L’Italia è disseminata di autentiche “bombe ecologiche”. Da Aosta alla Sicilia, lo Stivale è pieno di Siti di interesse nazionale (Sin), territori da bonificare per evitare danni ambientali e sanitari. Sono quasi 6 milioni le persone che vivono in aree contaminate classificate come pericolose. E l’impatto dell’inquinamento sulla salute umana è allarmante. Vivere accanto ad impianti industriali, raffinerie, cave, miniere e discariche può comportare un grave rischio. E’ stato riscontrato, infatti, un eccesso di mortalità, ricoveri ospedalieri, tumori o malformazioni congenite tra gli abitanti dei territori in cui è presente una qualche forma di contaminazione dell’ambiente. Occorre precisare che non sempre questa sproporzione è attribuibile all'inquinamento: alla pari intervengono anche fattori socioeconomici, stili di vita, disponibilità e qualità dei servizi sanitari. Secondo il quinto rapporto SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti), tuttavia, “le conoscenze disponibili […] supportano l’ipotesi che l’esposizione ambientale abbia giocato un ruolo causale nel determinare alcuni di questi eccessi”.
L’eccesso di mortalità nelle aree inquinate
Lo studio, a cui hanno collaborato decine di ricercatori ed esperti, ha preso in considerazione 45 siti che dovrebbero essere sottoposti a bonifica. Aree che includono 319 comuni italiani e una popolazione di 5,9 milioni di persone (secondo il censimento del 2011). Ogni regione ha almeno un’area inquinata, ad eccezione del Molise. Nella particolare mappa delle “bombe ecologiche” italiane, spiccano la Campania, dove a farla da padrone è la Terra dei Fuochi, e il Sulcis-Iglesiente-Guspinese, aree industriali inquinate nel sud della Sardegna. Il quadro generale che emerge dalla ricerca è a dir poco drammatico. Il tasso di mortalità, rilevato in un arco temporale di cinque anni (2006-2013), dimostra un eccesso di 5.267 morti nella popolazione maschile e di 6.725 decessi in quella femminile. Numeri implacabili che sono un campanello d’allarme che non può più essere sottovalutato. I dati – precisa lo studio – sono stati calcolati utilizzando come riferimento i tassi di mortalità, di ospedalizzazione e di incidenza tumorale delle regioni in cui sono presenti questi eco-mostri.
Gli effetti della contaminazione di aria, terra e acqua
L'inquinamento può derivare da prodotti di scarto delle lavorazioni della chimica e del trattamento dei metalli. Come accade a Porto Marghera, a pochi passi da Venezia, dove le conseguenze per la salute di oltre 260mila abitanti sono terribili. In uno dei siti industriali più estesi ed importanti del territorio nazionale – evidenzia la ricerca – la mortalità è in eccesso, così come sono oltre i limiti, in uomini e donne, i tumori di colon retto, polmone e il mesotelioma della pleura (la sottile membrana che riveste i polmoni, ndr).
Ci si ammala anche per gli scarichi che finiscono nei fiumi, come nel caso del basso bacino del fiume Chienti, che interessa cinque comuni e quasi 100mila persone nelle Marche. In quest’area, SENTIERI ha osservato eccessi nella mortalità e nelle malattie circolatorie. Per le donne, in particolare, sono in dismisura le patologie dell’apparato digerente, mentre negli uomini dell’apparato urinario. Oppure a Biancavilla, in provincia di Catania, dove la presenza di fluoro-edenite, una particella killer simile all'amianto, ha provocato negli ultimi anni 53 decessi per tumore alla pleura. Un numero cinque volte maggiore rispetto alla media nazionale.
Patologie che non risparmiano neppure i più piccoli. Nei 45 siti contaminati oggetto della ricerca, per quanto riguarda l’incidenza dei tumori nella fascia d’età compresa tra 0 e 24 anni, sono stati diagnosticati 666 nuovi casi, pari a un eccesso del 9%. Sarcomi dei tessuti molli (nei bambini), leucemie mieloidi acute (una malattia che si sviluppa a partire dal midollo osseo e che progredisce velocemente), linfomi non Hodgkin e tumori del testicolo, per quanto riguarda giovani adulti.
