La storia di Denis Bergamini, dall’omicidio alla condanna dell’ex fidanzata Isabella Internò
Condannata in primo grado a 16 anni di carcere per concorso con ignoti in omicidio volontario. Per la procura della Repubblica di Castrovillari Isabella Internò è autrice, insieme ad altre persone ancora da identificare, della morte dell'ex fidanzato Donato "Denis" Bergamini, ex calciatore del Cosenza, avvenuta il 18 novembre del 1989.
Il caso ha sempre fatto discutere: non solo perché il ragazzo era un giocatore promettente, ma anche per i tanti dubbi sull'archiviazione con l'ipotesi di suicidio stabilita inizialmente dalla magistratura. Il corpo dell'allora 27enne era stato ritrovato sulla statale 106 Jonica, nei pressi del Roseto Capo Spulico. Le prime indagini avevano sostenuto che Bergamini si sarebbe tolto la vita lanciandosi sotto un camion.
Una vicenda dalle tinte in chiaroscuro, riaperta, prima nel 2011 e dopo nel 2017, grazie al pressing della famiglia e degli ex compagni di squadra di Bergamini. Le nuove inchieste seguono la pista dell'omicidio.
Chi era Donato “Denis” Bergamini, il calciatore del Cosenza morto nel 1989
Donato Bergamini, noto ai più come "Denis", era nato ad Argenta (Ferrara) il 18 settembre 1962. Partito dalla Serie D, nel 1985 la sua carriera calcistica prende il via con l'acquisto del cartellino da parte del Cosenza, allora in Serie C1. Tempo due stagioni e la squadra salì nella serie superiore.
In quella stagione, però, Bergamini era riuscito a confezionare solo 16 presenze a causa di un infortunio. Di richieste da altre squadra, comunque, non mancavano. Ma il Cosenza decise di trattenerlo e confermarlo. Il suo ultimo match è stato il 12 novembre 1989, contro il Monza. Neanche una settimana prima della tragedia.
La relazione con Isabella Internò
Isabella Internò, classe 1969, oggi ha 55 anni. Aveva conosciuto Bergamini nel 1985, poco dopo l'arrivo del calciatore al Cosenza. Hanno avuto una relazione tumultuosa di almeno tre anni.
Entrambi erano molto giovani. Nel 1987, lei sarebbe rimasta incinta, ma a detta della sorella del calciatore non voleva portare avanti la gravidanza. Il motivo? Lo spiega il procuratore di Castrovillari, Alessandro D'Alessio, secondo cui il ragazzo, per quanto avrebbe tenuto il bambino, non avrebbe voluto sposarla "a causa del suo carattere ossessivo".
La donna allora aveva deciso di abortire in una clinica di Londra. Da lì, secondo il pm, Internò ha iniziato uno stalking nei confronti di Bergamini, "nonostante la loro relazione fosse chiusa da tempo". A riprova di ciò, i magistrati hanno trovato fondate e rilevanti le dichiarazioni di Tiziana Rota, moglie del calciatore Maurizio Lucchetti (all'epoca compagno di squadra di Bergamini), amica stretta di Internò.
L'imputata, infatti, le avrebbe confidato che Bergamini sarebbe stato "un uomo morto, perché mi ha disonorata, deve tornare da me perché io lo faccio ammazzare", qualora non fosse tornato indietro sui suoi passi.
La morte di Bergamini e l’ipotesi del suicidio
Ore 19.30, sabato 18 novembre 1989. Il corpo di Donato "Denis" Bergamini viene trovato morto sulla strada statale 106 Jonica, nei pressi di Roseto Capo Spulico, in provincia di Cosenza. Apparentemente è stato investito da un camion guidato da Raffaele Pisano in uno spiazzo in cui si era fermato assieme a Internò, che lo ha trascinato per circa 60 metri.
Stando alle testimonianze di Internò e dell'autista, Bergamini si era suicidato gettandosi all'improvviso sotto le ruote anteriori. Dalle parole di Internò, tutto è riconducibile al fatto che lui aveva chiesto di partire insieme per un viaggio all'estero e, dopo il rifiuto della ragazza, aveva deciso di togliersi la vita.
Le indagini, pertanto, vengono archiviate e il camionista, accusato di omicidio colposo, è stato assolto sia in primo grado sia in appello. Aveva vinto l'ipotesi del suicidio. Anche se quest'ultima, così come la ricostruzione dell'episodio, non ha mai convinto i familiari, così come i compagni di squadra di Bergamini.
Cosa non torna sulla morte di Denis Bergamini e la riapertura delle indagini
La versione del suicidio ha lasciato non pochi dubbi. Nella ricostruzione della storia, infatti, c'erano almeno due ore di buco: dalle 17.30, quando il calciatore era stato visto dal vivo da una persona diversa da Isabella fino alle 19.30. Per questo, il caso è stato poi riaperto nel 2011 (finito in archiviazione) e nel 2017, dopo la consegna di nuovi elementi da parte dell'avvocato della famiglia Bergamini, Fabio Anselmo.
La procura di Castrovillari aveva così disposto la riesumazione del corpo di Bergamini e l'autopsia. Ne era emerso che l'ex centrocampista del Cosenza era morto per "asfissia da compressione" – con un sacchetto o una sciarpa in modo da non lasciare segni – e che le ferite non erano riconducibili a un investimento, anche perché la collana e l'orologio della vittima non avevano subito danni, le scarpe erano rimaste pulite.
Proprio grazie all'autopsia è stato scoperto anche le ferite causate dal camion sono avvenute soltanto dopo la morte, perciò "Denis" era già senza vita quando era stato sovrastato dall'automezzo, che gli aveva provocato una profonda lesione all'addome.
La condanna di Internò
Da qui, la nuova ipotesi che ha portato al rinvio a giudizio per Internò come mandante dell’omicidio e al processo partito nel 2021. Secondo l'accusa, Bergamini è stato ucciso e solo successivamente adagiato sull’asfalto.
Dalla testimonianza del camionista che viaggiava dietro a Raffaele Pisano, tra l'altro, Internò si trovava su una piazzola a lato della strada al momento dell'incidente, affiancata ad altri due uomini poi ripartiti verso Cosenza.
La procura aveva chiesto 23 anni per Internò che aveva detto ai giudici in aula: "Sono innocente e non ho commesso niente. Lo giuro davanti a Dio". Dopo 35 anni, il caso arriva a una svolta con la condanna a 16 anni per l'ex fidanzata di Bergamini per concorso con ignoti in omicidio volontario.
L'avvocato di Internò, Angelo Pugliese, ha già annunciato un ricorso in appello. Per Anselmo, sentito ai microfoni di Agi, "finalmente Denis ha avuto giustizia. Crediamo che se la Procura di oggi fosse stata quella dell'epoca, Denis non avrebbe dovuto attendere 35 anni prima di averla".