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La rinascita di Biagio: “Dicevano avrei vissuto sulla sedia a rotelle e invece cammino di nuovo”

Biagio Vitiello è un ex calciatore che nel 2015 è rimasto coinvolto in un terribile incidente: dopo il coma e oltre sette mesi in ospedale, è riuscito a rialzarsi dalla sedia a rotelle nonostante per i medici avrebbe perso l’utilizzo delle gambe. “Per me non esiste dire non ce la faccio” racconta. In seguito allo schianto, il giovane ha perso la memoria, riportando gravi ferite che ancora oggi hanno lasciato il segno.
A cura di Beppe Facchini
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Per Biagio Vitiello, 27enne originario di Torre del Greco cresciuto a Bologna, riuscire a rialzarsi dopo un momento difficile è più di un semplice modo di dire. All'età di 21 anni, in seguito a un incidente in auto, le sue condizioni sembravano talmente gravi da fargli perdere completamente l'uso delle gambe. E invece, armato di forza di volontà da vendere, nonché assistito da sanitari professionisti nelle riabilitazioni anche più disperate, Biagio ce l'ha fatta. È riuscito a rialzarsi e tramite Fanpage.it lancia il suo incoraggiamento per credere in se stessi a chi si ritrova in situazioni come la sua, o a chi sta vivendo in un momento difficile in generale.

“Premetto che sono sempre stato uno sportivo” sottolinea subito il giovane, centrocampista in Promozione fino al giorno dell'incidente: “Non bevo e non fumo”. Eppure, la dinamica dell'incidente, avvenuto proprio dopo una partita delicata, a inizio 2015, gli è stata raccontata da altri, avendo perso la memoria in seguito allo schianto. Una volta fuori dal coma di una settimana e mezzo, non ricordava neanche chi fossero i suoi genitori. “Tornai dalla partita molto nervoso e quindi mio padre mi disse di non uscire – racconta Biagio, che all'epoca viveva nella provincia emiliana, prima di trasferirsi a Mantova-. Io invece presi la macchina e andai a trovare i miei amici a Bologna, ma tornando a casa sono andato a finire contro un albero. Andavo a ottanta chilometri orari, con la cintura” rimarca ancora il ragazzo, soccorso inizialmente da una residente della zona e poi dai sanitari del 118, che lo portarono all'Ospedale Maggiore di Bologna, prima di finire a Montecatone, struttura d'eccellenza per la riabilitazione intensiva di persone colpite da lesioni midollari e per le lesioni cerebrali acquisite.

All'inizio “dissero a mio padre che ero morto”. Ma per fortuna non è andata così, però comunque ci sono voluti quattro anni e sette mesi in ospedale, facendo affidamento per molto tempo, chiaramente, solo sulla sedia a rotelle per muoversi dal letto, oltre che per girare fra le stanze in ospedale, conoscendo così altri ragazzi nelle sue condizioni, se non addirittura peggiori, attraverso i quali ha ricevuto una buona dose di fiducia per affrontare quella situazione e riuscire a rialzarsi per davvero. “La prima volta c'era solo mio zio, che mi ha fatto un video da mandare giù a mio nonno” continua Biagio, che riconosce comunque anche il ruolo importante della famiglia nella sua rinascita. Una rinascita con dei segni ancora ben evidenti, da quelli della tracheotomia necessaria in ospedale (e ancora non assimilata del tutto dal giovane) a quelli della paraplegia incompleta alla parte sinistra del corpo, con due placche di titanio all'interno della schiena, dopo aver avuto una compressione del midollo osseo.

“Una mattina chiesi al dottore quando sarei potuto tornare a giocare a calcio. Lui mi disse: bisogna prima vedere se riuscirai a camminare. Da quel momento cambiai mentalità -racconta ancora Biagio -. Lo dico sinceramente: la prima cosa che uno pensa in quel caso è che vuole morire. Ho fatto i salti mortali per arrivare a stare così, come sto adesso. E quando sento qualcuno che mi dice ‘non ce la faccio', non capisco: per quale motivo? Perché? Per me non esiste non ce la faccio. Bisogna trovare una soluzione, un modo per farcela- conclude-. Perché c'è sempre”.

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