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Covid 19

La lettera di un docente: “Troppe incognite sulla regole a scuola, come lo spiego ai miei ragazzi?”

La lettera di Marco Moschini, professore italiano, a Fanpage.it in vista della riapertura della scuola in programma il prossimo 14 settembre in Italia, seppur con le dovute differenziazioni regionali: “Come lo spiego ai ragazzi? Sono un insegnate preoccupato ma felice che la scuola riparta in presenza tra pochi giorni. Possiamo anche cercare di nascondere alla vista la polvere della nostra ipocrisia, sapendo che i giovani non ne comprendono fino in fondo i dettagli, ma loro hanno occhi di lince e la individuano al volo”.
A cura di Ida Artiaco
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Manca ormai poco alla riapertura delle scuole in Italia. Dopo sei mesi di stop a causa del lockdown per contenere l'emergenza Coronavirus, tra una settimana esatta, il 14 settembre, la maggior parte degli studenti italiani, con le dovute differenziazioni regionali, tornerà in aula e vi troverà una serie di nuove regole di sicurezza per evitare la diffusione del contagio da Sars-CoV-2. Tra queste, ingressi scaglionati, uso della mascherina, banchi singoli e gel igienizzante ovunque. Tuttavia, sono ancora numerosi i dubbi di insegnanti e personale scolastico su come sarà l'anno 2020/2021. Lo sa bene Marco Moschini, uno dei professori italiani che a breve sarà impegnato di nuovo in classe, e che ha inviato a Fanpage.it una lettera  in cui esprime perplessità e difficoltà sulla ripartenza della scuola nel nostro Paese.

"Come lo spiego ai ragazzi? Sono un insegnate preoccupato ma felice che la scuola riparta in presenza tra pochi giorni. Tra le molte difficoltà che io, i miei colleghi e la dirigente tentiamo di superare per approntare tutte le misure necessarie ad affrontare al meglio il prossimo anno scolastico, ne riscontro una molto personale che sottopongo alla vostra attenzione. Noi adulti sottolineiamo spesso ai ragazzi l’importanza della prudenza e della prevenzione di fronte a un rischio possibile: “Non metterlo in bocca” iniziamo a dir loro nell’infanzia, proseguiamo con “Copriti, fa freddo” e ancora “Allacciati il casco”, “Metti la cintura” o “Telefona quando arrivi”. Di fronte a tutte le incognite che la riapertura della scuola presenta e all’importanza fondamentale per i ragazzi che rimanga aperta e attiva in modo stabile, in presenza di un sensibile aumento dei contagi in Italia e in Europa di cui non sappiamo prevedere l’evoluzione, possiamo dire che sono state messe in atto le misure adeguate per garantire la sicurezza della loro istruzione? Non credo. E non so come spiegarglielo.

Secondo me davvero si poteva fare di più, a cominciare da un aspetto banale: le regole sull’uso della mascherina, quella che è chiaramente ancora la migliore difesa di fronte al Covid-19. Ci siamo spesso lamentati nei confronti degli altri, spesso proprio dei giovani, per l’uso improprio di questo strumento, ma in classe non si potrà educare i ragazzi ad usarla per tutelare gli altri, come dovere civico, come forma di rispetto verso le altre persone. Mi si potrebbe dire che in aula basta il distanziamento, ma la classe non è fatta di statue, grazie a Dio, e noi insegnanti conosciamo bene l’irrequietezza dei ragazzi e la loro tendenza a sottovalutare le regole. Trasgredirle è parte importante della loro crescita, del tentativo di trovare una misura di se stessi in rapporto al mondo; noi insegnanti dobbiamo convivere con questo aspetto e sorridiamo dentro noi stessi vedendo i loro comportamenti e ricordandoci da ragazzi. Ma quest’anno purtroppo per loro, prima che per noi, le regole sono di un’importanza quasi vitale. Come possiamo pensare che disporli senza mascherina a 1 metro dalle rime buccali, cioè la distanza minima che l’OMS prescrive come inderogabile, possa essere per loro un limite invalicabile? Come giustifico ai ragazzi una costrizione assoluta dei loro movimenti?

