La rinascita di Carolina Girasole: l’ex sindaco antimafia vittima di accuse infamanti è ora candidata Pd
Per sette anni è finita nella macchina del fango. Ha dovuto difendersi fino in Cassazione quando è arrivata l'assoluzione in via definitiva dalle accuse di voto di scambio con la ‘ndrangheta. Carolina Girasole, l'ex sindaca di Isola di Capo Rizzuto, in Calabria, quei sette anni non se li dimenticherà mai. Cosa sia successo è ancora poco chiaro: "So solo che c’è stato un errore. Che qualcuno ha voluto credere a un’ipotesi. Che sia stato un complotto? Chi ha voluto tutto questo? Rispondere a queste ultime domande è il tassello che mi manca”. Oggi Carolina Girasole è tra i candidati calabresi del Partito Democratico al Senato alle prossime elezioni del 25 settembre.
Le accuse (sbagliate) di voto di scambio con la ‘ndrangheta
È la notte del 3 dicembre del 2013 quando la Guardia di Finanza bussa a casa sua: "Con un atto ufficiale del giudice finisco ai domiciliari con l’accusa di voto di scambio: secondo il pubblico ministero avrei fatto un accordo con il clan Arena, la cosca di ‘ndrangheta presenta a Isola". Proprio lei che per tutti gli anni della sua amministrazione si è battuta per la riassegnazione alla società "sana" dei terreni confiscati alla organizzazione criminale e fatto della trasparenze in Comune il suo punto di forza. Il suo arresto quindi è un errore e spera che forze dell'ordine e magistratura se ne accorgano il prima possibile: è convinta che la sua buona fede sarà presto riconosciuta. E invece devono passare sette anni perché i magistrati della Direzione distrettuale antimafia le credano.
L'assoluzione in via definitiva
Sette anni dopo arriva l'assoluzione in via definitiva e in questi ultimi giorni arriva finalmente anche il giusto riconoscimento: "Sicuramente non pensavo possibile questa candidatura", spiega Carolina Girasole a Fanpage.it. "Dopo il lungo percorso giudiziario che mi aveva isolata e demoralizzata, mi sono riavvicinata di nuovo al Partito Democratico anche grazie a un nuovo gruppo di giovani. Mi sono convinta che potevo dare ancora il mio contributo". Carolina non si aspettava una candidatura così importante, "sono stata onorata". E poi aggiunge: "Sicuramente è stato riconosciuto il coraggio che ha avuto la mia amministrazione durante i cinque anni in Municipio. Il coraggio con cui abbiamo portato a termine la nostra idea di amministrare il territorio con determinazione e legalità. La collaborazione con Libera per la gestione dei beni confiscati è stato un atto coraggioso ma anche ostacolato inizialmente, negli anni però questi progetti ci hanno dato ragione".
Gli atti intimidatori e le minacce di morte
Una rivincita per Carolina Girasole. Il suo impegno politico inizia nel 2008 quando diventa sindaca. Bisogna tornare indietro negli anni in quel piccolo paesino della Calabria quando a Carolina Girasole chiedono di candidarsi alle elezioni comunali a Isola di Capo Rizzuto. "Sono una biologa, lavoro in un laboratorio d’analisi fuori da Isola. Vivo qui con la mia famiglia conosco bene il paese", racconta Carolina. Che poi continua: "All’inizio rifiuto la proposta. Ma insistono, così ci ripenso e accetto. Qualche settimana dopo vinciamo le elezioni".
Appena mette piede nelle sale del municipio capisce che la macchina comunale non è ben collaudata: "L’ente era completamente disorganizzato, la trasparenza era completamente assente". In contemporanea inizia la sua battaglia contro la ‘ndrangheta: "A Isola era difficile pronunciare la parola ‘ndrangheta perché concentrarsi su un lavoro straordinario dei beni confiscati non era cosa consueta. Anzi, alcuni cittadini ci accusavano di rovinare l’immagine del paese e quindi allontanare i turisti". Poco dopo arrivano i primi atti intimidatori e dopo ancora anche le minacce di morte. "Noi però decidiamo di non scappare, facciamo una manifestazione per far capire alla popolazione che non ci piegavamo agli interessi di alcuni singoli ma tutelavamo gli interessi della comunità. Ma intanto continuano le minacce di morte e l’aria in paese inizia a farsi pesante".
Sotto protezione l’ex sindaca riesce a finire il mandato e nell’ultimo consiglio comunale riesce ad affidare i terreni confiscati della ‘ndrangheta alla Cooperativa Terre joniche di Libera tramite un bando pubblico. Un importante traguardo che la spinge a ricandidarsi alle elezioni successive “ma nessuno vuole far parte della mia lista civica. Finisco così tra i consiglieri di minoranza”.
La candidatura al Senato
Ora con le prossime elezioni del 25 settembre Carolina sarà tra le candidate calabresi del Pd al Senato. "Il futuro della Calabria? Non lo vedo roseo. La cosa che mi preoccupa più di tutti è che nell'agenda dei politici di Centrodestra il Sud non è sentito ancora come un'emergenza nazionale. In Calabria invece fare impresa ha un costo elevato, sono così svantaggiate. La situazione delle ferrovie è rimasta a quella degli anni Ottanta. Altro grave problema è l'emigrazione sanitaria: Regione Calabria paga 300 milioni di euro per l'emigrazione sanitaria. Infine, i diritti: i nostri giovani non hanno sempre università vicine. Dobbiamo recuperare quel divario che c'è con il Nord".
Poi conclude: "Sento tutta la responsabilità di rappresentare una terra in cui i diritti sono stati negati e che ha perso sempre di più la speranza di poter dare un futuro ai propri figli. Non è più tempo di finte promesse, il sud e la Calabria in particolar modo devono recuperare il tempo perso e raggiungere una qualità di vita accettabile, questo è il mio impegno".