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Omicidio di Alice Scagni a Genova

Alberto Scagni massacrato in carcere, la mamma nella cella del pestaggio: “Picchiato 3 ore, un macello”

Il 42enne qualche giorno fa è stato sequestrato, torturato e picchiato da altri due detenuti, in carcere per violenza sessuale. La madre: pestaggio “durato tre ore” in una cella “che sembra quella di una sommossa in 15 metri quadrati”.
A cura di Biagio Chiariello
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Un pestaggio "durato tre ore" in una cella che "è un macello, sembra quella di una sommossa in 15 metri quadrati". È un racconto drammatico quello che Antonella Zarri, madre dei due fratelli Alberto e Alice Scagni, ha affidato a un post social della senatrice Ilaria Cucchi. La donna ha reso pubblico l'esito della visita al carcere di Sanremo dove il figlio – condannato a 24 anni e 6 mesi per l'omicidio della sorella a Genova – è stato sequestrato, torturato e picchiato da altri due detenuti, in carcere per violenza sessuale.

Il 42enne sta un po' meglio, ma si trova ancora ricoverato all'ospedale Borea nel comune ligure. Aveva già subito un primo pestaggio a Marassi, carcere dal quale Scagni era poi stato trasferito. È stato operato una seconda volta proprio oggi: le sue condizioni sono stabili e la prognosi è riservata.

Sono arrivata in carcere alle ore 10 – racconta Zarri – e verso le 11:25 sono stata accompagnata alla cella 6. Quella in cui è stato massacrato di botte Alberto, mio figlio. Davanti alla cella 6, c’è la cella 9. Ci sono tre persone detenute, appena rivolgo lo sguardo, si avvicinano (e mi dicono, ndr): ‘Ci dispiace per quello che è successo, abbiamo chiamato noi, abbiamo cercato di fermarli'. Chiedo quanto tempo è durato, mi rispondono tre ore".

La madre di Alberto Scagni racconta poi di essere stata redarguita da un agente in borghese che le avrebbe detto non intrattenersi a parlare coi detenuti: "I ragazzi nelle celle vorrebbero parlare – prosegue Zarri – ma vengono rapidamente istruiti a non esporsi. Allora parlano gli occhi, tradiscono disperazione, senso di impotenza, sono gli occhi del carcere".

Una cella che viene descritta come un campo di battaglia:

Un macello – scrive Zarri – in un angolo è rimasta una scarpa di Alberto, le macchie di sangue sono ovunque. Tavoli e brande, scaravoltati. È la scena di una sommossa, in 15 metri quadrati. Un detenuto anziano mi ripete nuovamente che gli dispiace, ma il vicecomandante della polizia penitenziaria lo zittisce e mi allontana per parlare da solo con il signore. Ne approfitto, torno fuori dalla cella 9 e chiedo: ‘volevano ammazzarlo?'. Un ragazzo si mette una mano sul petto, sottovoce mi dice: ‘non lo so, non lo so davvero'. Ha l’aria ancora spaventata, quella di chi ha visto".

La donna è stata poi raggiunta da un agente della polizia penitenziaria che l'ha accompagnata dalla direttrice del carcere, con la quale ha avuto un incontro in sala riunioni: "Resta muta, insipida e melliflua – sostiene la madre di Alberto e Alice -, non una parola di rammarico. C’è chi lo chiede per me: ‘La signora voleva sapere cosa è successo'. ‘C’è un’indagine in corso', risponde. Sbotto, in modo educato, che la verità si può dire sempre. Sono le mie ultime parole, esco poco dopo senza nessuna risposta".

Il racconto è stato condiviso, come detto, da Ilaria Cucchi, che ha commentato:

La famiglia aveva chiesto più volte aiuto allo Stato, perché Alberto soffriva e aveva già messo in atto comportamenti violenti, minacciando sua sorella e i suoi genitori. Lo Stato non ha risposto. Da quando è finito in carcere, Alberto è stato massacrato più di una volta: a Marassi, prima, a Sanremo, pochi giorni fa.  È stato picchiato talmente forte che ora ha bisogno delle macchine per sopravvivere. Questa è la giornata in carcere di sua mamma, Antonella, che si è recata nella struttura in cui era imprigionato Alberto, per capire dove lo Stato ha fallito. Una seconda volta".

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