La storia dell’egiziano Remon, a 14 anni in fuga dalle persecuzioni religiose: “Mi sento italiano”
Quella di Remon Karam, un giovane egiziano oggi 22enne, è una storia di resilienza, di coraggio ma anche di riscatto e voglia di vivere. Il sogno di Remon era cercare un futuro migliore rispetto a quello che potesse avere ad Alessandria d'Egitto. Remon aveva 14 anni quando è arrivato in Italia con un barcone, da solo e senza la sua famiglia. Il giovane è cristiano copto e correva grossi pericoli nella sua terra reduce dalla primavera araba e dalla persecuzione cristiana. Remon viveva la guerra, ha visto uccidere il proprio cugino, sparato in testa davanti a una chiesa la notte di capodanno. Poi la decisione, ardua, difficile ma coraggiosa per un adolescente di 14 anni: quella di fuggire di casa, senza dire nulla alla famiglia, solo al fratello poiché poteva dare la certezza ai genitori che era vivo. "A 11 anni – racconta Remon a Fanpage.it – ricordavo la guerra civile in Egitto vista dagli occhi di un ragazzo di 13 anni, vedevo lotte continue, ho visto a 11 anni in televisione gente massacrata, gente che si buttava dal ponte per scappare dai carri armati e dalla polizia che sparava, ho visto davvero il degrado. Da un susseguirsi di eventi – continua – con il presidente dei fratelli musulmani Mohamed Morsi e con tanti altri eventi c'è stata una persecuzione nei confronti dei cristiani. Ho davvero sofferto – ha detto Remon – davvero ho visto un mio cugino ucciso nella notte di capodanno perché era cristiano davanti la sua Chiesa con un colpo in testa solo perché era cristiano e festeggiava nella sua Chiesa insieme i suoi amici".
Quel viaggio su un barcone tra la vita e la morte
Remon fugge di notte, senza dire nulla alla sua famiglia. Dal Cairo arriva ad Alessandria d'Egitto e lì è stato trattenuto per 5 giorni. Poi quella settimana di viaggio che definisce tra la vita e la morte. "In quel barcone – racconta – non mi aspettavo di trovare 180 persone tra siriani ed egiziani, musulmani e cristiani, abbiamo vissuto 7 giorni tra la vita e la morte in cui non facevamo altro che mangiare riso cotto con l'acqua salata del mare e acqua mischiata con benzina nel tappo della bottiglia. Ho saputo che – continua – gli scafisti hanno contattato i miei genitori, li hanno minacciati di uccidermi se non avessero pagato una somma di 4 mila euro considerando che mio padre guadagna intorno ai 150 euro al mese. Quel viaggio ti fa capire che quel mare non finisce più, non vedevo un punto di arrivo, vedevo soltanto una distesa d'acqua che non aveva una fine, non c'era nessuno che mi aspettava in Italia e quindi era un viaggio alla cieca e all'incoscienza".
"Patrick Zaki mi fa onore – ci ha raccontato Remon – mi sento di essere simile a lui, entrambi abbiamo studiato in Italia e vogliamo essere qualcuno. Lui ha combattuto contro un governo attuale, io ho combattuto contro un governo passato, ma lo scopo non era quello di andare contro qualcuno. Spero anche che il mio Egitto capisca le mie esigenze e perché sono qui e che prenda questo mio esempio per rimediare a qualche errore che è successo in passato".
Dal barcone a rappresentante degli studenti dell'Università siciliana
Remon oggi è riuscito ad affermarsi, grazie alla sua tenacia e alla sua resilienza, dimostrando che la vita è un dono che non va sprecato. Così il ragazzo dagli occhi buoni sta conseguendo la laurea in Lingue e Comunicazione Interculturale, studiando Inglese e Arabo ed è stato eletto componente della Commissione dei Garanti rappresentate degli studenti dell'Università Kore di Enna. "Mi sento un cittadino italiano a tutti gli effetti – dice Remon – però purtroppo non sono ricco abbastanza per comprarmi la cittadinanza. Per lo Stato italiano sono un ragazzo autonomo, a tratti orfano, semplicemente un ospite. Vorrei essere l'ambasciatore egiziano in Italia e lavorare al Parlamento europeo per combattere per l'immigrazione e per i più deboli, perché il mio sogno è quello di essere altruista e fare del bene a tutta la comunità e a tutte le persone che vivono male altrove".