Due giorni fa è tornato alla sbarra Benno Neumair, il giovane accusato di aver ucciso il padre Peter e la madre Laura. Contrariamente al passato, ha tenuto in aula un atteggiamento spavaldo e di sfida nei confronti della Corte e dei suoi difensori.
Benno nelle prime udienze ha indossato la maschera del narcisista maligno: da un lato per nascondere il suo vero Io. Dall’altro per apparire migliore. Non come fine, ma come mezzo. Cioè per imbrogliare i giudici, per fargli credere di essere pentito e di aver agito in preda a incapacità. Del resto, nelle prime udienze aveva assunto atteggiamento remissivo, con la schiena ricurva. Sempre cercando di incrociare lo sguardo di Madè.
Adesso, però, quella maschera è caduta. Ed è caduta perché la recita del narcisista non dura a lungo. A maggior ragione quando un soggetto si trova in regime di detenzione carceraria. Benno è incattivito dalla detenzione. Si sente in gabbia. Per questo si è nuovamente ripreso la licenza per arrabbiarsi, sfidando non solo la Corte, ma anche i suoi difensori. Addirittura, accusando questi ultimi di non fare domande pertinenti.
L'imputabilità presuppone che un soggetto sia in grado di comprendere il disvalore del reato commesso. Secondo quanto diagnosticatogli già in Germania, Benno sarebbe affetto da disturbo narcisistico unitamente a quello antisociale di personalità. Di conseguenza, stando a quanto statuito dai periti, il giovane era seminfermo di mente quando ha ucciso Peter, mentre era perfettamente lucido e capace quando ha commesso l’omicidio di Laura.
Ciò perché secondo i periti la presunta lite con il padre avrebbe avuto il ruolo di detonatore rispetto al disturbo stesso. Una lite che, però, non ha trovato alcun riscontro negli atti d’indagine.
Quanto all’omicidio della madre, invece, è chiaro come Benno, perfettamente lucido, abbia percepito la necessità di eliminare il genitore sopravvissuto, sopraggiunto in un momento successivo e quindi divenuto testimone scomodo. Razionalmente è difficile comprendere questa analisi, dal momento che, quando è presente un disturbo della personalità, esso non si manifesta in maniera intermittente.
La lucidità su cui fa leva la premeditazione ha a che fare con le dinamiche con le quali la patologia si manifesta. E ciò perché è possibile distinguere tra i momenti in cui un soggetto disturbato agisce perché mosso dalla patologia e i momenti in cui il disturbo si presenta meno invalidante per chi ne è affetto.
La parziale infermità non esclude l'imputabilità. In questo senso, il giudice – al momento di quantificazione della pena per l'omicidio di Peter – applicherà un’attenuante. Potendolo così, ai sensi dell’art. 65 c.p., condannarlo a una pena della reclusione non superiore ad anni 24, ma non inferiore ad anni 20. In riferimento, invece, all’omicidio di Laura Perselli, Benno è stato riconosciuto come pienamente capace di intendere e di volere. Di conseguenza, potrà essere condannato all’ergastolo per l’omicidio della madre.
I legali, però, sostengono sin dall’inizio la totale incapacità di intendere e di volere di Benno per entrambi gli omicidi. Dopo quanto accaduto in aula, invero, il giudice a questo punto potrebbe disporre una nuova perizia. Difatti, per discostarsi da quanto stabilito dai precedenti periti è proceduralmente tenuto a disporre una nuova attività peritale. Se così fosse, però, non per riconoscergli l’incapacità come vorrebbero i suoi difensori. Al contrario, per riscontrare la totale capacità di intendere e di volere anche per l’omicidio del padre.