La dura vita a Kampala, capitale dell’Uganda: “Crescere qui non è facile”
Caotica e con tante contraddizioni. Da una parte qualche palazzone e poche strade asfaltate, quelle dove qualche soldo ci passa per davvero, dall’altra una serie infinita di case costruite anche con la prima cosa che capita. E poi una marea continua di gente che si riversa continuamente per strada, a piedi, in taxi, in auto o col motorino, anche fino a notte fonda. Al buio. Perchè i lampioni sono come delle mosche bianche e perché da queste parti è sempre il momento giusto per fare affari, tornarsene a casa con un po’ di carne acquistata per strada oppure riuscire a piazzare all’ultimo momento un vestito o frutta di giornata.
Ecco Kampala, la capitale dell’Uganda. La metropoli più ambita dagli abitanti dei villaggi del Paese, che nel caos della grande città cercano fortuna ogni giorno. “Lo stipendio medio qui è di 20.000 o 30.000 scellini, 300.000 all’anno. Circa 1.000 dollari americani” spiega padre Elie Nyandwi, direttore della missione dei salesiani a Namugongo, una trentina di chilometri da Kampala. Presenti dal 2006 e da dieci anni sostenuti dalla onlus Missioni Don Bosco di Torino, qui i salesiani gestiscono il Calm, "Children And Life Mission", accogliendo ogni giorno circa 150 bambini e adolescenti vulnerabili, evitando che finiscano nei guai.
“In Uganda c’è criminalità perché la gente è povera -sottolinea padre Elie-. L’economia si basa sul piccolo commercio e trovare lavoro è molto difficile, soprattutto per i più giovani che quindi devono cercare tanti modi per sopravvivere”. Per questo in molti si trovano poi coinvolti in giri poco raccomandabili, correndo inoltre il serio rischio di venire travolti dalla dipendenza di alcol, droga o di contrarre malattie sessualmente trasmissibili. “La maggior parte ha l’Hiv” ricorda infatti il direttore della missione salesiana. Una missione che attraverso l’educazione punta a tenere lontano dalla strada i più giovani.
Molto lentamente il Paese sta provando a rilanciarsi economicamente, anche grazie agli investitori stranieri (ultimi arrivati i cinesi), ma il divario all'interno della popolazione resta. E gran parte della gente continua a fare fatica per un’infinità di ragioni. “La situazione non è buona” sottolinea padre Elie, direttore di un centro, quello di Namugongo, con una scuola primaria e una materna. A frequentarle ci sono anche orfani e rifugiati fuggiti dai vicini Sud Sudan, dal Burundi e dal Ruanda. E poi ragazzi con situazioni familiari difficili ma che comunque sanno come affrontare quotidianamente le numerose difficoltà rimanendo sempre sorridenti. “Alcuni vogliono diventare preti, altri militari e altri ancora businessman”.
Il progetto della scuola elementare salesiana a Namugongo è iniziato nel 2015 per iniziativa del salesiano coadiutore HubertTwagirayezu, il quale per la sua realizzazione ha chiesto aiuto alla Procura Missionaria Salesiana di Torino, Missioni Don Bosco. Si è così compiuta la “fase uno”: tinteggiatura integrale dell’edificio preesistente, acquisto dei banchi e costruzione di un edificio di supporto tecnico. Adesso, dice padre Elie, è necessario completare i bagni, anche con l’aiuto di chiunque altro ne abbia voglia.