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La storia di Alex Cotoia, dall’omicidio del padre Giuseppe Pompa all’assoluzione

La sera del 30 aprile 2020, in pieno lockdown, il 18enne Alex uccide a coltellate il padre Giuseppe Pompa, operaio di 52 anni, nel loro appartamento di Collegno, alle porte di Torino, per difendere la madre nel corso dell’ennesima lite in famiglia. A distanza di quasi cinque anni il ragazzo (che ora ha cambiato cognome in Cotoia) è stato assolto dopo la ripetizione del processo su decisione della Cassazione.
A cura di Biagio Chiariello
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Alex insieme alla madre Maria e al fratello Loris
Alex insieme alla madre Maria e al fratello Loris

Il 30 aprile 2020 l'allora 18enne Alex Pompa uccide il padre Giuseppe, 52 anni, colpendolo con 34 coltellate nella loro abitazione di via De Amicis a Collegno. Secondo le testimonianze della madre e del fratello, il gesto fu compiuto per proteggere la donna dalle ripetute violenze perpetrate dal marito.

Per quei fatti, il ragazzo era già stato assolto (in primo grado), poi condannato a sei anni, due mesi e 20 giorni di carcere (secondo grado). Infine, la Cassazione ha annullato la sentenza di secondo grado, ordinando il nuovo processo, che si è concluso lunedì 13 gennaio 2025 con l'assoluzione di Alex da parte della Corte d’assise d’appello di Torino.

Oggi 21enne, il giovane ha cambiato cognome assumendo quello della madre, Maria Cotoia.

Alex Pompa uccide il padre Giuseppe con 34 coltellate: la dinamica dell’omicidio

È la sera del 30 aprile 2020, e l'Italia si trova in lockdown a causa della pandemia. Poco dopo le 23, in un appartamento di via De Amicis a Collegno (Torino), l'operaio 52enne Giuseppe Pompa viene ucciso a coltellate dal figlio 18enne Alex.

Sul corpo della vittima gli inquirenti rileveranno trentaquattro ferite inferte con sei coltelli da cucina differenti.

È lo stesso Alex a chiamare ai carabinieri e a dire “Ho ucciso mio padre”. Lo stesso giorno, l’uomo – secondo le ricostruzioni – aveva spiato la moglie al lavoro, infuriandosi perché un collega le aveva appoggiato una mano sulla spalla.

Perchè Alex ha ucciso il padre Giuseppe: il movente

“Aveva gli occhi fuori dalle orbite, era incontrollabile. Quando l’ho visto girarsi e andare in cucina ho capito che l’avrebbe fatto, che ci avrebbe ammazzati tutti”, è uno dei drammatici passaggi del racconto di Alex nel ripercorrere cosa è accaduto nei momenti precedenti all'omicidio del padre Giuseppe.

Rievocando la sua infanzia e adolescenza, Alex ha descritto l'atmosfera di costante violenza che permeava la loro casa a causa della gelosia ossessiva del padre. “Mia madre non poteva uscire da sola, e ogni sera, al suo rientro dal lavoro, controllava il suo profilo Facebook. Ogni notte abbracciavamo nostra madre con più forza, temendo che il giorno dopo potesse non essere più con noi,” ha raccontato.

L'accusa è omicidio volontario e lui, quanto è accaduto, non lo nega. Sua madre e suo fratello sono sempre stati dalla sua  sua parte, rivelando che l‘intera famiglia viveva ormai nel terrore che l'uomo potesse compiere una strage. "Se non fosse per lui, io non sarei qua. Importa a qualcuno?" dice Maria Cotoia.

Sul marito Giuseppe: "Era ossessionato. In modo patologico, negli ultimi 10 anni. Si arrabbiava per ogni cosa e perdeva il controllo: insulti, bestemmie e minacce. Mi urlava addosso, afferrandomi i polsi e le braccia. Mi spingeva. Era un violento". E poi ancora: "Ogni volta mi ripetevo che dovevo resistere e ai miei ragazzi dicevo che dovevano estraniarsi. Non meritavano un padre così, loro sono dei bravi ragazzi. Prima o poi ci avrebbe ucciso".

Le accuse ad Alex e l’ipotesi del secondo complice

Alex ha sempre dichiarato di aver agito durante una colluttazione per proteggere la madre dalle violenze del padre. In appello però i giudici della Corte d'Assise d'Appello di Torino hanno evidenziato come la legittima difesa (che aveva portata ad una prima assoluzione) andava esclusa.

L'imputato, evidenziavano, ha inflitto 34 coltellate al padre Giuseppe, utilizzando sei coltelli diversi. Secondo l’accusa, l'uomo, accoltellato alle spalle e in inferiorità numerica rispetto ai figli, avrebbe subito un’offesa sproporzionata rispetto al male minacciato o subito.

