La storia di Carpignano Sesia, il paese che non vuole il petrolio: il nostro oro è l’acqua
La storia del petrolio a Carpignano Sesia, un paesino di appena 2500 abitanti in provincia di Novara, parte da lontano, esattamente 10 anni fa, quando il Ministero dello Sviluppo economico decretò per la durata di sei anni il permesso di ricerca denominato “Carisio” a British Gas Intern. BV e a Società Costruzione Condotte. Dopo alcuni cambi nelle quote di partecipazione del titolo minerario (da British Gas Intern. BV alla società Petroceltic Elsa Srl) si arriva al 2009 quando un altro decreto trasferisce il 47,5% della titolarità da Petroceltic Elsa Srl a Eni Spa. E la società di idrocarburi comincia a presentare i progetti per l’estrazione del petrolio.
Nel 2012, però, i cittadini di Carpignano Sesia costituiscono il comitato Dnt (Difesa Nostro Territorio) per cercare di impedire l’insediamento del pozzo nel loro territorio e da più di quattro anni, gli abitanti di questa parte del Piemonte orientale, sono mobilitati in difesa dell’ambiente, della salute e dell’economia della zona. Il progetto dell'Eni (ritirato nel 2013 e ripresentato un anno più tardi con alcune varianti) prevede di estrarre – nel caso l’esplorazione dia un esito positivo – 3000 barili al giorno. Le riserve di greggio – sempre secondo le stime Eni – ammonterebbero a 80 milioni di barili. “Carisio” interesserebbe un’area di 28 mila metri quadrati in cui cercare petrolio fino a 4 mila metri di profondità. Per questo l'Eni è disposta ad investire 40 milioni di euro con la possibilità per il Comune di ottenere royalties e posti di lavoro.
Ma il sindaco e i cittadini di Carpignano Sesia non vogliono saperne del petrolio. La vera ricchezza – sostengono – sono le riserve idriche e la produzione di prodotti agroalimentari, fra cui spicca il vino, il miele e il riso. Al loro fianco si sono schierati una quindicina di Comuni e anche la giunta regionale ha detto “no” al progetto nel dicembre 2015. Però il parere contrario dell'Asl di Novara e della regione Piemonte – motivato dai rischi “per le potenziali ricadute […] sull'assetto socio-economico di un territorio particolarmente vocato alle produzioni agroalimentari e viti vinicole di pregio” – non basta. Dopo l’approvazione del decreto “Sblocca Italia”, l’autorizzazione finale dipende dalla valutazione di impatto ambientale (Via) del Ministero dell’Ambiente, tuttora al vaglio dei tecnici. E così, per adesso, il progetto “Carisio” è sospeso, come risulta dalla pagina web dell’altro ministero coinvolto, quello dello Sviluppo economico.
Gli argomenti dei sostenitori del “no” alle trivelle sono tanti. I cittadini – dicono – durante il periodo dei lavori (si stima che tutto il progetto avrà una durata variabile da 571 giorni a 631 giorni a seconda dell’esito dell’esplorazione) dovrebbero sopportare tutta una serie di disagi. Ad esempio il forte inquinamento acustico in quanto gli scavi saranno effettuati a ciclo continuo (giorno e notte) tramite uno speciale scalpello che perforerà le rocce profonde. Verranno inoltre realizzate alcune opere, la più evidente sarà la torre di perforazione, un traliccio in ferro alto 65 metri distante solo un chilometro e mezzo dal centro del paese. A preoccupare gli abitanti sono anche i danni ambientali derivati dall'estrazione di petrolio, soprattutto il pericolo di contaminazione della falda acquifera che porta acqua anche alla città di Novara. Come se non bastasse, è ancora impresso nella memoria collettiva l’incidente avvenuto nel 1994 al pozzo dell'Agip a Trecate nel novarese, dove per due giorni ci fu la fuoriuscita incontrollata di greggio. E’ forte quindi il timore sulle possibili conseguenze per la salute delle persone nel caso in cui un simile episodio dovesse ripetersi.
Marcello Marafante, il presidente del comitato Difesa Nostro Territorio, parla senza mezzi termini di devastazione. E preannuncia guerra se alla fine il progetto verrà realizzato. Salvatore Fiore, attivista contrario alle trivellazioni, avverte che “la produzione di vini doc con il petrolio verrà distrutta perché, nonostante Eni parli di un solo pozzo esplorativo, alla fine saranno dai 10 ai 12”.
I 2.500 abitanti di Carpignano sono unanimi nel loro rifiuto all'estrazione del petrolio. Lo hanno dimostrato nel 2012 con una consultazione popolare – senza nessun effetto vincolante – ma che ha fatto emergere chiaramente il loro parere negativo con 1034 votanti, 955 NO, 69 SI, 5 schede bianche, 5 schede nulle. E neanche le diverse delibere del sindaco Giuseppe Maio, in carica dal 2014 e con un passato da attivista del comitato in difesa del territorio, per ribadire il no del comune e dei cittadini, hanno fatto desistere l'Eni. Il comitato di Carpignano Sesia, per scongiurare i piani del Cane a sei zampe, ha lanciato in febbraio la campagna TerraMIAmo proponendo agli abitanti di acquistare la proprietà dei terreni sui quali dovrebbero sorgere gli impianti di estrazione. Con lo slogan “20 euro per impedire ad Eni di devastare la nostra terra”, a chi aderirà all'iniziativa verrà assegnata una porzione del terreno dove, invece delle trivelle, verranno piantati dei vigneti di uva americana, tipica produzione locale. Come ha spiegato a La Stampa il sindaco di questo piccolo paese in provincia di Novara, “qui sotto c’è una delle riserve d’acqua più importanti del Piemonte e nessuna certezza che venga tutelata”. E ha aggiunto: “È questo il nostro oro, altro che il petrolio”.
Ma l'Eni- che non contempla “l’opzione zero”, ovvero la mancata realizzazione del pozzo esplorativo – ha presentato il 25 ottobre scorso agli enti interessati alcuni “chiarimenti volontari” per sbloccare il progetto. E così, in attesa del giudizio del Ministero dell’Ambiente, la battaglia di questi cittadini contro il colosso energetico continua.