La morte di Liliana Resinovich disegna un quadro complesso che sfugge a letture semplici e semplicistiche. Come una risacca, il buio ha restituito prima gli oggetti della vita passata. E poi il suo corpo. Ma a un anno dalla scomparsa ancora non si è trovata la risposta all’interrogativo degli interrogativi: omicidio o suicidio?
Lilli, come la chiamavano gli amici, 63 anni, scompariva in una fredda mattina del 14 dicembre del 2021, a Trieste. Il suo corpo senza vita sarebbe stato rinvenuto solamente il 5 gennaio 2022, nel boschetto dell'ex Ospedale psichiatrico di San Giovanni a Trieste.
Dipendente della regione in pensione, fino a quel giorno di metà dicembre conduceva, almeno apparentemente, una vita tranquilla. Si scoprirà poi che la sua relazione coniugale, quella con Sebastiano Visintin, stava attraversando un momento di profonda crisi. Una crisi, in verità, che il marito ha negato sin dal primo giorno.
Nel rapporto coniugale, però, da qualche tempo, si era insinuato un vecchio amico della donna, Claudio Sterpin.
Errori, trascuratezze, fughe di notizie. Troppe le circostanze che forse hanno compromesso irrimediabilmente l'esito di un'indagine, quella sulla morte di Lilli, non ancora conclusa.
In tutta onestà, diciamocelo, l’intera vicenda tanto si avvicina al dramma dei sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello. Perché, come nell’opera del drammaturgo, sei sono i personaggi che, da un anno a questa parte, sono sembrati ogni giorno di più in cerca d’autore. Liliana, Sebastiano, il marito, Claudio, il presunto amante, Sergio, il fratello, Salvo, il vicino di casa, e Fulvio, l'amico. Protagonisti proprio come quelli al centro dell’opera più famosa del decadentista.
E lo sono per motivazioni evidenti. È passato un anno e, in questo lasso temporale così ampio, è diventato pressoché assente quel confine capace di separare la persona dal personaggio. E proprio come nel dramma di Pirandello, anche qui, è andata progressivamente realizzandosi una frammentazione personale e temporale.
Per cercare di fare ordine in tutta questa vicenda, dunque, è necessario partire dal dato scientifico per poi passare in rassegna tutte le anomalie. Un dato però che, almeno a rigor di logica, dovrebbe essere inattaccabile: la causa di morte.
Come è morta Liliana Resinovich
L’autopsia ha individuato come causa di morte lo scompenso cardiaco acuto, senza evidenziare inconfutabili segni di insufficienza respiratoria. Sicuramente un’anomalia. Difatti, le modalità con le quali è stato rinvenuto il cadavere – con il capo imbucato in due sacchi di nylon – hanno fatto pensare fin da subito a una morte per soffocamento.
Quindi provocata da una grave insufficienza respiratoria. Ma la mancanza di ossigenazione è innescata da una serie di processi che devono essere inevitabilmente rilevati in sede autoptica anche a distanza di tempo.
Ciò nonostante, secondo la consulenza, la morte asfittica di Liliana la si ricaverebbe dal fatto che la donna potrebbe aver inalato l’anidride carbonica formatasi all’interno dei sacchetti che aveva attorno al collo. Nella consulenza si parla solamente di “possibile asfissia”. Senza però chiarire con certezza l’origine della matrice asfittica.
Tuttavia, i consulenti della procura hanno escluso la pista omicidiaria evidenziando l'assenza “qualsivoglia segno ragionevolmente riportabile a violenza per mano altrui”e “l'assenza di lesioni attribuibili a difesa”.
Ho sostenuto sin dall’inizio la necessità, per fare davvero luce sulle cause che avrebbero condotto alla morte Liliana, sarebbe stato opportuno ripetere l’esame autoptico. Considerando sia che l’investigazione tradizionale ha condotto nell'immediatezza a uno scenario opposto a quello suicidario, ma anche, e forse soprattutto, dopo il deposito della consulenza medico legale completa. Che, a dispetto delle indagini, ha collocato temporalmente la morte di Liliana solamente due-tre giorni prima del rinvenimento del suo cadavere, avvenuto il 5 gennaio 2022.
Aprendo un nuovo scenario, ancor più intricato. Dove è stata nei giorni immediatamente successivi alla scomparsa?