"Tenuto conto della sede dei colpi […] della reiterazione degli stessi […] e del numero di armi impiegate […]", scrivono i giudici, i fatti "depongono univocamente nel senso di una condotta francamente aggressiva".

“Prestiamo attenzione ai dettagli,” ha poi sottolineato il magistrato Giancarlo Avenati Bassi durante l’udienza di inizio dicembre, mostrando in aula le fotografie del corpo senza vita di Giuseppe e chiedendo la conferma della condanna a oltre sei anni.

“Accanto al cadavere si notano un cuscino sul divano, un ananas perfettamente posizionato sul tavolo, un vaso pieno di fiori in ordine, e numerosi soprammobili ognuno al proprio posto. Se ci fosse stata una colluttazione, la scena sarebbe stata completamente diversa. È evidente che non è mai avvenuta. Alex non ha agito per legittima difesa.”

Anche il procuratore generale Giancarlo Avenati Bassi aveva evidenziato come Giuseppe Pompa "fu scannato", ma non ci fu una colluttazione: il movente dell'omicidio di Collegno non sarebbe stato la paura, ma "odio e rabbia".

E sempre a dicembre lo stesso Bassi aveva evidenziato che anche Loris, il fratello maggiore di Alex, andrebbe indagato. "Lo ha aiutato tenendolo fermo" aveva sottolineato, spiegando che il giovane avrebbe permesso al ragazzo di prendere altri coltelli, aprendo nuovi scenari che riguardavano una presunta complicità.

Il processo ad Alex Cotoia: le tappe

In primo grado, Alex era stato assolto con la motivazione che il fatto "non costituisce reato", riconoscendolo come un atto di legittima difesa. Quindi condannato a sei anni, due mesi e 20 giorni di carcere (secondo grado).

Il procuratore generale Alessandro Aghemo aveva presentato appello, ritenendo che la reazione del giovane fosse eccessiva rispetto alla minaccia subita. La Corte d'Assise d'Appello aveva quindi sospeso il processo, trasmettendo gli atti alla Consulta per una questione di legittimità costituzionale. L'accusa, pur avendo richiesto una condanna a 14 anni, si era dichiarato favorevole a coinvolgere i giudici costituzionali.

Con una sentenza emessa a fine ottobre, la Consulta ha dichiarato illegittima la norma del Codice Rosso che impediva il bilanciamento tra attenuanti e aggravanti nei casi di omicidio di un familiare, aprendo così la strada a una condanna più lieve.

Alex insieme all'avvocato Claudio Strata, la madre Maria e il fratello Loris
Alex insieme all'avvocato Claudio Strata, la madre Maria e il fratello Loris

Gli audio del padre di Alex: "La prima che faccio fuori sei te"

Nel corso del processo Alex ha provato a spiegare il contesto in cui è cresciuto, facendo riferimento anche e sopratutto alle migliaia di registrazioni, 225 file audio per oltre otto ore solo nel 2019, che lui, suo fratello e sua madre hanno consegnato all'avvocato.

"La prima che faccio fuori sei te e poi tutta la tua razza di merda". Agli atti ci sono molti messaggi di questo tipo, tutti con lo stesso tono. "Se vengono i carabinieri non arrivano in tempo" questa è un'altra delle frasi inquietanti che Giuseppe Pompa ha rivolto alla moglie.

Alex Pompa prende il cognome della mamma e diventa Alex Cotoia

Nel gennaio 2023 Alex ha scelto di cambiare cognome per chiudere con il passato e lasciarsi alle spalle un'infanzia e un'adolescenza segnate da rabbia e violenza. Anche il fratello Loris ha avuto l'ok per poter cambiare il cognome e prendere quello della madre, Cotoia.

Una nuova vita, nuova carta d'identità e codice fiscale per entrambi.

La famiglia Cotoia
La famiglia Cotoia

Alex Cotoia viene assolto: la sentenza definitiva

Il caso di Alex Cotoia si è concluso lunedì 13 gennaio nuovamente con un verdetto di assoluzione. La Corte d'Assise d’Appello di Torino ha dunque ribaltato la precedente condanna a sei anni, due mesi e venti giorni, riconoscendo che il gesto del giovane era un atto di legittima difesa.

A ben vedere, nella lettura della sentenza i giudici non hanno pronunciato la parola “assoluzione“, ma hanno detto di avere confermato la sentenza di primo grado, che risale al 24 novembre 2021.

"Ora potrò trovare il mio posto nel mondo. Spero solo che sia finita", ha detto dopo la sentenza. "Ora mio figlio può iniziare finalmente a godersi la vita. Io senza di lui sarei morta. Ho sempre affrontato a testa alta questo processo, pensando a questo: senza Alex sarei morta", ha commentato la madre.

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