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La moglie di Massimo, terremotato suicida: “Ce l’avranno sulla coscienza”

Stefania, moglie di Massimo Dell’Orso, ha raccontato le lungaggini e i problemi causati dalla burocrazia dopo il terremoto: “e fossimo stati nella casetta a Castelsantangelo, questo non sarebbe successo. Ce lo devono avere sulla coscienza, mio marito”.
A cura di Davide Falcioni
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"Ce l'avranno sulla coscienza". A parlare è Stefania Servili, moglie di Massimo Dell'Orso, il terremotato di 56anni di Castelsantangelo Sul Nera che la mattina del primo maggio, intorno alle 4, si è tolto la vita gettandosi dal balcone dell'appartamento di Alba Adriatica in cui i due vivevano, lontani oltre 100 chilometri dal borgo d'origine distrutto dal sisma del 30 ottobre 2016. Quella frase – "ce l'avranno sulla coscienza" – è un atto d'accusa chiarissimo contro una gestione della fase post terremoto giudicata inefficace e confusa, tra cavilli burocratici, norme di difficilissima comprensione e una ricostruzione che sembra ancora lontanissima: "Quando il 30 ottobre 2016 alle 23.30 abbiamo varcato la soglia dell’hotel – raccontava Stefania il mese scorso –, smarriti, stanchi e traumatizzati, pensavamo di fermarci solo una notte per cercare poi una sistemazione diversa e più vicina. Siamo rimasti quasi un anno e mezzo".

Massimo Dell'Orso aveva una grande passione – poi diventata anche il suo lavoro – per la natura: si occupava degli animali del Parco dei Monti Sibillini e insieme alla moglie Stefania gestiva tre piccoli B&B a Castelsantangelo sul Nera. Dopo il terremoto insieme alla moglie aveva fatto la richiesta per una Sae (casetta di emergenza), che gli era stata assegnata. Ma poi con la domanda di delocalizzazione delle attività ricettive, aveva dovuto rinunciare. Per questo Massimo e Stefania vivevano ancora sulla costa abruzzese, in attesa di poter tornare definitivamente nel borgo appenninico. Un'attesa che ha logorato l'uomo, come in un'intervista al Resto del Carlino ha spiegato anche sua moglie, che ieri gli ha dedicato poche, toccanti, parole: "Il mondo aveva ancora bisogno di te. Io, avevo ancora bisogno di te".

Il terremoto non è stata l'unica causa del suicidio di Massimo – spiega la donna – "ma di sicuro ha condizionato moltissimo il suo stato d’animo. A parte ciò, stava abbastanza bene, fatta eccezione per qualche dolore fisico, ma nulla di grave". La donna aggiunge: "Noi l’avevamo chiesta la Sae, prima che uscisse la legge che comprendeva anche i bed and breakfast. Poi, quando sono appunto stati inseriti, ci è stato detto che dovevamo rinunciare alla Sae se volevamo chiedere la delocalizzazione delle nostre attività, che stavano a Vallinfante. E così abbiamo fatto. Ma pensavamo che l’iter per la delocalizzazione fosse più veloce, invece ci siamo trovati in mezzo alla strada".

Insomma, per i due la prospettiva sarebbe stata quella di attendere ancora svariati mesi prima di poter tornare a Castelsantangelo, ma Massimo "non poteva stare lontano da lì. Amava la natura, era innamorato del Parco. Lontano, sulla costa, si sentiva un lupo in gabbia. Noi non abbiamo scelto di rinunciare alla Sae, e questo va detto. Siamo stati costretti. Se fossimo stati nella casetta a Castelsantangelo, questo non sarebbe successo. Ce lo devono avere sulla coscienza, mio marito".

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