Il giorno della scomparsa di Liliana Resinovich
Rimettiamo le lancette indietro nel tempo e torniamo al giorno della scomparsa, il 14 dicembre 2021. Di quel giorno sappiamo che Liliana era uscita di casa senza soldi, senza i suoi cellulari, senza documenti e senza Greenpass. Un certificato indispensabile sia per salire sui mezzi sia per svolgere qualsiasi tipo di attività.
Ma vi è di più. Lilli avrebbe indossato gli stessi abiti con i quali era uscita di casa la mattina della scomparsa e, come ultima colazione, avrebbe ingerito lo stesso cibo: panettone con uvetta e caffè. Multivitaminico incluso.
Liliana dal giorno 14 dicembre al giorno 5 gennaio era una donna scomparsa, Trieste era invasa da giornalisti e telecamere e le ricerche erano attive su tutti i fronti. Qualcuno ha nascosto Liliana? Chi le ha dato da mangiare? Chi l’ha sottratta agli occhi indiscreti delle televisioni? Sono davvero ipotesi molto poco credibili. Chi potrebbe mai essersi fatto carico di simili rischi? Un’ipotesi che, a un anno di distanza, francamente resta molto labile.
Gli esami tossicologici
In laboratorio sono state testate 700 sostanze. Nessuna di esse è stata ingerita da Liliana il giorno nel quale è morta. Un dato che ha complicato sin da subito la definizione del giallo. Non è pensabile, considerato che sia Liliana che le persone a lei vicine non sono né medici né tossicologi forensi, che possano essere state reperite sostanze particolari e capaci di sfuggire alle analisi scientifiche.
In questo senso, se qualcuno le ha fatto del male, è ragionevole ritenere che abbia attinto a sostanze agevolmente reperibili. Non molti sanno, infatti, che la somministrazione in dosi eccessive di insulina, peraltro facilmente reperibile in commercio, può causare la morte per scompenso cardiaco acuto. È uno scenario compatibile con la morte di Lilli? Astrattamente, anche dal punto di vista del medico-legale, potrebbe esserlo.
Sulla scena del crimine
Il corpo di Lilli, avvolto in due sacchi neri della spazzatura e con due buste di plastica intorno alla testa strette con un cordino. Sui sacchi e sulla bottiglietta rinvenuti nel boschetto sono state trovate soltanto le tracce di Liliana. Nessun Dna maschile riconducibile a Sebastiano o a Claudio. Neanche al vicino di casa Salvo.
Non dirimenti sono stati i tossicologici che hanno escluso l’assunzione da parte della donna di sostanze come le benzodiazepine. Ma, come anticipato, hanno riscontrato la presenza di un multivitaminico la mattina della scomparsa. Chi potrebbe mai suicidarsi infilandosi nei sacchi della spazzatura dopo aver assunto vitamine?
A infittire la trama anche i risultati degli esami botanici che hanno riscontrato la presenza, sotto le suole zigrinate delle scarpe di Liliana, di un terriccio compatibile con quello del luogo di ritrovamento.
La fruttivendola
A testimoniare che quella mattina Liliana sarebbe uscita di casa tra le 8.15 e le 8.30 sarebbe una fruttivendola rionale. Quest'ultima ha infatti dichiarato di essere certa del passaggio, davanti al suo negozio, di Liliana la mattina del 14 dicembre 2021.
La denuncia per allontanamento volontario
Una delle circostanze che aveva gettato ombre sul marito è stata sin dall’inizio la tardività con la quale Visintin aveva presentato denuncia in ordine alla sparizione della moglie. L’aveva sporta intorno alle 22:00 del 14 dicembre e dietro sollecitazione dei vicini di casa.
Quest’ultimi a loro volta sollecitati da Claudio Sterpin, "l'amico speciale". Un dato che stride rispetto alle affermazioni di Sebastiano avendo lo stesso da sempre descritto come simbiotico il rapporto con la moglie.
Sempre in riferimento a ciò c’è un altro dettaglio che non può passare inosservato. Sebastiano ha sporto denuncia per allontanamento volontario e non per scomparsa. Perché non ha attivato immediatamente i soccorsi?
Forse pensava che potesse essersi allontanata con Claudio, perché di qualcosa era a conoscenza, o perché sapeva che a casa non sarebbe mai più tornata? Dunque, e questo è un dato incontrovertibile, Visintin ha mentito almeno su di un punto.
Il suo matrimonio non era idilliaco come ha sempre sostenuto. Dal momento che, conducendo i due una vita abitudinaria, sarebbe stato fisiologico pensare al peggio quando non la vedeva rientrare. Avrebbe dovuto chiamare gli ospedali, non ipotizzare un allontanamento volontario.
