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La necropoli sarda di Tuvixeddu salvata dal cemento

La più grande necropoli fenicio punico esistente stava per essere seppellita sotto una colata di cemento, per costruire un quartiere residenziale di lusso.
A cura di Nadia Vitali
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In occasione del crollo della Casa del Gladiatore che, come era prevedibile, suscitò massima indignazione in Italia (purtroppo mai abbastanza) e all'estero, si iniziò finalmente a parlare di tutte quelle realtà monumentali, archeologiche, artistiche e storiche che nel nostro paese sono abbandonate e condannate a subire i danni del tempo, quando non dei vandali, o della semplice trascuratezza e stupidità. Nel giro di due mesi già ci si è dimenticati di tutto, mentre il mal tempo continua ad insistere sul Sud Italia e chissà quanti pezzi di Pompei stanno venendo giù a nostra insaputa.

Nei confronti del nostro patrimonio, in verità, quasi sempre l'atteggiamento è questo: ne parliamo e ce ne vantiamo, all'occorrenza, talvolta come se ne fossimo i personali creatori, talaltra in qualità di fierissimi custodi. In entrambi i casi, di tutto questo decantato patrimonio conosciamo poche banali notiziole di seconda mano, mentre lasciamo che sia l'incuria a fare il proprio inesorabile lavoro. Quando non è così, tuttavia, c'è ancora di peggio: il caso della necropoli di Tuvixeddu, la più estesa testimonianza funeraria fenicio – punica, ne è un chiaro esempio.

Località della Sardegna, in verità a quasi tutti sconosciuta a dispetto della sua importanza archeologica di primo piano e a dispetto del suo incredibile fascino, la necropoli di Tuvixeddu sorge su un colle di roccia calcarea dal medesimo nome, all'interno del comune di Cagliari. Le tombe erano delle vere e proprie camere funerarie scavate in questo colle, all'interno delle quali sono stati recuperati e riportati alla luce numerosi reperti: anfore, ampolle per unguenti, nonché le decorazioni delle stesse pareti; a questi ipogei si accedeva tramite dei pozzi di lunghezza variabile tra i due e gli undici metri. Ai piedi del colle, inoltre, si trova la necropoli romana di cui è celebre la grotta della Vipera: un ipogeo sul cui frontone d'ingresso sono raffigurati i due serpenti che danno il nome alla tomba, al cui interno iscrizioni raccontano la storia dei due cittadini che si trovano all'interno. Detto questo si scopre, con un certo rammarico, che il colle di Tuvixeddu, in realtà, durante il ‘900 fu sede di una cava della Italcementi che ha provveduto fino agli anni '80, tramite lavori di estrazione, alla distruzione parziale del sito. Durante la guerra, inoltre, le camere sotterranee vennero destinate all'uso di ricovero antiaereo, dopodiché divennero abitazioni per coloro che non ne avevano più una.

Ma tutto questo, la torre di fabbricazione della calce che ancora troneggia sul colle, passa davvero in secondo piano, rispetto all'accordo che il Comune aveva preso tre anni fa con il gruppo Coimpresa e che prevedeva nell'area di Tuvixeddu la costruzione dell'ennesimo quartiere residenziale; 260mila metri cubi di edifici di lusso a breve distanza dalle tombe dei Cartaginesi e dei romani: l'ennesimo vilipendio nei confronti di queste vestigia così importanti ma, anche, nei confronti della stessa Sardegna, mangiata in ogni sua parte da interessi personali.

Non a caso, in questa terra, il governatore Renato Soru aveva dato le dimissioni proprio per contrasti interni al suo stesso partito, il PD, per l'approvazione della legge urbanistica regionale: un rigido piano regolatore che imponeva precisi vincoli di sviluppo all'edilizia dell'isola. La fine di un "cemento selvaggio" che avrebbe significato molto per delle coste così massacrate e che, naturalmente, ha leso interessi particolaristici e pusillanimi locali, suscitando, di contro, l'approvazione e l'imitazione da parte di paesi del Mediterraneo che si sono dimostrati, come sempre, più lungimiranti di noi.

Per Tuvixeddu, tuttavia, per questa volta si è riusciti a fare qualcosa: di pochi giorni fa è la notizia che il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso della Regione Sardegna, Italia Nostra e Sardegna Democratica, l'associazione politica di Soru, con una sentenza che fissa dei principi che dovrebbero valere, ci si augura che sarà così in futuro, per altre aree di questa importanza. A difesa del progetto di costruzione del quartiere, si ergeva lo stesso Comune di Cagliari il quale, evidentemente, aveva i propri interessi per avviarsi a distruggere un patrimonio proprio inestimabile e, naturalmente, inalienabile per decine di condomini di dubbio gusto. E adesso a tutti coloro che seguivano questa tormentata e triste vicenda sembra di poter tirare un momentaneo sospiro di sollievo.

I giudici hanno messo in luce come la tutela di un'area archeologica non si fermi al reperto singolo ma debba riguardare tutto il contesto paesaggistico in cui tali reperti si trovano; inoltre hanno sottolineato come il fatto che un'area sia stata già danneggiata, non sia una buona ragione per completare lo scempio e la distruzione di questa.

Una sentenza che farà felici molte persone, inclusi i tedeschi e gli inglesi che si erano interessati scrivendo sulla Suddeutsche Zeitung e sul Times, sebbene la vicenda intera sia l'ennesima vergogna per questo paese che, talvolta, non sembra meritare quello che ha di buono.

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