Ci sono cose buone di tipo diverso, anche se il nome è simile. C'è il cioccolato fondente, al latte e bianco. Quello extra fondente, alla gianduia o quello dell'uovo di Pasqua che ha un gusto tutto suo e fa categoria a se.
Ci sono cose un po' meno buone, ma non tanto cattive, come le infrazioni al gioco del calcio. Ci sono il fallo da dietro, quello di reazione, la trattenuta, lo sgambetto e il fallo di mano.
Il fallo da dietro può essere un calcio negli stinchi o un tocchetto con la mano sulla spalla dell'avversario, per squilibrarlo magari prima del tiro verso la porta. In tutti i casi l'arbitro fischia e decreta la punizione, che può variare per tipo. E si può stare ore a discutere se il cartellino giallo è stato troppo oppure troppo poco. Se ci stava l'espulsione oppure era un semplice contrasto di gioco.
Su altre questioni, quelle che non sono né buone né infrazioni di gioco, non dovrebbe esserci discussione, eppure la discussione c'è. Come fosse una partita di calcio, o un pezzo di cioccolato. Come se fosse possibile essere tifosi, tifando una parte oppure – indifferentemente – l'altra. Ieri mi sono costretto a leggere i commenti al (presunto) stupro a opera dei due carabinieri, a Firenze.
Ho letto la solidarietà all'Arma dei Carabinieri.
Ho letto che lo stupro di Rimini è stato più grave perché la ragazza in spiaggia aveva bevuto solo birra analcolica.
Ho letto che le americane a Firenze, comunque, si sa che non vengono tutte a studiare.
Ho letto che se ti fai riaccompagnare a casa in qualche modo devi pure ringraziare, non è che la donna può pretendere senza dare.
Ho letto che essere stuprate di notte nell'androne di un palazzo è impossibile, perché se urli svegli tutti.
Ho letto che è meglio essere stuprati da un carabiniere perché almeno non puzza.
Io, oggi, vorrei semplicemente provare a ripartire dalle basi:
Non esistono stupri migliori o peggiori.
Se a stuprare è un italiano non è colpa della donna.
Se a stuprare è un immigrato non è colpa della Boldrini, dei buonisti o delle ONG, che invece provano a salvare l'ultima ruota economica del mondo dall'affogare in mare.
Gli stupri non dipendono dal conto economico dello stupratore, da quanto è religioso (o ateo) e neanche dal tipo di religione.
Lo stupratore non si riconosce dalla faccia, dal colore e da quanto è bravo a giocare a calcio o impugnare una pistola, se ha la divisa o una moglie, se va in Chiesa oppure in Moschea, se fuma marijuana oppure va a correre tutte le mattine.
L'unico dato certo è che lo stupratore è un uomo, quasi nella totalità dei casi. E mi gira la testa a dirlo, perché significa che qualcosa nella formazione di noi maschi, di alcuni di noi maschi, si è inceppato. Qualcosa, nella formazione in questa società, in famiglia o a scuola, al bar o al campo da calcio, e forse in tutte queste situazioni insieme, non gira come dovrebbe andare. E da qui dovremmo ripartire: formare noi maschi all'empatia, per poterci dire uomini.