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Cambiamenti climatici

La lotta per il clima è l’unica che può garantire un futuro di benessere per lavoratrici e lavoratori

La lotta per la giustizia climatica non è solo la lotta di ragazze e ragazzi per il loro futuro, ma anche la lotta delle lavoratrici e dei lavoratori per un presente e un futuro di pace e benessere. L’incontro tra gli operai della fabbrica Gkn e Fridays For Future è un modello importante da seguire.
A cura di Martina Comparelli
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Gli ultimi quindi giorni, in mezzo a tante notizie che parlano di decisioni prese dall’alto, ci regalano tre immagini di azioni nate “dal basso”, che mettono in discussione l'immagine che sembra essersi consolidata nell'opinione pubblica sull'attivismo climatico.

La prima viene dalla Francia, ed è l'enorme mobilitazione contro la riforma delle pensioni di Macron con 800.000 persone che invadono Parigi.

La seconda è quella di un grande corteo italiano, quello organizzato sabato 25 marzo 2023 dal Collettivo di Fabbrica Ex GKN insieme a Fridays For Future e tante altre realtà.

La terza immagine arriva da Washington e ritrae la “Ribellione delle sedie a dondolo” organizzata da attivisti over 50 di fronte a quattro banche statunitensi che, nonostante l’evidente crisi climatica, continuano a investire nei combustibili fossili.

Tre istantanee che scardinano l'immagine dell’attivismo e della politica ecologista che si è sedimentata nell’opinione pubblica: una lotta prevalentemente generazionale, di ragazze e ragazzi in genere benestanti e senza altre preoccupazioni se non l’ambiente. Persone che quindi si possono permettere di protestare per il clima perché non hanno problemi ad arrivare a fine mese.

Mentre la Ribellione delle sedie a dondolo rompe l’idea che siano solo i giovani a manifestare per il clima, sottolineando l’aspetto intergenerazionale del tema e la necessità di dividersi la responsabilità della lotta, il percorso del Collettivo Ex GKN dimostra quanto una vertenza operaia possa essere intrecciata con la riconversione ecologica.

E le proteste e gli scioperi in Francia quindi che c’entrano? Le proteste francesi contro la riforma delle pensioni hanno rotto la narrazione dominante e il mantra che ci ripete“Ama il tuo lavoro. Lavora per passione, non per soldi. Il duro lavoro ti nobilita”. Mettere in discussione come lavoriamo, quanto lavoriamo e per produrre cosa è indispensabile per vincere la battaglia sulla transizione ecologica. E sembra esattamente quello che sta accadendo in Francia: la riforma delle pensioni è stata la scintilla che ha incendiato la prateria.

Mai sentito parlare di “Finite Pool of Worry” ("bacino limitato di preoccupazione")? È la teoria secondo cui gli individui hanno risorse emotive circoscritte da utilizzare per preoccuparsi, di conseguenza riescono ad occuparsi di un numero limitato di problemi. Naturalmente le preoccupazioni più urgenti e impellenti, quelle che mettono a rischio la nostra salute o che riguardano i nostri mezzi di sussistenza (lavoro, affitto, bollette etc), scacciano quelle che appaiono procrastinabili o lontane da noi. La crisi climatica non si presenta in un unico atto, è un crescendo di fenomeni atmosferici estremi, scarsità di risorse e impatti sulle vite umane. E per questo difficile da percepire come un evento unitario. Le preoccupazioni legate alla nostra vita materiale sono invece lì, di fronte ai nostri occhi in ogni momento.

Eppure il lavoro è profondamente influenzato dalla crisi climatica e dalle sue cause, conseguenze e soluzioni. Pensiamo ad esempio ai continui investimenti nei combustibili fossili, che fanno prefigurare degli “stranded assets” (beni incagliati) e, di conseguenza, ingenti perdite economiche. I dipendenti delle compagnie che stanno ancora pianificando questi investimenti saranno i primi ad andarci di mezzo. Oppure consideriamo i posti di lavoro persi a causa degli eventi atmosferici estremi ,o le pessime condizioni di lavoro di chi dovrà faticare all’aperto durante le calure estive. La transizione ecologica si renderà sempre più inevitabile e la riluttanza delle aziende inquinanti a prenderne atto graverà su tutti i lavoratori.

Insomma non è possibile parlare di clima e ambiente, senza parlare di lavoro, ovvero di come e cosa produciamo.

Per anni le aziende hanno ricattato (e continuano a farlo) i lavoratori in questo modo: se diamo retta agli ecologisti siete voi che perdete il lavoro. È accaduto ad esempio di fronte alle richieste di dismettere produzioni nocive e inquinanti. E purtroppo spesso ha funzionato, pensiamo all'Ilva di Taranto in Italia. Quello che invece è necessario è rompere questo ricatto: vogliamo un lavoro sicuro, produzioni che non avvelenino i territori e una riconversione ecologica che generi nuovi posti di lavoro, o in ogni caso con la garanzia di nuova occupazione e della continuità del reddito.

Il Collettivo Ex GKN e Fridays For Future stanno provando a fare qualcosa di davvero nuovo, di farlo sul serio, non solo teorizzando un'alleanza tra classe operaia e movimenti ecologisti. Insieme stanno per proponendo un modello alternativo di produzione e lavoro, spingendo su un piano di re-industrializzazione con i lavoratori al timone unico nel suo genere. Sulla scia di altre forme di workers buyout come le empresas recuperadas in Argentina, il piano mira a utilizzare la conoscenza dei processi produttivi dei lavoratori e le sinergie con il mondo universitario (in particolare con il Centro Artes 4.0 dell’Università di Firenze) per riconvertire e rilanciare la fabbrica.

La direzione è quella della transizione ecologica, con due opzioni: continuare a produrre componenti meccanici ma destinarli a mezzi pubblici sostenibili o passare alla produzione di elettrolizzatori per la produzione di idrogeno verde. Entrambe le traiettorie contribuirebbero a un progetto più ampio di mobilità sostenibile, per cui sarà importante che il modello Ex-GKN sia replicato in altre fabbriche. Infatti la solidarietà e capacità di tessere relazioni con il territorio e altre attività produttive sono altri fattori imprescindibili per la riuscita del progetto. Servirà anche del capitale per avviare la nuova produzione e al momento il Collettivo sta raccogliendo i primi fondi tramite le donazioni a un crowdfunding sostenuto anche da Fridays For Future Italia, Banca Etica e Arci. Dopo l’estate 2023 si passerà a una fase di equity crowdfunding per piccoli, medi e grandi investimenti.

Non possiamo permetterci che il progetto Ex GKN cada nel vuoto o che rimanga un caso isolato, per quanto virtuoso. Chi lotta per il clima non può ignorare la classe lavoratrice, e viceversa. O meglio, non solo giovanissimi e studenti, a lottare per il clima sono anche i lavoratori e le lavoratrici: siamo noi la maggioranza, quelli che che vogliono un futuro di benessere per tutte e tutti, non solo per chi si potrà permettere di sfuggire agli effetti della crisi climatica.

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Sono un'attivista per il clima e la giustizia sociale. Dopo il master in Emergenze Umanitarie alla LSE e un corso professionale in Cambiamento climatico e salute a Yale, ho lavorato a progetti di partecipazione cittadina. Scrivo per Fanpage, Maremosso e occasionalmente altre testate. Ho collaborato a "Genova per chi non c'era" edito da Altreconomia e "Guida Rapida alla Fine del Mondo" edito da Cantiere delle Idee.
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