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La sindaca leghista mette al bando i negozi etnici e fa il pieno di like: “Monfalcone non è la Mecca”

Anna Cisint, sindaca leghista di Monfalcone, mette al bando una serie di attività considerate “etniche”. Money change, phone center, internet point, money transfer, sale giochi e centri scommesse, locali di pubblico spettacolo e centri massaggio saranno vietati a partire da ora dal centro storico. Entusiasti i suoi sostenitori: “Brava Sindaca, Monfalcone non è la Mecca”.
A cura di Mirko Bellis
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Anna Cisint, la sindaca di Monfalcone, con il leader della Lega Matteo Salvini (Anna Cisint)
Anna Cisint, la sindaca di Monfalcone, con il leader della Lega Matteo Salvini (Anna Cisint)

Anna Cisint, sindaca leghista di Monfalcone, lo aveva promesso in campagna elettorale: “Se vinco, basta negozi etnici nell'area del centro storico”. Era il 2016 ed è stato il primo atto di indirizzo politico approvato dalla nuova giunta comunale appena insediata nel comune del Friuli Venezia-Giulia. Un giro di vite ai nuovi insediamenti commerciali nell'ambito di “misure per la tutela e il decoro del patrimonio storico e culturale della città”. Money change, phone center, internet point e money transfer non sarebbero più sorti nel centro di Monfalcone, nei cui cantieri navali trovano occupazione migliaia di lavoratori stranieri.

Il divieto ai negozi cosiddetti “etnici” voluto da Cisint aveva sempre trovato l’opposizione della passata giunta regionale, guidata da Debora Serracchiani del Partito democratico. Ma, dopo le elezioni del 2018, a Trieste siede Massimiliano Fedriga, storico esponente della Lega di Matteo Salvini. E, con il nuovo corso politico, si materializza anche la volontà di Cisint di allontanare dal centro cittadino quelle che considera “attività non autoctone”.

Nei giorni scorsi, infatti, il Comune di Monfalcone e la Regione Friuli Venezia Giulia hanno firmato un protocollo d’intesa che delimita le aree in cui poter applicare la normativa in materia dei beni culturali e rilascio delle autorizzazioni. In poche parole, il piano prevede che Monfalcone sia divisa in quattro zone, dove i divieti verranno applicati con modalità diverse. Nella prima area, le limitazioni saranno massime. Quelle già esistenti, tuttavia, rimarranno al loro posto. Mentre a partire dalla zona due non sarà più possibile aprire money change, phone center, internet point, money transfer, sale giochi e centri scommesse, locali di pubblico spettacolo e centri massaggio. Per il resto della città il regime resterà invariato. Lo stop definitivo dovrebbe avvenire entro la fine dell’anno.

Dopo la firma dell’intesa, Anna Cisint ha attaccato la precedente Giunta regionale guidata dalla Serracchiani che aveva bloccato il suo progetto. E non solo: anche l'ex amministrazione comunale di Monfalcone, sempre del Partito Democratico, è finita nel mirino delle critiche della sindaca leghista. “L’assessore Pizzimenti (Graziano Pizzimenti, assessore regionale alle Infrastrutture e territorio, ndr) l’ha definito un modello da copiare”, scrive Cisint sulla sua pagina Facebook. “Firmata l’intesa con la regione: Serracchiani/Santoro avevano bloccato l’iter per più di un anno (è stata la ns prima delibera del novembre 2016). Ora approveremo la modifica in consiglio comunale. È evidente che se chi ha amministrato prima avesse agito così, oggi il centro sarebbe diverso”.

I sostenitori della sindaca hanno salutato con entusiasmo la notizia della messa al bando dei negozi “etnici” dal centro di Monfalcone. “Giusto, bisogna chiudere questa fogna di negozi!!!”, commenta un utente sulla pagina social di Cisint. “Bravissima Sindaco, fai capire che Monfalcone è in Friuli e non vicino alla Mecca”, aggiunge un altro. Ma c’è anche chi critica la scelta, come Marino, che scrive: “Classiche ordinanze che saranno cancellate giustamente dai giudici e che mettono nei casini la gente che lavora solo per queste trovate discriminatorie e xenofobe”.

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