La sorella di Sara Pedri: “Assoluzione di Tateo e Mereu è epilogo che fa rabbia”
"Finché non avremo una legge sul mobbing che definisca in maniera forte e chiara il fenomeno e disponga delle pene per questo tipo di reato, i processi non potranno mai concludersi in altra maniera se non con un'assoluzione. Come facciamo a punire un reato che non ha una parola che lo definisca? Purtroppo è un epilogo al quale eravamo preparati". A parlare è Emanuela Pedri, sorella della ginecologa 31enne Sara scomparsa il 4 marzo del 2021 per il cui caso era stata aperta un'indagine (e poi un processo) per maltrattamenti nei confronti di Saverio Tateo, ex primario del reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale Santa Chiara di Trento, e della sua vice Liliana Mereu.
I due sono stati assolti nell'udienza di oggi, venerdì 31 gennaio, dall'accusa di maltrattamenti perché il fatto non sussiste. Come spiega la sorella della 31enne scomparsa a Fanpage.it, non sono ancora disponibili le motivazioni alla base della sentenza.
"Ci prenderemo del tempo per leggerla, ma è abbastanza chiaro cosa sia successo. Non esiste una legge che punisca il mobbing, è un reato che in Italia è ancora senza nome. Con la nostra associazione nata in onore di mia sorella, NOSTOS, lavoreremo affinché si possa arrivare a una legge finalmente per non avere una nuova Sara da piangere".
"Mentirei se non dicessi che eravamo preparati a un risultato del genere, anche se ci auguravamo da familiari che ciò non avvenisse – ha spiegato ancora Pedri -. Noi avevamo gli strumenti per capire che un epilogo del genere era possibile, ma penso alle famiglie di quelle 20 persone che si sono costituite parte civile. Purtroppo la mia vita sarebbe andata avanti così com'è anche se Mereu e Tateo fossero stati condannati perché purtroppo mia sorella è morta. Le famiglie dei sopravvissuti oggi tornano a casa con un grande dolore. Quello di oggi era un segnale di speranza che andava dato, purtroppo siamo rimasti delusi".
Pedri ha sottolineato di essere pronta a lavorare ancora affinché si arrivi a una legge che definisca il mobbing e lo punisca. Sara è scomparsa ormai quattro anni fa e il suo corpo senza vita non è mai stato ritrovato.
"Siamo arrivati a processo e questo per noi è stato in ogni caso un grande risultato in assenza di un reato specifico – ricorda ancora Pedri-. Questo epilogo purtroppo ce lo aspettavamo, ma non è finita. Adesso bisogna lavorare per saltare l'ostacolo e arrivare finalmente a una norma che inseguiamo da 20 anni".
La Procura, così come spiega la sorella della 31enne, potrebbe impugnare la sentenza in appello. "Questa è una nostra speranza, ma non è detto che succeda. Dal punto di vista legale i nostri avvocati hanno le mani legate".
"Sono molto arrabbiata per quello che è successo e questo è l'unico motivo per cui non piango. Questo avvenimento mi ha dato la spinta per fare altro, per arrivare alla meta seguendo un'altra strada e per fare ancora rumore. In Italia ci sono i processi per gli abusi sul lavoro e ci sono le denunce, ma poi finiscono in questo modo. Il caso di Sara è stato tanto seguito grazie all'attenzione che i media gli hanno dedicato: nel nostro Paese ci sono tante storie simili, eppure quella di mia sorella è stata forse la prima a far breccia in questo modo nel cuore dell'opinione pubblica. Abbiamo avuto questa possibilità e adesso dobbiamo sfruttarla per parlare di un vuoto normativo che causa sofferenza a tantissime persone in Italia".
Dall'altra parte, l'avvocato di Tateo, Salvatore Scuto, ha commentato l'assoluzione affermando che "un professionista stimato per quattro anni è stato messo alla gogna sulla base del nulla". "Questo è un problema che riguarda i giornali – ha detto – e i social media e una questione della quale bisognerebbe farsi carico per capire cosa voglia dire fare informazione giudiziaria".