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Processo sulla morte di Stefano Cucchi

La “Presunta morte naturale” di Stefano Cucchi arriva in teatro

Dal 3 al 6 marzo debutta al Teatro Argot Studio di Roma “Presunta morte naturale. Un dramma pubblico”: teatro e vita si fondono, per raccontare la storia e le mille verità nascoste dietro le presunte innocenze legate alla morte di Stefano Cucchi. Ricordando sempre le parole di Ilaria: “Quella di Stefano era una vita normale, con inciampi, sofferenze e sbagli normali, finita in un modo che normale non è”.
A cura di Federica D'Alfonso
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(foto di Carolina Farina)
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Il 22 ottobre 2009 Stefano Cucchi muore, nel reparto detenuti dell'ospedale Sandro Pertini dove era stato ricoverato per il peggioramento delle sue condizioni fisiche. Una settimana prima era stato arrestato per spaccio: sette giorni tra le mani dei Carabinieri, della polizia penitenziaria, poi dei medici del carcere e dell'ospedale. La famiglia lo rivedrà solo dietro una teca di vetro, con il corpo e il viso martoriato di lividi. Morto per mancanza di alimenti e liquidi dicono i periti della Corte d'Assise, nessun pestaggio, dice la difesa, e nessun abbandono da parte del personale sanitario. Tutti assolti, nessun colpevole. Con un titolo che ricorda la "morte accidentale" di quell'anarchico Pinelli portata in scena da Dario Fo nei lontani anni '70, arriva a teatro "Presunta morte naturale. Un dramma pubblico": dal 3 al 6 marzo al Teatro Argot Studio di Roma. Un progetto nato per non dimenticare, per ricordare sempre le parole di Ilaria Cucchi: "Quella di Stefano era una vita normale, con inciampi, sofferenze e sbagli normali, finita in un modo che normale non è".

Lo spettacolo ha debuttato nell'ottobre del 2015 al Festival Attraversamenti Multipli, organizzato dal gruppo Margine Operativo. Il testo, scritto e diretto da Alessandra Ferraro e Pako Graziani, e interpretato da Tiziano Panici, ripercorre la vicenda di Stefano da molteplici punti di vista, creando un intreccio di fonti e di voci diverse che si accavallano e si rincorrono: dalle testimonianze dei compagni di cella agli stralci degli atti processuali, dagli articoli di giornali agli scritti apparsi in rete. Perché in una storia come questa, dove la verità si nasconde abilmente dietro le parole, avere un punto di vista univoco è impossibile.

Il testo teatrale è composto da testimonianze riportate con salti, flashback, incastri testuali e scambi del punto di vista narrativo: una scelta che trascina lo spettatore in un territorio ibrido e meticcio tra teatro e fisicità, in cui convergono e si incontrano volutamente azione fisica e drammaturgia, temi ed emozioni. Lo stesso Tiziano Panici non interpreta Stefano, ma è soltanto un portavoce della storia di Stefano, un testimone.

Presunta Morte Naturale (foto di Carolina Farina)
Presunta Morte Naturale (foto di Carolina Farina)

"Il sudore, la fatica vera di Tiziano in scena, quella di Pako di confrontarsi drammaturgicamente con gli atti processuali , la nostra difficoltà di confrontarci con una storia così atroce e drammatica, sono stati questi gli elementi che hanno accompagnato tutto il lavoro, ma è questa fatica che secondo noi rafforza questo spettacolo. È la fatica che, tutti i giorni, le famiglie di queste persone uccise in questo modo devono affrontare per cercare di veder affermati i propri diritti", ricordano i registi.

Presunta morte naturale è uno spettacolo nato da una necessità: che non si ripeta più quello che è successo già troppe volte. Molte sono le storie "simili" a quella di Stefano, la storia di Federico Aldrovandi, quella di Davide Bifolco solo per ricordarne alcune. Presunta morte naturale nasce sia dalla consapevolezza che quello che è successo a Stefano poteva succedere a ciascuno di noi, ad un nostro fratello, ad un nostro amico sia come contributo al coraggio incredibile non solo della famiglia di Stefano, ma anche di tutte quelle famiglie e dei cittadini che non hanno accettato le versioni ufficiali e hanno intrapreso lunghe battaglie per chiedere verità e giustizia.

(foto di Carolina Farina)
(foto di Carolina Farina)

Pako Graziani e Alessandra Ferraro continuano: "La storia di Stefano ci ha colpito anche perché viviamo a Torpignattara, il quartiere di Roma dove Stefano Cucchi abitava e dove tuttora vive la sua famiglia. I muri del quartiere dove viviamo, le strade che attraversiamo quotidianamente sono piene di scritte per Stefano, è una memoria pubblica che ci interroga. Il nostro spettacolo è il nostro "piccolo" contributo perché nessuno più muoia come Stefano per "presunta morte naturale".

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