video suggerito
video suggerito
Omicidio Yara Gambirasio

La moglie di Bossetti ricorda quando ha scoperto che era l’assassino di Yara: “Ero in cucina e piangevo”

Marita Comi ha raccontato l’arresto del marito Massimo Bossetti, i colloqui in carcere e il giorno della sentenza all’ergastolo nella docuserie “Il caso Yara oltre ogni ragionevole dubbio”, disponibile su Netflix e dedicata all’omicidio di Yara Gambirasio: “Io sono ferma ancora a quel giugno 2014, la nostra vita si è fermata”.
A cura di Ida Artiaco
530 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

"Mio figlio era seduto sul divano ed è uscita la notizia che avevano preso l'assassino di Yara. Io guardandolo ho pensato: Meno male, lo hanno preso, finalmente!. In quel momento è entrata mia figlia dal terrazzo, urlando che entravano i carabinieri. Io mi ricordo solo che ero seduta in cucina che piangevo e da lì mi hanno preso e mi hanno detto che mio marito era l'assassino di Yara".

A parlare è Marita Comi, la moglie di Massimo Bossetti, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio, a cui è dedicata la docuserie "Il caso Yara oltre ogni ragionevole dubbio", disponibile su Netflix a partire dal 16 luglio. Comi, che è intervenuta nella serie con una intervista, ha ripercorso il momento dell'arresto del marito, avvenuto il 16 giugno 2014, circa quattro anni dopo la scomparsa della 13enne di Brembate di Sopra e il ritrovamento del suo cadavere in un campo di Chignolo d’Isola, ma anche le prime visite in carcere fino al processo.

Marita Comi (moglie di Massimo Bossett).
Marita Comi (moglie di Massimo Bossetti).

"A noi sembrava un po' tutto assurdo, sembrava un film – ha ricordato la moglie del muratore di Mapello -. I bambini avevano paura a uscire, non volevano essere ripresi, farsi vedere. Avevo i giornalisti assediati fuori casa. C’è stato un episodio, quando eravamo a casa di mio fratello. I bambini erano fuori in giardino che giocavano. I giornalisti si sono avvicinati e gli hanno chiesto dov’ero, loro si sono un po' spaventati".

Difficili all'inizio i momenti i cui anche lei ha dovuto rispondere alle domande degli inquirenti: "Venivo da un interrogatorio in cui non ho parlato, mi sono avvalsa della facoltà di non rispondere. Mi hanno tenuto per un'ora in sala con loro, mi hanno fatto vedere il furgone che passava tredici volte e tutti gli orari. Sono stata un po' scioccata anche io – ha continuato Comi -. È vero che io l’ho pressato (riferendosi al marito) nei seguenti colloqui, mi hanno definita peggio della pm. Mi sembra anche naturale, non potevo far finta di niente, andare al colloquio e non chiederglielo. Ho insistito, gli ho chiesto in tutti i modi di dire la verità, di dirmelo".

Yara Gambirasio
Yara Gambirasio

Comi ha raccontato di aver subito "capito subito che stavamo bene insieme e che potevamo costruire una famiglia insieme. E così è stato. Lui era quello più estroverso, più allegro, io quella più timida, più introversa. Però ci compensavamo". Rispetto ai rapporti con la suocera, Ester Arzuffi, ha detto: "Erano normalissimi, da suocera a nuora. Una suocera buona. Io ho sempre chiesto a mia suocera se era vero che aveva frequentato Guerinoni (l'autista di autobus di Gorno deceduto nel 1999, identificato come il padre naturale di “Ignoto 1”, ndr). Lei continuava a negare, non capivamo com'era possibile questa cosa. Loro dicevano che era vero al 100%. Pensavamo fosse tutto uno sbaglio. L’ho accompagnata io alla caserma dei Carabinieri a fare il test, tranquillamente, senza nessuno problema, preoccupazione. E infatti da lì era uscita negativa".

Infine, il processo a Massimo Bossetti. "Ho cercato di esserci a tutte le udienze – ha detto Comi -. Mi nascondevo sotto la macchina, accucciata per non farmi vedere, perché c’erano i giornalisti attaccati. Anche con i figli ho cercato di non passare davanti alle edicole per non vedere le copertine, ogni settimana ce n’era una. Ciò che mi è dispiaciuto di più è il fatto che siano state fatte uscire sempre notizie intime, private, mie e di mio Marito, sulle copertine dei giornali, in televisione. Queste cose ci hanno fatto veramente male. La tua vita, la tua privacy non esisteva più. Ci hanno fermato la sera prima dell’arresto, hanno finto un posto di blocco all’ingresso del nostro paesino. Il giorno della sentenza abbiamo aspettato fino a sera. Quando hanno letto il verdetto, siamo rimasti sconvolti, io mi aspettavo un'assoluzione. Lui era disperato, piangeva, diceva che si voleva ammazzare, che non ce la faceva più. Abbiamo cercato tutti di confortarlo e di stargli vicino, ma sono stati momenti difficili e dolorosi. Io sono ferma ancora a quel giugno 2014, la nostra vita si è fermata".

530 CONDIVISIONI
117 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views