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La mamma di Sara Pedri: “Da un anno vivo in un mondo buio, mi aiuta solo tenere viva la sua memoria”

La mamma di Sara Pedri, la 31enne scomparsa nel nulla un anno fa, al Corriere della Sera: “Purtroppo mia figlia ha incontrato il lupo lungo la sua strada. Ma non era un agnello: è sempre stata forte. Il suo sacrificio ha sollevato un problema, a lungo nascosto, che ha preso alla sprovvista anche noi”.
A cura di Enrico Tata
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Dal 4 marzo 2021 Sara Pedri è scomparsa nel nulla. Quasi sicuramente, però, il corpo della ginecologa 31enne si trova nel lago di Santa Giustina in Val di Non, Trentino. La ragazza era assunta nel reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale Santa Chiara di Trento. Gli inquirenti stanno indagando proprio sulla struttura sanitaria per l'ipotesi di maltrattamenti e abuso dei mezzi di correzione e disciplina. Sara stava male a causa del lavoro, non ne faceva mistero, e proprio per questo si sarebbe tolta la vita. "Vivo in un mondo buio, in cui i raggi di sole sono rari. Vedo la luce soltanto grazie alle persone che tengono viva la memoria di Sara", ha detto la mamma Mirella in un'intervista al Corriere della Sera. 

"Nell’ultimo anno mio marito ed io abbiamo vissuto perché non fosse dimenticata per la persona che era. Sara era una ragazza che amava la vita e si faceva benvolere. I colleghi di Catanzaro e Napoli la ricordano per il sorriso e il tono di voce squillante, emblemi della sua esuberanza positiva. Purtroppo mia figlia ha incontrato il lupo lungo la sua strada. Ma non era un agnello: è sempre stata forte. Il suo sacrificio ha sollevato un problema, a lungo nascosto, che ha preso alla sprovvista anche noi: mai avremmo pensato che, all’interno di un ospedale, una ragazza potesse soffrire tanto da arrivare alla morte", ha raccontato ancora la mamma. Sara aveva scelto di spostarsi in Trentino ed era orgogliosa di poter lavorare in un reparto così prestigioso: "Le cose sono precipitate così velocemente che non siamo stati in grado di intervenire. Non l’abbiamo vista deperire, perché non voleva che andassimo a trovarla. Ma ci raccontava tutto, che non stava bene, e noi forse non volevamo credere che si fosse ridotta a pesare6chili in meno. Questo è il nostro principale senso di colpa. In questa vicenda non abbiamo puntato il dito contro persone specifiche. È stato il sistema ad essere nocivo. Un sistema testimoniato da tanti professionisti che hanno vissuto al Santa Chiara; un sistema mai corretto e mai guidato verso una migliore gestione".

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