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La ‘ndrangheta dietro l’omicidio dell’architetto Walter Albi a Pescara: cosa sappiamo finora

Ci sarebbe la ‘ndrangheta dietro l’agguato nel quale è morto l’architetto 66enne Walter Albi ed è rimasto ferito l’ex calciatore Luca Cavallito, di 49 anni. I due, secondo gli inquirenti, sarebbero stati “puniti” per non aver portato a termine la missione affidata da un boss.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Walter Albi e Luca Cavallito
Walter Albi e Luca Cavallito

Sarebbe Natale Ursino, originario di Locri, il mandante dell'omicidio dell'architetto Walter Albi di Pescara. A eseguire il delitto sarebbe stato Cosimo Nobile detto Mimmo: l'uomo arrestato nella giornata di ieri dalle forze dell'ordine, ha utilizzato una pistola rubata a una guardia giurata durante la rapina a un supermercato. Con l'arma ha ucciso l'architetto 66enne e ferito l'ex calciatore Luca Cavallito, 49 anni, che in quel momento si trovava allo stesso tavolo della vittima.

Alla base del delitto, secondo gli inquirenti, le infiltrazioni della ‘ndrangheta in Abruzzo. Ursino avrebbe commissionato il crimine per vendicarsi di un viaggio per "affari" non portato a termine da Albi che grazie alla sua patente nautica avrebbe dovuto trasportare cocaina dal Sudamerica all'Europa. Cavallito, invece, era il suo "gancio". I due però, pagati dal boss, non sarebbero riusciti a portare a termine la missione. 

Secondo l'accusa, quel primo agosto del 2022 Albi e Cavallito avevano appuntamento proprio con Ursino. I due volevano chiudere un accordo per risarcire il boss del mancato viaggio intercontinentale, ma all'incontro si è invece presentato il killer incappucciato. Per gli inquirenti, la circostanza sarebbe provata dai messaggi che i tre si sono scambiati prima dell'omicidio. Ursino avrebbe infatti risposto a un sms inviato da uno dei due poco prima dell'incontro. "Sto arrivando" aveva scritto pur trovandosi molto lontano dal bar pescarese dove si trovavano Albi e Cavallito. Al suo posto si è invece presentato Mimmo Nobile con l'arma rubata.

Per l'accusa è stato fondamentale il ritrovamento dello scooter e del casco utilizzati dal killer per allontanarsi dal luogo dell'omicidio. Ancor più importante ai fini dell'indagine è stata l'individuazione dell'arma rubata alla guardia giurata dell'Agroalimentare di Cepagatti l'11 luglio del 2022 da Mimmo Nobile.

I messaggi con Ursino

Dopo il fallimento della missione programmata dal boss, Cavallito e Albi avevano cercato di tirarsi fuori dai guai raggiungendo un accordo economico che però Ursino non aveva accettato. "Prenditi la mia casa – scriveva Cavallito in alcuni messaggi -. Vale 400mila euro, prenditela e fammi uscire da questa storia".

Per il boss di Locri, però, la cifra non sarebbe stata sufficiente. Secondo gli inquirenti, l'omicidio sarebbe stato commissionato "per una questione di principio", una sorta di monito per "mantenere alto l'onore" della cosca ‘ndranghetista. La storia è infatti partita da un investimento immobiliare di Walter Albi, un hotel galleggiante nel porto turistico di Pescara. L'architetto, ex dirigente pubblico e imprenditore del fitness, voleva i soldi per investire nel progetto. La proposta del viaggio intercontinentale, infatti, sarebbe arrivata proprio per i suoi guai economici: la "missione" in cambio di un lauto compenso.

A gestire i rapporti tra i due l'ex calciatore Cavallito, al quale lo stesso Mimmo Nobile doveva dei soldi per traffici non ancora chiari. Per questo il boss è riuscito a convincerlo a compiere l'omicidio, forse con la promessa di liberarlo definitivamente dal debito.

La rabbia del boss dopo la missione fallita

Alla fine, però, il viaggio non era stato a compimento. Ursino aveva definito Albi e Cavallito "incapaci di andare da Pescara a Spalato" e aveva deciso di fargliela pagare organizzando l'agguato. Secondo gli inquirenti, l'episodio rivela l'infiltrazione in Abruzzo della ‘ndrina Ursino di Gioiosa Jonica,

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