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La scomparsa di Diana Quer, uccisa e rimasta nascosta in un pozzo per 500 giorni

Diana Quer aveva 18 anni quando è sparita da Rianxo, in Galizia. Il suo caso ha tenuto la Spagna con il fiato sospeso per 500 giorni, fino a quando, arrestato per aver tentato di rapire un’altra ragazza, il suo assassino ha confessato di averla uccisa e nascosta. Dal fondo di un pozzo a pochi chilometri dove era sparita, è riemerso il corpo senza vita della bellissima Diana.
A cura di Angela Marino
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A Rianxo, paesello balneare nel sud di Coruña, in Galizia, è il giorno di San Silvestro. Per le strade si impilano lunghe code di auto, la fanghiglia sui marciapiedi viene battuta centinaia di volte da gambe frettolose, rigata da ruote dei passeggini, strisciata da buste piene di provviste, mentre la pioggia bagna la fine del 2017. All'improvviso la sirena della polizia si alza sul brusio di voci e clacson e accende di rosso la nebbia di quel 31 dicembre. Le teste cominciano a voltarsi seguendo le auto della Guardia Civil che sfrecciano dalla periferia della città. Qualche ora più tardi Rianxo, la città sul porto, paradiso delle vacanze spagnole, finisce in tutti i titoli dei Tg: “Dobbiamo dare una notizia scioccante”.

Tutto era cominciato 497 giorni di prima. Diana Quaer, una bella ragazza di Madrid, figlia di Juan Carlos Quaer, noto immobiliarista locale, viene rapita da Rianxo, dove si trova in vacanza con la mamma e la sorella più giovane. La diciottenne scompare nella notte del 22 agosto 2016, dopo una serata passata con le amiche alla festa patronale. I media parlano immediatamente di rapimento a scopo di estorsione; i genitori lanciano appelli ai presunti sequestratori; il caso finisce sulle prime pagine dei quotidiani e su quelle dei rotocalchi.

Il rapimento

Diana, bellissima e giovane, è il volto di tutti i programmi di intrattenimento pomeridiani. Conduttrici incipriate commentano le sue foto in pose da modella, il suo carattere frizzante, corrucciano il volto mentre alludono al difficile divorzio dei suoi e ai gravi problemi familiari dei Quer. Una settimana dopo la scomparsa della ragazza, infatti, la signora Diana Lopez Pinel, madre di Diana e della sorella minore Valeria, si vede revocare l'affido di quest'ultima. "Non ci sono noti i motivi" dicono in TV. "Troppo tardi" commenta l'ex marito accendendo un gigantesco faro sulla figura della signora Quer, madre irresponsabile, secondo il marito; donna fragile, schiava degli psicofarmaci, secondo gli amici, per tutti figura chiave della scomparsa di Diana.

Un caso mediatico

Tra liti e veleni familiari il caso Quer diventa un reality show dell'orrore in onda tutti i giorni sui media spagnoli, mentre ai danni di Diana si consuma quello che la famiglia bolla come un vero e proprio attacco di genere. Alcuni la definiscono "Anoressica", altri "problematica", secondo qualcun altro si "fidava dei ragazzi che conosceva online e poi si lamentava che la molestavano", un fuoco di fila d'insinuazioni che attira le proteste del movimento femminista.

Il giostraio

“ Una donna può essere molestata da un uomo e pochi minuti dopo essere uccisa da un altro ”
Ufficiale della Guardia Civil

Nelle stanze degli investigatori, intanto, spunta un testimone chiave: è l'Phone 6 di Diana, scomparso la sera del 22 agosto e riapparso tra le mani di un pescatore sulla baia dove raccoglieva mitili, il 26 ottobre. Dall'attività del telefono emerge che Diana ha informato un'amica del fatto che un uomo la stesse molestando, si riferisce a lui come un ‘gitano'. Nel caso spunta finalmente un sospettato, la polizia batte la zona dei giostrai, interroga i nomadi, ma dell'uomo che importunò Diana, il suo carnefice, non trova traccia.

La mattina di Natale

Per oltre un anno, la figlia dei Quer resta il volto su un volantino, finché, all'alba del 25 dicembre, una diciottenne di Boiro si presenta alla polizia per denunciare un'aggressione. "Ha cercato di rapirmi – piange sotto choc – aveva un coltello e mi ha spinto nel bagagliaio". La ragazza si è miracolosamente salvata fuggendo dal bagagliaio grazie all'aiuto di una coppia che aveva assistito alla scena. Il suo aggressore, no: Jose Enrique Abuin Gey di Rianxo, precedenti per traffico di droga e una denuncia per stupro dalla cognata, viene arrestato.  ‘El Chicle', come lo chiamano al paese, era entrato e uscito di scena dalle indagini del caso Quer grazie a un alibi fornito dalla moglie e che, alla luce della denuncia della ragazza di Boiro, viene rimesso in discussione. Messo sotto pressione, alla fine, El Chicle, crolla: l'ho uccisa io.

Sul fondo del pozzo

La mattina del 31 dicembre le auto della polizia partono per la periferia di Rianxo. In un pozzo a pochi chilometri da dove si erano perse le tracce di Diana, i sommozzatori trovano un corpo femminile con i lunghissimi capelli castani. Spalle e fianchi legati a pesanti mattoni, nascosta sotto una lastra di metallo, il corpo di quella che era stata Diana emerge dalle profondità della cisterna. È il 31 dicembre 2017, Rianxo si accascia nel dolore più cupo. "Questa volta, il male ha bussato alla nostra porta", sospira il primo cittadino Adolfo Muiños.

L'epilogo

Oggi Jose Enrique Abuin Gey è in attesa di giudizio per l'accusa di aver rapito e strangolato Diana. La famiglia Quer ha intrapreso una battaglia per il giornalismo etico nei casi analoghi a quello di Diana: "L'inchiesta è stata messa a rischio – ha detto la madre – i diritti di mia figlia sono stati violati da molti organi di stampa, la sua immagine e la sua reputazione sono state danneggiate, senza basi o fondamenta, semplicemente perché ogni giorno del mattino dovevamo avere notizie di lei".

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Giornalista dal 2012, scrittrice. Per Fanpage.it mi occupo di cronaca nera nazionale. Ho lavorato al Corriere del Mezzogiorno e in alcuni quotidiani online occupandomi sempre di cronaca. Nel 2014, per Round Robin editore ho scritto il libro reportage sulle ecomafie, ‘C’era una volta il re Fiamma’.
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