La madre di Cristina Golinucci, scomparsa a Cesena 30 anni fa: “Qualcuno ha coperto la verità”
“Chi sa, parli”. Non fa che ripeterlo Marisa Degli Angeli, ormai 74enne madre di Cristina Golinucci, misteriosamente scomparsa nel nulla il primo settembre 1992 a Cesena. “Ciao mamma, ci vediamo stasera” le ultime parole che Marisa ha sentito pronunciare da sua figlia poco prima le 14: dopo avrebbe dovuto incontrare, al Convento dei Frati Cappuccini della città romagnola, Padre Lino Ruscelli, il suo padre spirituale e confessore.
Proprio le dichiarazioni spesso contraddittorie del frate, oltre alla sua iniziale reticenza nel far entrare chi stava cercando Cristina dopo aver perso le sue tracce, hanno contribuito a mantenere un alone di mistero attorno alla scomparsa della 21enne, archiviata più volte come allontanamento volontario, malgrado in pochi abbiano creduto fin da subito a questa versione.
Non si tratta però dell'unico dettaglio che ha reso quello di Cristina Golinucci un vero e proprio cold case sui quali i riflettori sono rimasti sempre accesi in tutti questi anni. Diversi sono i punti rimasti poco chiari nella vicenda, che adesso potrebbe essere a una svolta.
Nelle scorse settimane, infatti, la Procura di Forlì ha riaperto le indagini sul caso per omicidio a carico di ignoti. E strettamente legata alla scomparsa della giovane potrebbe essere anche un altro giallo che ha sconvolto la comunità cesenate in quegli anni: quello di Chiara Bolognesi, 18enne scomparsa e poi trovata senza vita nel fiume Savio, poco più di un mese dopo la sparizione di Cristina.
“Non lo so cos'ha in mano la procura – commenta a Fanpage.it la signora Marisa -. Noi qui siamo in fibrillazione, immaginate: dopo trent'anni che urlo chi sa parli, e non ho niente di Cristina, cos'è che è venuto fuori?”. Difficile saperlo, almeno per ora. Fatto sta che nelle scorse settimane è stato riesumato il cadavere di Chiara Bolognesi e nei pressi del convento sono ripartite le ricerche anche col georadar.
“Chiara era una ragazza normale, dedita allo studio, alla parrocchia, alla famiglia – ricorda la madre -. Però non è che stava sempre a casa eh, era sempre fuori, faceva un sacco di cose. Negli ultimi tempi diceva che voleva sposarsi e avere dei figli. Una vita normale, insomma”.
Una vita spezzata troppo presto e ancora chissà perché e per mano di chi. Il giorno della sua scomparsa, già nel pomeriggio, non vedendola rientrare, i genitori e il fidanzato si sono allarmati e hanno cominciato a cercarla. Sono andati al convento da soli e poi con alcuni amici di Cristina, accorgendosi della presenza della sua auto, una Fiat 500 azzurra, nel parcheggio.
Hanno bussato alla porta dei cappuccini ma nessuno ne sapeva niente, nemmeno lo stesso Padre Lino il quale, il giorno dopo, si era rifiutato di farli entrare coi cani molecolari alla ricerca di qualche traccia della ragazza. Il frate, venuto a mancare nel 2021, negli anni a seguire fornirà inoltre ricostruzioni contrastanti su quel pomeriggio, fino a raccontare di un colloquio in carcere con un giovane sudafricano, arrestato nel 1994 per violenza sessuale, che ammetterebbe di essere l'omicida di Cristina.
Si tratta di Emmanuel Boke, ospite nel 1992 del convento. È stato davvero lui? “Non lo so -risponde Marisa- ma finché non avrò la vera verità il dito lo tengo verso di lui”. Boke, che dopo aver scontato la sua pena ha incontrato personalmente i familiari della giovane, senza però confermare la sua colpevolezza, è successivamente sparito e al momento non si sa dove si trovi.
Alla luce degli ultimi aggiornamenti, però, la madre della 21enne scomparsa non esclude che possa trattarsi di un vero depistaggio. “Ce ne sono stati”, assicura.
Il motivo di questa convinzione è che l'intreccio fra le storie tragiche di Cristina Golinucci e Chiara Bolognesi non solo possa ricondurre alla stessa mano assassina, ma che possa portare anche a una persona inserita nel mondo cattolico cesenate.
“I primi mesi ho difeso il convento, ma poi, visto tutto quello che è successo, ora mi viene da dire che hanno coperto – continua Degli Angeli-. Io sono credente, ma non una bigotta: Padre Lino con quello che ha fatto si è tirato la zappa sui piedi”.
La madre della ragazza, fra le fondatrici dell'Associazione Penelope che si occupa di persone scomparse, dirigendone la sezione emiliano-romagnola, chiarisce però di non avercela con la Chiesa intesa come comunità ecclesiastica, ma parla “di pro e contro” nell'atteggiamento dei suoi membri locali toccati dalla vicenda.
E non risparmia, inoltre, anche l'atteggiamento delle forze dell'ordine, che secondo lei avrebbero potuto agire in maniera diversa, anticipando le ricerche.
"C'è sempre da dubitare, questo fa stare male – sottolinea la donna -. Ormai non ce la faccio più". Nonostante le difficoltà di questi trent'anni di sofferenze, con nel mezzo anche lutti importanti, telefonate e segnalazioni anonime, rivelazioni tardive e puntini che stentano ad unirsi, Marisa Degli Angeli non si è mai risparmiata nella ricerca di verità.
Merito, ammette, anche dell'impegno in prima persona con l'Associazione Penelope. Adesso però spera di non dover continuare col suo appello, quel “chi sa parli” che anche dalla Diocesi di Cesena si è levato dopo la notizia della riapertura delle indagini.
"Non è facile questo periodo", conclude, prima di chiudere col suo ultimo desiderio: poter avere qualcosa della figlia e metterla là dove recarsi ogni giorno per porgere un fiore. "Nella lapide di mio marito c'è già la foto: spero di riuscire a portare lì le sue ossa, assieme al papà", ha terminato.