A diversa conclusione, invece, può giungersi se l’uomo avesse avuto la contezza che il suo matrimonio era ormai giunto al capolinea.
La versione del marito Sebastiano
Sebastiano ha più volte dichiarato di non essere a conoscenza del legame così profondo che univa la moglie all’amico Claudio. Tuttavia, è difficile credere che, in una relazione che durava da ormai più di trent’anni, una moglie come Liliana non avesse in alcun modo manifestato la decisione di cambiare direzione e vita.
Sicuramente non aveva rivelato tutto, ma considerato il week-end con Claudio alle porte fissato quattro giorni prima della sparizione, è verosimile ritenere che qualcosa avesse iniziato a paventare a Sebastiano.
L’amico Claudio
Claudio Sterpin si è sin da subito professato amico di Liliana. Un’amicizia che durava da oltre quarant’anni. Da settembre 2021, fino al giorno della scomparsa, quasi tutti i martedì, secondo quanto testimoniato dall'uomo, Lilli si recava a casa sua intorno alle nove di mattina. I due, dopo che lei si premurava di stirargli le camicie, bevevano qualche caffè insieme e, talvolta, condividevano anche il pranzo.
Claudio ha inoltre dichiarato che la donna avrebbe voluto lasciare il marito. E si sarebbe determinata a farlo proprio nel mese di dicembre. Ma non solo. L'uomo ha mostrato agli inquirenti un messaggio whatsapp inviatole da Lilli alle ore 08.22 del 14 dicembre 2021.
La donna, dopo avergli dato il buongiorno, avvisava l’amico che avrebbe ritardato di una mezz’ora il loro consueto appuntamento del martedì. L’uomo sostiene da sempre che Liliana non si sarebbe mai allontanata volontariamente.
L’autopsia psicologica
Più volte abbiamo disquisito in termini di autopsia psicologica, quella particolare tecnica forense utilizzata per risolvere i casi di morte equivoca.
Essa consente di effettuare una ricostruzione biografica della vittima attraverso la raccolta delle testimonianze che riguardano la sua storia clinica, affettiva e relazionale nonché gli accadimenti immediatamente antecedenti al decesso. Di conseguenza, una simile tecnica è strumentale non solo per la ricostruzione del profilo psicologico della persona che ha perso la vita, ma consente di stabilire se le relative componenti caratteriali abbiano avuto un qualche ruolo nella sua morte.
Si fonda su informazioni che vengono raccolte tramite interviste a parenti, amici, colleghi e tutte le persone che, a qualsiasi titolo, abbiano interagito con la vittima. Liliana avrebbe mai potuto togliersi la vita? A un anno di distanza, e di fronte al fantasma dell’archiviazione, tutte le persone vicine a Liliana lo escludono.
Perché Liliana potrebbe non essersi suicidata
Gli accertamenti sui telefoni avevano dato una certezza granitica: Liliana aveva imboccato una strada ben precisa. Lontana da Sebastiano. Difatti, in rete la donna cercava informazioni su come divorziare senza avvocato e su potenziali appartamenti da prendere in affitto.
Nessuna keyword, invece, riconducibile alle modalità con le quali togliersi la vita. Nessun riferimento neppure all’utilizzo di sacchi di plastica e alle morti per soffocamento. Senza considerare, poi, il messaggio inviato all’amico Claudio nelle ventiquattro ore antecedenti alla scomparsa. “In relax pensando a te, amore mio”.
È indubbio che Liliana si trovasse a un bivio esistenziale, ma le conversazioni con Claudio fugano ogni incertezza su quali fossero le sue effettive volontà. Esattamente quattro giorni dopo Lilli e Claudio avrebbero dovuto fare un fine settimana romantico fuori porta.
Tutte affermazioni di Sterpin, certo, ma che hanno trovato riscontro nella messaggistica rintracciata nei loro telefonini. Dunque, quella della Resinovich era una progettualità a breve termine che mal si sposava con il compimento dell’estremo gesto.
Le telecamere
Liliana è stata ripresa dalla telecamera di un autobus nei pressi di piazzale Gioberti mentre si allontanava dal negozio di frutta e verdura. I vestiti dalla donna fotografati dalle telecamere sono gli stessi indossati al momento del rinvenimento del corpo: giacca grigia, pantaloni scuri, orologio rosa al polso, le scarpe, gli occhiali e le chiavi di casa in tasca. Possibile che sia davvero morta solamente due giorni prima del ritrovamento del corpo?