L’inquinamento ambientale: un danno da miliardi di euro
Il danno ambientale è ingentissimo, anche in termini economici. Secondo le stime fornite dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, il pregiudizio causato dalle emissioni di 14mila impianti industriali più inquinanti nel continente, oscilla tra 329 e 1.053 miliardi di euro nel quinquennio 2008-2012. “In Europa – scrivono gli autori di SENTIERI – le attività industriali hanno lasciato un'eredità di migliaia di aree contaminate da sostanze chimiche tossiche tali da costituire una minaccia attuale o potenziale per la salute delle popolazioni residenti, tra cui i soggetti più vulnerabili quali i bambini”. Sebbene il contenimento delle emissioni industriali sia migliorato negli ultimi decenni – riconosce lo studio – il settore industriale è comunque responsabile di quantità significative di inquinamento dell'aria, dell'acqua e del suolo, nonché della produzione di rifiuti. Insomma, bisogna agire, senza più indugi. A dimostrarlo, ancora una volta, sono i numeri: in ambito europeo, sono oltre 340mila i siti contaminati, dei quali solo il 15% sottoposto a interventi di risanamento ambientale. In Italia, l'Ispra (l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ne ha individuati più di 12mila potenzialmente inquinanti, distribuiti su tutto il territorio italiano. Di questi, 58 sono definiti come gravemente inquinati e a elevato rischio sanitario.
Le bonifiche: miliardi di euro spesi con pochi risultati
Nel corso degli anni, per le bonifiche dei siti inquinanti è stata spesa una montagna di denaro. Un legge del 1998 elencava i luoghi in cui era necessario un intervento di ripristino ambientale e già all'epoca era previsto lo stanziamento di parecchi miliardi di vecchie lire. Altri miliardi – questa volta di euro – decreti del ministero dell’ambiente, commissari straordinari, “cabine di regia” e un rimpallo di competenze tra Stato e regioni, non hanno prodotto i risultati sperati. L’ex ministro dell’ambiente, Gian Luca Galletti, in un intervento al Senato del 19 gennaio 2017, ha affermato che ammontavano a circa 2 miliardi di euro le risorse che il suo dicastero aveva stanziato a favore delle regioni per interventi di messa in sicurezza e bonifica delle aree comprese nel perimetro dei 40 siti di interesse nazionale. Una cifra che ha continuato a crescere, senza che in nessuno dei 58 Sin le attività di ripristino siano state completate. La bonifica di molte di queste “bombe ecologiche” rimane ancora disegnata su un progetto o è stata sospesa per mancanza di fondi. Nel caso di Porto Marghera, ad esempio, secondo il sindaco di Venezia sono necessari altri 250 milioni di euro per la sistemazione delle sponde e dei fondali dei canali industriali portuali. Non va certo meglio nel polo petrolchimico di Gela, in Sicilia. Nelle aree a rischio di crisi ambientale, che comprende anche i comuni di Niscemi e Butera – osserva SENTIERI – è stato rilevato un eccesso di tumori maligni dello stomaco, colon retto e polmoni, nonché una diffusione sopra la norma di malattie respiratorie acute. Ma nonostante questi dati allarmanti, ad oggi, la riconversione del sito procede a rilento.
La sofferenza di una malattia spaventosa, le lacrime e il lutto per la morte di una persona cara, appartengono alla sfera privata di chi li soffre. Mostrano, però, tutta la drammaticità di un’emergenza sanitaria e sociale a cui bisogna dare una soluzione urgente. Le bonifiche dei siti inquinanti devono essere realizzare con la massima urgenza. L’ambiente e la salute di milioni di persone non possono più aspettare.