alla pista degli interessi economici. Un anno dopo il suicidio di Puntoriero, la donna aveva infatti iniziato una nuova relazione sentimentale e preso in gestione i terreni che un tempo erano stati del marito. La 42enne si era inoltre iscritta all'università. Le cosche della ‘ndrangheta che avevano messo gli occhi sui terreni di Chindamo non le avevano perdonato la propria libertà sentimentale e quella di determinare il suo futuro prendendo in gestione il podere di Limbiadi.
Il podere di Chindamo, infatti, aveva suscitato l'interesse di diverse cosche della ‘ndrangheta. Il gruppo criminale maggiormente interessato era quello dei Mancuso, che era stato segnalato già un anno prima della morte della 42enne alle autorità. A indicare il clan alla giustizia era stato il marito della vittima che aveva denunciato le richieste di un vicino di terreno, Salvatore Ascone, di utilizzare una stradina interpoderale che passava sui suoi terreni.
I Mancuso avevano inoltre chiesto ad Ascone di coltivare i poderi di Chindamo qualora il clan fosse riuscito ad acquisirli.
L'arresto di Salvatore Ascone per le morte di Maria Chindamo
Per la morte di Maria Chindamo è stato poi arrestato Salvatore Ascone, incastrato dalla testimonianza del collaboratore di giustizia Andrea Mantella. L'uomo aveva confermato l'interesse dei Mancuso per i poderi nelle mani della donna e la richiesta fatta ad Ascone da parte del clan di coltivare i poderi, qualora fossero riusciti ad acquisirli.
Ascone era già stato segnalato da Puntoriero un anno prima del delitto e questo aveva portato gli inquirenti a concentrarsi maggiormente sul suo nome, alla ricerca di prove che potessero spiegare la scomparsa della 42enne. La spiegazione era presto arrivata: Ascone avrebbe ucciso la donna davanti ai suoi poderi il 6 maggio 2016 insieme ad altre due persone, una delle quali ancora minorenne all'epoca dei fatti e l'altra deceduta. Dopo il delitto, il cadavere di Chindamo era stato dato in pasto ai maiali per non lasciare traccia.
Le annotazioni di polizia giudiziaria del 2015 avevano poi fornito la conferma: nel verbale era infatti stata riportata parola per parola la denuncia di Puntoriero sull'utilizzo della stradina interpoderale preteso da Ascone. Il clan Mancuso, insieme ad Ascone, era convinto che Chindamo non avesse diritto a rifarsi una vita dopo il suicidio del marito. Soprattutto, Chindamo "non avrebbe dovuto prendere il controllo dei terreni dell'ex deceduto", né resistere alle minacce di Ascone relative all'acquisizione dei poderi. Per questo motivo, Ascone e altre due persone avrebbero travolto la 42enne con un trattore e poi dato il suo corpo in pasto ai maiali.
Le parole della famiglia della donna uccisa
Per anni i familiari di Chindamo avevano atteso l'inizio del processo. Il fratello, i figli e il compagno di allora, con il quale la 42enne aveva appena iniziato la sua nuova vita, non si sono mai dati pace. "Per otto anni – ha raccontato il fratello della vittima – abbiamo camminato sulle strade della speranza. Il nostro cammino è stato sempre meno solitario e sempre più condiviso: grazie a Grazie ai movimenti e alle associazioni Penelope Italia Odv, Libera Vibo, Goel-Gruppo Cooperativo, gli avvocati Nicodemo Gentile ed Antonio Cozza, abbiamo potuto raccontare la storia di mia sorella in tantissime scuole. È significativo me passare a comprare il pane ed essere riconosciuto ed accolto con il sorriso! È significativo e coraggioso che l'Amministrazione comunale e la scuola a Limbiadi celebrano l'8 marzo nel salone del comune in memoria di Maria Chindamo e dei valori della libertà, annunciando l'intitolazione di una via a suo nome".
Dopo 8 anni, ha concluso il fratello, arriverà la prima udienza che vede dietro la sbarra Salvatore Ascone accusato dell'omicidio in concorso con altre due persone (di cui una deceduta). "Mi aspetto l'inizio di un percorso con una velocità diversa in cui lo Stato sia più manifesto. Non ho mai smesso di credere nello Stato, anche durante questi anni interminabili. Grazie per chi mi ha contattato sentendo di voler essere simbolicamente presente giorno 14 per amplificare gli appelli di verità e giustizia".
Soddisfazione per l'inizio del processo anche da parte dei figli che per anni hanno atteso che le confessioni dei collaboratori di giustizia si trasformassero in veri e propri capi d'accusa. I tre, all'epoca ancora piccoli, avevano saputo della brutalità dell'omicidio tramite la televisione.
Il processo per l'omicidio di Maria
Inizierà il 14 marzo il processo per l'omicidio di Maria Chindamo, dopo 8 anni di attesa e indagini complicatissime che avevano portato gli inquirenti a spostare l'attenzione dall'allontanamento volontario fino alla vendetta per motivi sentimentali e poi al rapimento e all'omicidio per questioni di interesse economico. A processo andrà Salvatore Ascone, accusato di concorso nel delitto.
Tra le accuse alle quali Ascone deve rispondere, c'è anche quella di aver manomesso l'impianto di videosorveglianza posto all'ingresso dell'azienda dell'imprenditrice poco prima dell'omicidio. Il processo, filone della maxi inchiesta "Maestrale", riguarda anche l'omicidio di Angelo Corigliano, avvenuto a Mileto nell'agosto 2013, per il quale sono imputati a vario titolo Salvatore Pititto, Domenico Iannello e Giuseppe Mazzitelli.