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Covid 19

La quarantena infinita di Chiara: “Sono una ‘sospetta positiva’, ma si sono dimenticati di me”

Chiara è una studentessa siciliana che studia a Bologna: nelle scorse settimane è stata definita “sospetta positiva” in seguito a degli esami, dopo aver avvertito alcuni sintomi da Covid-19. Da quel giorno è stata messa in quarantena in casa dai medici, che però si sarebbero dimenticati di lei. “Nessuno mi ha mai più contattato – dice – e dopo tanti tentativi, senza chiedermi nulla, neanche nome e cognome, al telefono mi è stato detto che adesso posso uscire di casa. Ma chi mi dice che non sono un pericolo per gli altri? Non possono rimettere tutto al buon senso della gente”. Chiara non sarebbe l’unica in questa situazione, non soltanto a Bologna.
A cura di Beppe Facchini
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"Il sistema sanitario ci fa uscire di casa ma senza controllarci, senza farci alcun test, alcun tampone. Così rischiamo di contagiare chiunque in questo momento e nessuno è in grado di darci una spiegazione. Ma chi stabilisce quando il mio isolamento è finito?" continua a chiedersi Chiara, una giovane studentessa fuorisede che vive a Bologna, originaria della Sicilia. Alcune settimane ha avvertito diversi sintomi da Coronavirus e in seguito a degli esami medici è stata definita "sospetta positiva", seguendo per qualche giorno la cura che gli era stata prescritta all'Ospedale Maggiore della città emiliana, con la rassicurazione di una telefonata di controllo dopo 15 giorni. Questa telefonata, però, non è mai arrivata e anzi, dopo numerosi tentativi, l'unico sanitario col quale Chiara è riuscita a mettersi in contatto, senza alcuna verifica specifica, le avrebbe assicurato che vista l'assenza di sintomi la ragazza non è più tenuta a rimanere in isolamento. "È una cosa molto grave, non mi ha chiesto neanche nome e cognome" racconta la giovane a Fanpage.it, riavvolgendo così il nastro della sua vicenda.

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"A metà marzo ho iniziato ad avvertire alcuni sintomi riconducibili al Coronavirus -spiega-: febbre, tosse secca, mal di testa e mancanza dell'olfatto e del gusto. Ho provato a contattare il mio medico di base, che però è giù dove ho ancora la residenza, così mi sono affidata al medico del mio fidanzato, che vista la situazione di emergenza ha deciso di prendermi in cura. Sono stata dunque segnalata e il 31 marzo sono andata in ospedale per alcuni esami. Non mi è stato effettuato il tampone -continua Chiara- ma mi hanno dimesso con un farmaco da prendere per cinque giorni". I sanitari hanno anche assicurato che dopo due settimane di isolamento sarebbe stata ricontattata per tutte le verifiche necessarie, "ma ad oggi non si è mai fatto sentire nessuno".

Chiara ha così provato in tutti i modi di contattare l'ospedale, venendo rimbalzata da un ufficio all'altro senza che nessuno sapesse rispondere alle sue domande: quando finirà la sua quarantena? Quando potrà sarà sicura di non essere un pericolo per sè e per gli altri? "Alla fine sono riuscita a parlare con un medico del reparto di malattie infettive -racconta ancora la giovane- il quale, senza chiedermi neanche il nome, si è limitato a dirmi che in assenza di sintomi potevo nuovamente uscire di casa". La disorganizzazione del servizio ha giustamente spiazzato la ragazza, la quale non sarebbe l'unica a trovarsi in questa situazione, non soltanto a Bologna.

"Sostanzialmente la decisione viene rimessa alla nostra coscienza -riflette amaramente Chiara- ma quante persone restano a casa? Quante aspettano una fatidica chiamata che probabilmente non arriverà mai? Così, da domani, ci saranno in giro delle bombe ad orologeria, io stessa potrei esserlo perchè non so se sono positiva o no, oppure se lo sono stata". Non solo: alla richiesta di informazioni in caso di controlli delle forze dell'ordine, i medici, infine, avrebbero detto alla ragazza di non preoccuparsi, "tanto i poliziotti non hanno di certo nessuno lista, nessuno può sapere la tua condizione di salute". In questo modo, conclude Chiara, tutta "questa situazione non finirà mai".

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