Cara Fanpage.it,
vi prego di pubblicare questo mio pensiero, chiedendovi di non pubblicare il mio nome.
Avrete presente l'aggressione di ieri sera al capotreno a Milano Villapizzone.
Sono un capotreno anch'io, ormai da qualche anno.
Carlo, il ragazzo aggredito ieri, è mio coetaneo: ha 31 anni, una moglie e un bambino di pochi mesi.
La sua unica colpa è di aver chiesto ad alcuni viaggiatori di esibire un biglietto: la risposta a questa richiesta è stata un colpo di machete.
Riccardo, un altro collega che si trovava sullo stesso treno, anch'egli aggredito per aver tentato di difenderlo, prima di svenire per un trauma cranico, è riuscito a fermare l'emorragia di Carlo con la sua cintura.
Questo potrebbe sembrare – agli occhi dei più – un episodio isolato. Gravissimo, ma isolato. Ebbene non è così.
Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito ad un'escalation di aggressioni nei nostri confronti: prima ci siamo visti rivolgere contro gli insulti. E quando questi non bastavano più sono arrivati gli sputi, anche in pieno volto.
Poi è stato il turno dei ceffoni, poi dei pugni (io stesso me ne sono preso uno in pieno volto per difendere un collega).
Poi siamo arrivati ai pestaggi (drammatico nel 2008 quello che è quasi costato la vita ad un mio anziano collega, tutt'ora in servizio).
Ieri è stato il turno del tentato omicidio.
Quando ho saputo ciò che era accaduto, chissà per quale strana reazione psicologica, mi sono tornate in mente le frasi che i nostri capi ci hanno rivolto nel corso degli anni.
Un ex dirigente di Trenord, per esempio, a una giovanissima capotreno che aveva appena subito la frattura del setto nasale con un pugno, disse: "Se ti avesse presa un po' meglio ora ti darei 30.000 euro!"
Un altro mio collega, dopo aver raccontato a un tutor (una figura che rasenta l'inutilità, in ferrovia) di un'aggressione subita a causa della richiesta di esibizione di un biglietto, si è sentito rispondere: "Devi analizzare l'esperienza avuta per capire dove hai sbagliato…"
Un altro nostro capo, durante un intervento in un corso di formazione, parlando del personale viaggiante (quindi anche dei macchinisti) disse: "La vostra sicurezza è un lusso che non possiamo permetterci".
Ecco perché vi dico che questo non è un episodio isolato.
Oggi Carlo è ancora ricoverato in terapia intensiva; Riccardo è "solo" molto scosso ma sta bene. E' un vero e proprio eroe lui.
Ora bisogna solo sperare che i medici riescano a far recuperare la piena funzionalità del braccio a Carlo; se lo merita, sai? Perché a 31 anni hai tutto il diritto di tornare dal lavoro, e di tornare con tutte e due le braccia.
E con quelle braccia hai tutto il diritto di prendere in braccio tuo figlio e cullarlo.
Ora vado a finire di piangere, scusami.