Interrogata Irina Aleksandrova: era presente all’incontro tra Matteo Salvini e il vicepremier russo
Irina Aleksandrova, la giornalista russa ascoltata per ore dai magistrati della procura di Milano, è una testimone chiave per capire i contorni dell'inchiesta Moscopoli. Non tanto quelli finanziari, discussi il 18 ottobre del 2018 all'Hotel Metropol e già noti, ma quelli politici. La cronista dell'agenzia di Stato Tass – ha ricostruito Fanpage.it – era infatti presente la sera del 17 ottobre a Mosca, all'incontro riservato tra il leader della Lega e il vicepremier russo Dimitry Kozak. Il meeting mai smentito da Matteo Salvini, in cui l'allora vice presidente del Consiglio italiano parlò segretamente con il suo omologo russo, l'uomo del Cremlino con la delega agli affari energetici. Salvini fa questo incontro la sera che precede il cosiddetto scandalo Metropol ovvero la riunione tra il suo ex portavoce, Gianluca Savoini, e manager russi che avrebbero dovuto offfire un finanziamento occulto alla Lega da 65 milioni di dollari mascherato da compravendita di gasolio. L'incontro con Kozak è servito a dare il beneplacito politico all'operazione?
Aleksandrova potrebbe aver fornito ai magistrati italiani qualche informazione in più su quel meeting riservato, tenutosi nello studio moscovita dell'avvocato Vladimir Pligin, al numero 43 di Sivtsev Vrazhek, e proseguito con una cena. Una serata a cui lei partecipò come traduttrice. Sono informazioni che riguardano per la prima volta Salvini in persona. Nelle poche situazioni in cui è stato chiamato a rispondere seriamente su Moscopoli, l'ex vicepremier finora si è sempre difeso scaricando la responsabilità su Savoini, dicendo di non sapere nulla della trattativa al Metropol e ricordando che la Lega non ha mai ricevuto soldi da Mosca. La legge italiana prevede però che sia un reato anche la tentata corruzione e il finanziamento illecito a un partito. Proprio queste sono le accuse per cui indaga la procura di Milano.
Partita dopo le rivelazioni pubblicate lo scorso febbraio su Il Libro Nero della Lega e anticipate da L'Espresso, l'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e portata avanti dai pm Sergio Spadaro, Donata Costa e Gaetano Ruta ha finora portato all'iscrizione nel registro degli indagati di Savoini, ex portavoce di Salvini e presidente dell'associazione Lombardia Russia, l'avvocato Gianluca Meranda e il consulente bancario Francesco Vannucci. Sono i tre italiani che il 18 ottobre erano seduti a un tavolino della hall Metropol a trattare il finanziamento alla Lega con tre russi, due dei quali sono manager molto in vista a Mosca. Andrey Kharchenko è in stretti rapporti con il filosofo dell'estrema destra russa Aleksandr Dugin, a fasi alterne ben considerato da Vladimir Putin. E Ilya Yakunin è molto vicino a Pligin: l’avvocato che la sera prima aveva ospitato l’incontro Salvini-Kozak.
La trattativa, provata dagli audio pubblicati lo scorso luglio da Buzzfeed, era pensata per finanziare la Lega alla vigilia delle ultime elezioni europee attraverso una mega compravendita petrolifera. Tre milioni di tonnellate di gasolio venduti da una società pubblica russa a Eni, l'azienda di Stato italiana (che si è sempre dichiarata estranea alla vicenda). Un affare da cui, dicevano Savoini e le altre persone presenti al Metropol, la Lega avrebbe ricavato il finanziamento da 65 milioni di dollari. Che c'entra la corruzione ipotizzata dalla procura? Per capirlo bisogna tornare a quanto detto quel giorno al Metropol da Savoini. Il piano prevedeva che il gasolio venisse venduto dalla major russa con uno sconto minimo del 4 per cento sul prezzo Platts, il principale riferimento del settore. Quel 4 per cento di sconto sarebbe stato il finanziamento per la Lega. Su richiesta dei russi, però, a un certo punto le parti si accordano affinché lo sconto sia maggiore, ipotizzano un 6 per cento. Con la promessa che tutto quanto superiore al 4 per cento venga restituito ai russi. «Questa è una garanzia, loro prendono pure 400… quel cazzo che devono prendere, ma è una garanzia», dice Savoini ai connazionali in una pausa della riunione. Insomma, una tangente per i russi seduti al tavolo: questa è l'ipotesi dell'accusa.
La trattativa del Metropol non è finita quel 18 ottobre a Mosca. Qualche mese dopo, come documentato da L'Espresso, sono partite le offerte commerciali per l'acquisto del gasolio. Documenti inviati da Gianluca Meranda e Gianluca Savoini prima a Rosneft e poi a Gazprom, con condizioni molto simili a quelle ipotizzate al tavolino della hall del Metropol, compreso il rialzo dello sconto oltre il 4 per cento. La testimonianza di Irina Aleksandrova potrebbe aiutare i magistrati anche su questo punto. Perché è stata lei a tradurre per Savoini la risposta di Gazprom all'offerta del leghista. La donna di fiducia della Lega in Russia. Presente agli incontri istituzionali di Salvini e a quelli privati. E coinvolta anche nelle offerte di Savoini per finanziare segretamente la Lega con soldi russi. I magistrati di Milano hanno segretato il contenuto della sua deposizione. Alla nostra richiesta di commento, la dipendente dell'agenzia di Stato Tass non ha risposto.