La guerra dei pini di Comacchio: “Pronti a tutto pur di salvare i 47 alberi a rischio”
Nei giorni in cui i grandi del mondo si riuniscono per provare a porre un freno all'impatto dell'uomo sulla natura, cercando soluzioni alternative in tema di deforestazioni e cambiamenti climatici, dall'Emilia-Romagna arriva il grido d'allarme di alcuni cittadini che si oppongono ad un progetto urbano che prevede l'abbattimento di quasi cinquanta alberi. È infatti una vera e propria “guerra dei pini” quella che si sta consumando da tempo al Lido degli Estensi, località del Comune di Comacchio, nel Ferrarese, dove dal 2016 si discute di un progetto di riqualificazione di viale Carducci, nel cuore del paese, che non lascerà scampo a 47 alberi. Si tratta prevalentemente di pini marittimi e domestici e di un paio di querce che dovranno lasciare spazio al restyling della strada, con tanto di pista ciclabile, lavori ai sottoservizi e percorsi pedonali, ma senza trovare l'appoggio compatto di cittadinanza, associazioni ambientaliste e commercianti. Le raccolte firme e le rimostranze nei confronti del Municipio vanno avanti da tempo e anche all'interno dello stesso consiglio comunale c'è chi ha manifestato le proprie perplessità fino all'ultimo momento, eppure nulla ha convinto la giunta a cambiare idea.
Per l'esattezza, il progetto di viale Carducci è un'eredità lasciata dalla vecchia amministrazione, quella guidata dall'ex grillino Marco Fabbri, oggi in Regione col Pd, alla nuova maggioranza che è stata eletta un anno fa, a trazione centrodestra. La linea è rimasta pressoché la stessa e, con estrema sincerità, l'attuale assessore all'ambiente del Comune di Comacchio, Antonio Cardi, ai microfoni di Fanpage.it ammette: “La scelta è politica”. Tradotto: il parlamentino locale, in accordo con la giunta, ha detto di sì al progetto nonostante la consapevolezza che si sarebbe potuto trovare un'alternativa, ma le risorse economiche sono quelle che sono e i tempi per intervenire troppo brevi. Ma andiamo con ordine.
Nel 2016 si comincia a parlare della riqualificazione del viale storico contraddistinto dai suoi maestosi pini, alcuni piantati nei primi anni novanta, altri addirittura a inizio del secolo scorso per iniziativa del ferrarese Italo Balbo. Pian piano il verde ha lasciato il posto ai palazzi, ma una parte della pineta è rimasta intatta. Poi, tramite un concorso di idee, la giunta di Marco Fabbri (che nel 2012 insieme all'altro ex pentastellato Federico Pizzarotti a Parma è stato tra i primissimi grillini vincenti alle amministrative) aveva selezionato un progetto che consentiva di mantenere i pini e riqualificare la strada, senza però portare nulla a compimento. Intanto nel 2019, un altro progetto, stavolta affidato in maniera diretta ad Acer, l'agenzia regionale che si occupa di edilizia popolare, ha preso il suo posto, dimenticandosi degli alberi, ma mancanza di uno strumento più adatto per una selezione aperta alla gestione del progetto ha cambiato le carte in tavola e Acer si è così defilata, mentre nel frattempo in Comune c'è stato l'avvicendamento fra la maggioranza guidata da Fabbri e quella attualmente capeggiata dal sindaco Pierluigi Negri, avvocato appoggiato dal centrodestra.
Cambiano le amministrazioni e i progettisti, ma le sorti dei pini restano le stesse. Wwf, Legambiente, sindacati, Friday for Future e numerose altre realtà di volontariato sensibili a certi temi si uniscono così alla battaglia capeggiata dal Comitato cittadino di Salvaguardia Civico Ambientale e al Consorzio Lido degli Estensi, composto dai commercianti della località, preoccupati dall'impatto ambientale ed economico, con temute ricadute sul turismo e agli affari conseguenti al progetto. “Abbiamo fatto un sondaggio e molti turisti hanno ammesso che non verranno più qui se scompaiono i pini, che sono la caratteristica primaria del nostro territorio -spiega Adamo Pavan, presidente dello stesso consorzio-. Qui si vuole desertificare e cambiare l'immagine dei nostri lidi. È inconcepibile. Non molleremo fino all'ultimo respiro, siamo pronti a incatenarci agli alberi”. Disposta a tutto anche Paola Batistini, anima del comitato, che aggiunge: “Non esiste alcuna perizia che certifichi che questi alberi sono pericolosi”. Di tasca propria, hanno quindi provveduto a farne una gli stessi attivisti del comitato, scoprendo così che su 47 alberi solo 3 sarebbero oggettivamente da abbattere (“E non perché malati, ma perché finora potati malissimo”) e che una decina sono invece da controllare meglio circa la loro stabilità, in quanto vicino a case e muretti.
Nonostante le ragioni dei cittadini che si oppongono al progetto, appellandosi pure alle conseguenze che riguardano il microclima garantito dai pini, alla singolarità del territorio ferrarese, alla convivenza con le numerose specie animali che si posano sui loro rami arrivando dal vicinissimo Parco del Delta del Po e alla scelta di nuove piantumazioni completamente diverse da quelle oggi presenti (anche se l'assessore Cardi assicura tramite Fanpage.it l'apertura di un dialogo proprio su questa decisione), dal Comune si è decisi a proseguire e pure velocemente. I lavori, che sarebbero dovuti partire mesi fa e poi a inizio novembre, dovrebbe definitivamente slittare entro e non oltre la fine dell'anno. Il costo complessivo è di poco inferiore agli otto milioni di euro e comprende anche un finanziamento regionale da 2,8 milioni di euro, che impone il termine dei lavori entro il 2022 (“Preciso che la Regione non ha posto alcun tipo di vincolo sulle alberature” sottolinea Cardi), e un altro del Consorzio Acque Delta Ferrarese.
“Gli alberi vanno tolti perché le radici dei pini domestici danneggiano le pavimentazioni stradali. E ricordo che questo è un progetto elaborato dalla passata amministrazione -spiega infine l'assessore-. Il tema è che c'è una ragione di costi e ottimizzazione delle risorse per fare un intervento duraturo. La proporzione della sostituzione sarà di 47 alberi tagliati che saranno sostituiti con 102 nuove alberture, con radici più consone alle pavimentazioni stradali, e 94 arbusti. Sicuramente ci sono state in altre zone di Italia, ad esempio a Lignano Sabbiadoro, lavori di riqualificazione che hanno mantenuto le alberature esistenti, nello specifico i pini, con interventi di contenimento delle radici mediante dei cassoni di cemento armato, ma con costi estremamente più elevati”. Una soluzione del genere sarebbe pure gradita dai comitati, però i conti non tornerebbero. La guerra dei pini, salvo colpi di scena che solo altre autorità potrebbero condizionare, ad esempio quella giudiziaria, sembra quindi destinata ad un epilogo già scritto.