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“La scuola non è una spiaggia”: i presidi vietano minigonne, shorts e canotte in classe

Con l’arrivo imminente della staione estiva, alcuni presidi italiani hanno diramato una serie di circolari interne imponendo un dress code adeguato agli studenti e vietando di fatto minigonne, shorts, jeans troppo stracciati e cappellini da rapper in classe.
A cura di Charlotte Matteini
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La scuola non è una spiaggia, anche se con l'arrivo della stagione estiva molti studenti tendono ad abbandonare il consueto abbigliamento più coperto in favore di canotte, minigonne e shorts cortissimi. Per questo motivo, alcuni presidi italiani hanno diramato una serie di circolari imponendo una sorta di codice per l'abbigliamento scolastico. Il preside del liceo scientifico Arcangelo Sacchi di Bari, Giovanni Magistrale, nella circolare ai suoi allievi ha scritto: "Con il sopraggiungere delle giornate calde si verifica di frequente che molti studenti siano tentati di allentare per comodità i freni inibitori relativi all'abbigliamento. La scuola non è una spiaggia; certo, non è nemmeno una chiesa, ma ci va molto vicino, se è vero che culto e cultura hanno la stessa radice", vietando di fatto l'abbigliamento troppo estivo a scuola. Dello stesso avviso è la preside Valeria Fantini, che presiede l'Istituto comprensivo Centro Storico di Moncalieri, nei pressi di Torino, la quale ha addirittura lanciato un sondaggio sui social: "Chi sarebbe d'accordo nel vietare canotte, shorts e minigonne cortissime a scuola?". Le risposte? Per la maggior parte favorevoli all'iniziativa.

"Siamo responsabili dell'educazione di questi ragazzi, un'educazione che dev'essere data a tutto tondo. Non è assolutamente oscurantismo. Si tratta di educare gli studenti ad abbigliarsi e a comportarsi a seconda del contesto. Vorrei invitare uno stilista che insegni come abbigliarsi adeguatamente, come essere alla moda, senza per forza trascendere nel cattivo gusto", ha spiegato la preside Fantini a chi critica l'iniziativa da lei lanciata.

Bari e Moncalieri non sono le uniche città toccate dal fenomeno del dress code scolastico e alla lista si può aggiungere anche Milano, dove ci sono molti istituti che impongono un codice di abbigliamento consono all'istituzione scolastica e vietano i cappellini da rapper in classe, i jeans stracciati o i top cortissimi. Alcuni studenti in giro per l'Italia hanno protestato contro queste circolari "educative" appellandosi al "diritto alla salute", dunque sostenendo che essere troppo coperti faccia male alla salute d'estate, e alla Dichiarazione universale dei diritti dell'Uomo.

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