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La famiglia di Davide Piampiano: “Nostro figlio gravemente ferito ma Piero Fabbri non l’ha soccorso”

Piero Fabbri “non solo non ha chiamato i soccorsi ma, di fronte a Davide ancora cosciente e che implorava il suo aiuto, con un cinismo senza pari, ha iniziato a raccontare al telefono che Davide, ripetiamo ancora cosciente e vicino a lui, si era sparato da solo”. L’uomo è accusato di omicidio volontario.
A cura di Davide Falcioni
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A un mese esatto dalla morte di Davide Piampiano, il 24enne deceduto durante una battuta di caccia sul monte Subasio, i suoi familiari hanno deciso di rompere il silenzio per rispondere a una serie di dichiarazioni rilasciate di recente dall'avvocato di Piero Fabbri, il 56enne muratore di Assisi accusato di omicidio volontario con dolo eventuale per aver sparato al giovane.

"Alcune affermazioni apparse in questi giorni non corrispondono alla realtà dei fatti" si legge nella lettera con la quale la famiglia di Davide ha ricostruito l'accaduto nel dettaglio. "Erano le ore 17,10 dell’11 gennaio 2023 e non, quindi, le 17,30 come asserito, quando Piero Fabbri ha sparato a Davide. Non era certamente ancora buio, né sul posto vi è folta vegetazione, come abbiamo potuto constatare andando sul posto, né vi è stato alcun latrato di cane. Davide era un ragazzo alto un metro e 84 e indossava un giaccone ad alta visibilità. È stato gravemente ferito ma Fabbri non ha chiamato i soccorsi, anche per guidarli, essendo un profondo conoscitore della zona abitandoci".

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La lettera continua: "Ancora non sappiamo se per Davide non ci fosse nulla da fare, ma se anche l’esito a posteriori fosse risultato scontato, Piero Fabbri, il muratore di Assisi, come definito dagli organi di stampa, che competenza aveva per stabilirlo a priori? Sapeva con cognizione di causa quale organo era stato colpito e che ogni tentativo sarebbe risultato inutile? Se vi fosse stata anche solo una possibilità su un milione che Davide si salvasse, lui doveva fare tutto ciò che era umanamente possibile fare e, anzi, tentare l’impossibile".

Invece "non solo non ha chiamato i soccorsi ma, di fronte a Davide ancora cosciente e che implorava il suo aiuto, con un cinismo senza pari, ha iniziato a raccontare al telefono che Davide, ripetiamo ancora cosciente e vicino a lui, si era sparato da solo, ha scaricato il suo fucile e ha iniziato a manomettere la scena del delitto. Se anche fosse stato convinto che di lì a poco Davide sarebbe morto, ci saremmo aspettati per il legame che c’era tra loro, che stesse lì a tenergli la mano, ad accompagnarlo, ad accarezzarlo, invece che dare inizio a quella serie di menzogne, perpetuate per quasi venti giorni e che ancora oggi continuerebbe a ripetere, se non vi fossero state le immagini della Go-Pro, che lo hanno inchiodato inequivocabilmente".4

Secondo i familiari di Davide Piampiano, Fabbri ebbe la lucidità necessaria per pensare innanzitutto a salvare sé stesso e la sua reputazione: "Come già detto – si conclude la lettera – , spetterà ai giudici dare le valutazioni giuridiche sul comportamento di Fabbri, non cerchiamo vendetta ma solo giustizia, consapevoli che tali due concetti siano profondamente diversi. La prima apparterrebbe a pochi, la seconda dovrebbe essere e crediamo che sia, per la vicinanza sincera dimostrataci da tantissime persone, desiderio di una intera comunità civile".

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