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La lettera di Paolo Siani contro la fiction “Pupetta”

Il presidente della Fondazione Pol.i.s., che sostiene la lotta alla criminalità organizzata e i familiari delle vittime innocenti, in una lettera a Fanpage contesta la natura della fiction di Canale 5: “Raccontiamo l’Italia che ha messo al primo posto la legalità. Parliamo di criminalità, ma dalla parte giusta”.
A cura di Redazione
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Pubblichiamo questa mattina una lettera di Paolo Siani, fratello di Giancarlo, giornalista ucciso per mano della camorra e presidente della fondazione Pol.i.s. a sostegno dei familiari delle vittime di criminalità organizzata. Si tratta di una lettera inviata a Fanpage che muove i suoi primi passi dalla discussa fiction di Canale 5 Pupetta, il coraggio e la passione con protagonista Manuela Arcuri, in onda per quattro puntate, che narra in maniera edulcorata e fuorviante le vicende di Assunta Maresca. Già nei giorni scorsi, prima della messa in onda, era stato espresso generale dissenso nei confronti dei toni coi quali la fiction affrontava la reale vicenda. Qui di seguito le parole del presidente:

Esiste anche un'altra Napoli da raccontare che invece viene spesso ignorata, una Napoli ferita ma che si ribella, la Napoli delle vittime innocenti della criminalità. Sono storie spesso sconosciute che noi stiamo raccontando una a una attraverso le testimonianze dei familiari, sono storie dolorose che mostrano la sofferenza, e la crudele violenza criminale. Noi ci stiamo impegnando a rendere note le storie delle vittime, e stiamo provando a raccontarle tutte, sono le storie di uomini e donne che, seppur offesi nella dignità, negli affetti e nella memoria, hanno saputo reagire,rielaborare il loro dolore, trasformandolo in impegno civile. Uomini e donne che non fanno notizia che purtroppo non vedrete in TV, le cui storie non saranno raccontate in fiction televisive ma che esistono, che per fortuna esistono. 

E sono la parte buona della nostra società, quella che noi abbiamo scelto di raccontare, e che non si vendica con la violenza ma che chiede giustizia in un'aula di tribunale, e che non sempre la ottiene. Ma crede fortemente nella giustizia. Sono uomini e donne che seppur feriti continuano a lottare per tenere vivo il ricordo dei loro cari, continuano a fare il loro lavoro e contemporaneamente si impegnano nelle scuole, nei carceri minorili, alle università per parlare di legalità, di non violenza, senza spirito di vendetta. Cercateli, li troverete e avranno tanto da raccontare, racconteranno un'Italia diversa, un'Italia che ha al primo posto la legalità. Sappiamo bene purtroppo che i nomi e le storie dei boss della malavita sono ben conosciuti anche tra i nostri giovani, e che forse fanno audience, ma noi abbiamo la presunzione di credere che prima o poi uno sceneggiatore, un regista, un produttore si appassioni e racconti sole le storie di Mimmo Beneventano, Teresa Buonocore, Mena Morlando, Gelsomina Verde, Palma Scamardella uccisi dalla violenza criminale, o di Giovanni Spampinato, Beppe Alfano, giornalisti uccisi perché avevano il coraggio di raccontare. 

Provate a leggerle queste storie, troverete ispirazioni per le vostre opere, provate a parlare con i familiari delle vittime innocenti della criminalità scoprirete un mondo nuovo, appassionante che sarà entusiasmante raccontare. Perché se un giorno troverete la voglia e la forza di farlo aiuterete i nostri ragazzi a prendere esempio da questi eroi. Crediamo che sia giunta l'ora di raccontare la storia della criminalità del nostro paese ma dalla parte giusta, quella delle vittime, non da quella dei carnefici. Raccontare queste storie e non altre aiuta a capire, aiuta a non perdere la voglia e l'energia di ribellarsi, aiuta a scegliere da che parte stare, evita il rischio dell'assuefazione, del rassegnarsi, del pensare che in fondo è un fenomeno che non ci tocca, che é lontano da noi. Vorremmo che tutti comprendessero che anche così si costruisce un Paese migliore.

Paolo Siani

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