La mamma di Cristina Golinucci: “Sarei grata se si trovasse anche un solo osso di mia figlia”
Di recente sono stati riaperti i cold case di Chiara Bolognesi e Cristina Golinucci. Alla base della riapertura delle indagini alcune testimonianze raccolte nel 2010 di violenze sessuali ai danni di due giovani donne, episodi mai denunciati alle forze dell’ordine.
Le due ragazze, che avrebbero subito abusi negli anni Novanta, frequentavano ambienti vicini a quelli di Chiara e Cristina.
Chiara Bolognesi, 18 anni, venne trovata morta nel fiume Savio il 31 ottobre 1992. Ieri i suoi resti sono stati riesumati per analizzarli. Cristina Golinucci di anni ne aveva 21 quando sparì nel nulla. Era il primo settembre del 1992.
Quel pomeriggio Cristina aveva un appuntamento con don Lino, nella chiesa dei Cappuccini a Cesena. Aveva lasciato la sua auto davanti al convento e non è più tornata a casa.
L'inchiesta, per omicidio contro ignoti, è coordinata dalla pm Laura Brunelli ed è stata sollecitata da un esposto dell'associazione Penelope, fondata dalla madre di Golinucci e assistita dall'avvocato Barbara Iannuccelli.
A 30 anni di distanza gli inquirenti vogliono accertare le connessioni tra le due storie e capire se regge l'ipotesi che le ragazze siano state uccise dalla stessa persona.
Nel 2010 la madre di Cristina, Marisa Degli Angeli, venne avvicinata da una donna che diceva di avere notizie importanti sulla scomparsa della giovane. La donna fu poi ascoltata dalla polizia e riferì di violenze subite dalla propria figlia minorenne nel 1997.
Questa donna, che spiegò di aver saputo della violenza da un amico con cui la ragazzina si sfogò, arrivò ad affrontare il presunto responsabile che negò. Sempre lei riferì anche che un sacerdote, presente quando lei accusò l'uomo, le intimò di non raccontare bugie di quel tipo. Quindi si rivolse a una persona nelle forze dell'ordine, ma anche questi le sconsigliò di sporgere denuncia.
La seconda possibile vittima riferì invece di essere stata aggredita e molestata per mesi dallo stesso uomo, nel 1995, ma anche lei non denunciò.
Per tutti questi lunghi anni la madre di Cristina Golinucci ha vissuto con la speranza di trovare almeno il corpo di sua figlia. Non sa cosa pensare delle novità che potrebbero riaprire il caso. I nuovi elementi porterebbero a un uomo che aveva conosciuto le ragazze.
"Il dolore non diminuisce, non si stabilizza. Si accumula. E diventa sempre più forte", le parole di Marisa riportate dal Corriere della Sera. "Tutte le mattine mi alzo dal letto con la sensazione di essere ubriaca senza aver bevuto. Poi indosso una maschera, cercando di sorridere, di lavorare e di confortare qualcuno come si farebbe se la normalità fosse la norma", aggiunge la donna, che dal 2002 chiede giustizia anche attraverso l’associazione Penepole che ha contribuito a fondare assieme alla mamma di Elisa Claps.
È ancora convita che il corpo di sua figlia si trovi nella chiesa dei Cappuccini o nei dintorni nonostante diverse perquisizioni non abbiano portato a nulla. "Ma finché non mi diranno la verità io continuerò a credere che il mistero della scomparsa sia lì. In quella chiesa e nella figura di don Lino che un giorno mi scrisse una lettera per darmi della matta. Lui è quello che ha visto per ultimo mia figlia e ha detto cose contraddittorie. È in quella chiesa che lavorava Emanuel Boke, un ragazzo senegalese, che proprio a don Lino avrebbe confidato di aver ucciso Cristina per poi ritrattare", aggiunge oggi la donna. Secondo lei, la magistratura non ha fatto quel che doveva e ha chiuso troppo in fretta il caso. La speranza, adesso, è almeno quella di poter pregare sulla tomba di Cristina.