La relazione con Messina Denaro, pizzini e nomi in codice: perché Laura Bonafede resta in carcere
La maestra Laura Bonafede – il tribunale del riesame di Palermo non ha dubbi – era un pezzo molto importante del sistema che ruotava attorno a Matteo Messina Denaro, il capomafia arrestato lo scorso gennaio dopo una latitanza lunga trenta anni.
La maestra, figlia dello storico boss di Campobello di Mazara Leonardo Bonafede, è stata arrestata ad aprile. L'indagine che ha portato all'arresto è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall'aggiunto Paolo Guido e dal pm Gianluca De Leo.
Laura Bonafede sarebbe stata vicina a Matteo Messina Denaro per anni e farebbe parte della rete di complici che ha protetto il capomafia durante la latitanza. Secondo i giudici che hanno detto no alla scarcerazione era "parte attiva e garante stabile e fidata".
Nel motivare la loro decisione di lasciare in carcere Bonafede i magistrati fanno riferimento, tra le altre cose, a una notizia inedita: secondo quanto emerso da uno dei messaggi che il boss e la maestra si scambiavano, Messina Denaro avrebbe avuto intenzione di uccidere Filippina Polizzi, ovvero la nonna di Lorenza Alagna, sua figlia. Perché avrebbe voluto compiere il delitto? Riteneva che dietro i contrasti tra la ragazza e la sua famiglia ci fosse proprio lei.
Alla fine Polizzi fu risparmiata e i giudici non spiegano perché, ma spiegano che il piano è emerso proprio dal rapporto tra il boss e la maestra.
Ma sono diversi i pizzini che vengono fuori dal provvedimento dei giudici palermitani su Laura Bonafede. Nelle carte si parla di "tramiti", si capisce che la donna ideava "ella stessa – si legge nel provvedimento – nuovi nomi in codice con cui fare riferimento a terzi soggetti ovvero servendosi di nomi già pensati dal suo destinatario – e ancora, in parte, non decodificati dagli inquirenti -, distruggendo i messaggi ricevuti da Messina Denaro e tanto non solo per non esporre se stessa all’attenzione degli inquirenti, ma altresì per favorire l’elusione delle investigazioni dell’autorità e la sottrazione all’esecuzione della pena a vantaggio dell’allora latitante".
Ci sono soggetti allo stato ancora non identificati, in un messaggio la maestra si diceva dispiaciuta di dover distruggere i "bei pensieri" e le "bellissime parole" ricevute dal suo corrispondente. I giudici scrivono anche come fosse evidente, sebbene il carteggio inerisse in parte al vissuto personale e alla sfera intima dei due interlocutori, fosse in realtà "anche vettore di informazioni, considerazioni e notizie relative sia all’associazione mafiosa e agli intenti e alle azioni criminali di Messina Denaro, sia a episodi di vita quotidiana involgenti le forze dell’ordine o soggetti vicini al boss".
Laura Bonafede sarebbe a conoscenza anche di altri covi dell’ex latitante, compreso uno che chiama "tugurio", un luogo (che non conosciamo) in cui avrebbero trascorso del tempo insieme ed erano felici.
L’inizio della relazione tra i due risalirebbe al 1996 ma solo a partire dal 2007 la donna sarebbe stata coinvolta dal capomafia nella gestione dei propri interessi. Poi nell’aprile del 2015 la convivenza sarebbe stata interrotta, dal 2017 si sarebbe trasformata in mera frequentazione, anche quest'ultima sarebbe stata bruscamente arrestata nel dicembre dello stesso anno probabilmente a seguito delle perquisizioni disposte dai giudici ("Non dimenticherò mai quel giorno di dicembre 2017, quando non ho visto Margot, mille pensieri si accavallarono nella mente").
Per i giudici, quindi, Bonafede è stata "per lungo tempo parte integrante della salda rete di supporto intessuta tra sodali ed estranei all'associazione per favorire la latitanza di Messina Denaro e tanto anche in ragione dei propri legami familiari". Tanto impone l'applicazione della più severa misura cautelare coercitiva.