Spesso poi, quando si parla dei giovani, lo si fa in modo approssimativo, come se costituissero un corpo unico. Lo fanno soprattutto quelli che non sono interessati a loro e non vogliono perdere tempo a cercare di capirli o tanto meno a occuparsene. Ma i giovani, ancor più degli adulti, sono individui diversissimi tra loro e mutevoli di giorno in giorno in quanto in fase di formazione. Conosco ragazzi che hanno reagito di fronte all’emergenza con grande responsabilità e scrupoloso rispetto delle regole, ragazzi che hanno trascurato ogni accortezza e ignorato il problema; in mezzo a questi due estremi c’è tutta una varietà di sfumature di colore. Noi adulti abbiamo lodato chi ha rispettato le regole e stigmatizzato chi non lo ha fatto, ma ora come posso giustificare ai primi il fatto che saranno costretti a finire in qualche occasione, come è inevitabile, in una scuola, a contatto senza precauzioni con chi non le ha mai tenute e non inizierà di certo a farlo spontaneamente ora, o peggio che li deriderà per la loro prudenza o la loro paura, o il loro tenace rispetto delle regole? Spesso si parla della tutela dei più deboli: lo si è fatto più volte anche per l’emergenza della pandemia. Siamo tutti rabbrividiti di fronte agli errori clamorosi dovuti alla fretta e all’impreparazione, alla poca cautela nello spostare positivi nelle RSA e ai focolai che ne sono derivati. Sappiamo che il principale scopo di queste misure di precauzione è proprio quello di preservare la salute dei più fragili. Conosco purtroppo alunni che hanno fratelli, madre, padre o congiunti conviventi gravemente immunodepressi perché sottoposti a trapianto, in cura per un cancro…

Non è prevista dalle norme nessuna tutela indiretta per alunni con familiari a rischio. Come rassicuro questi studenti di fronte alla paura di essere contagiati in classe e portare da asintomatici il Covid-19 a casa? Come spiego loro che noi, per tutelare la salute della loro famiglia e la serenità del ritorno alle loro abitazioni, non indosseremo in classe la mascherina? Parliamo spesso di Europa e di istituzioni sovranazionali, sottolineando il patrimonio comune di ideali, cultura, valori che lega le nazioni che ne fanno parte. Critichiamo anche l’Europa quando non sa essere pronta e unita, come nella fase di sbandamento dovuto all’emergenza improvvisa e ci rallegriamo quando si trova un accordo, come con il Next Generation EU, per un’azione comune e più coordinata. La Scuola riapre con regole incredibilmente diverse: in Spagna la mascherina verrà indossata in classe a partire dai 6 anni di età , in Francia la mascherina è obbligatoria dagli 11 anni, in Italia in classe non dovrà essere indossata, ma usata soltanto negli spostamenti. Come lo spiego ai ragazzi?

Recentemente l’OMS, dopo un lungo dibattito, in seguito a nuove evidenze scientifiche che costituiscono indizi seri, ha accettato esplicitamente la possibilità che il Sars-Cov-2 possa trasmettersi per via aerea, non solo tramite aerosol prodotti da particolari pratiche mediche, a distanze di svariati metri, particolarmente in ambienti chiusi. Come giustifico che, nonostante questa nuova posizione, sopravvenuta alla metà di agosto, non sia stata prevista nessuna cautela in più per questa evenienza che, se confermata, renderebbe inefficace in aula il distanziamento previsto? Mi trovo in difficoltà, non solo perché temo che ad essere messa a rischio sia la mia salute e quella dei miei familiari (non posso nascondere di avere paura), non solo per il timore che si perda un altro anno di lezioni in presenza che sono così importanti per fare Scuola in modo efficace, ma anche per il rischio che i miei alunni siano messi di fronte a un altro grave fallimento degli adulti da cui molto si aspettano e da cui molto meriterebbero; quando sarò di fronte a loro, anche quest’anno in classe, temo di non poterglielo giustificare. Perché noi possiamo anche cercare di nascondere alla vista la polvere della nostra ipocrisia, sapendo che i giovani non ne comprendono fino in fondo i dettagli, ma loro hanno occhi di lince e la individuano al volo". 

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Da sempre appassionata di informazione, dopo aver frequentato la Scuola di Giornalismo presso l'Università Luiss Guido Carli, divento giornalista professionista nel 2011 a 24 anni. Dopo aver fatto stage a Rai News e al TG5, con esperienze di lavoro in varie agenzie di comunicazione di Brand Journalism e collaborazioni con Wired e Il Messaggero, sono approdata nel 2016 nella redazione napoletana di Fanpage.it. Qui mi occupo di cronaca nazionale ed estera, con un occhio di riguardo al mondo della scuola e delle problematiche giovanili. Il mio sogno? Viaggiare più veloce di quanto scrivo.
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