La borsa, le chiavi di casa e la fede nuziale
Il cadavere di Lilli è stato rinvenuto con addosso una borsetta nera vuota. Al contrario, documenti, portafogli e i cellulari sono stati disposti in una borsa chiara griffata all'interno della sua abitazione. Anche in questo caso il diavolo potrebbe annidarsi nei dettagli.
Parenti e amici hanno da subito raccontato che Liliana era solita utilizzare borse chiare in estate e borse scure in inverno. Un particolare non di poco conto. È davvero plausibile che prima di togliersi la vita la donna abbia riposto i propri effetti personali in una borsa che mai utilizzava in quel periodo dell'anno? Oppure, chi eventualmente le ha fatto del male, non ha prestato attenzione alle abitudini della Resinovich e abbia selezionato una borsa a caso?
Un’altra anomalia è quella connessa al mancato rinvenimento della fede all’anulare sinistro di Liliana. L’anello è stato infatti rinvenuto nell’abitazione. Perché un simile gesto? Per prendere, in qualunque modo, le distanze dal marito anche dopo la morte? O, per converso, si può ipotizzare che se la sia sfilata in occasione di una lite furibonda? Non lo sapremo mai.
Così come mai sapremo che fine hanno fatto le chiavi di casa originali, dal momento che in tasca della donna sono state rinvenute quelle di riserva che mai utilizzava abitualmente.
Gli amici Laura e Pino
Laura e Pino, amici di vecchia data della coppia, hanno raccontato in molteplici interviste televisive come Sebastiano, due giorni dopo la scomparsa, avesse portato loro alcuni oggetti appartenenti a Lilli: una macchina fotografica, un cuore in pietra e un hard-disk contenente alcune foto di coppia. Per quale ragione?
Visintin ha sempre dichiarato di non essere a conoscenza di dove Lilli potesse essere andata. Quindi, per quanto ne sapeva, avrebbe potuto rincasare da un momento all’altro. Forse, l’uomo non accettava l’idea che la sua storia con Liliana fosse terminata. Motivo per il quale non avrebbe risposto, il pomeriggio del 14 dicembre, alle telefonate sul cellulare della moglie. Dall’altra parte del telefono c’era Claudio Sterpin.
Il terriccio sotto le scarpe e la questione il Dna
Ad avvalorare la pista suicidaria, invece, oltre al mancato riscontro autoptico di segni di violenza e da difesa sul corpo di Liliana, c’è il mancato ravviso sui sacchi di un Dna attribuibile a un soggetto terzo.
Per converso, sotto le suole zigrinate delle scarpe di Lilli, è stata riscontrata la presenza di un terriccio compatibile con quello dell’ex ospedale psichiatrico dove la donna è stata ritrovata cadavere. Dato quest’ultimo che confermerebbe l’arrivo in quel bosco con le proprie gambe.
Che cosa succede adesso
Stante gli esiti della consulenza medico legale, e i tempi di legge ormai più che maturi, a questo punto è verosimile l’ipotesi per la quale il Pm, salvo colpi di scena, richiederà, a norma dell’art. 408 cpp, l’archiviazione.
A quel punto il giudice per le indagini preliminari avrebbe a disposizione due strade. La prima. Accogliere la richiesta della pubblica accusa e pronunciare decreto motivato di archiviazione. La seconda. Il Gip potrebbe non accogliere la richiesta e fissare un'apposita udienza in camera di consiglio al termine della quale potrebbe ordinare al pubblico ministero lo svolgimento di ulteriori indagini.
Vi è anche un’altra strada, percorribile questa volta dai familiari di Liliana Resinovich. Ed è altamente probabile che verrà percorsa. Considerata la fermezza con la quale il fratello Sergio ha sempre respinto l’ipotesi che sua sorella potesse essersi tolta la vita.
La strada è quella di presentare opposizione alla richiesta di archiviazione. Difatti, quest’ultima consente di domandare la prosecuzione delle indagini preliminari a condizione che venga indicato l’oggetto delle indagini supplettive e i relativi elementi di prova che ne fondano la necessità. Il tempo anche in questo caso è tiranno.
Scopriremo mai come, quando e perché è morta Liliana Resinovich? Probabilmente, ci sono stati errori che hanno compromesso l'esito positivo delle indagini. I delitti perfetti non esistono. Forse, però, questo resterà impunito.