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La denuncia choc del papà di Lorys: “Sui social insultano il fratellino”

Traffico di stupefacenti e armi, mafia e affari loschi: così è stato diffamato Davide Stival, papà del piccolo ucciso a 8 anni nel Ragusano, adesso autore del libro “Nel nome di Lorys”. E la rabbia dei social si scaglia anche contro il fratellino.
A cura di Fabio Giuffrida
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L'omicidio del bimbo di 8 anni strangolato il 29 novembre 2014 a Santa Croce Camerina – adesso raccontato nel libro "Nel nome di Lorys" – ha messo a dura prova Davide Stival, papà del piccolo, che non solo ha subito la perdita del figlio ma ha anche dovuto sopportare insulti, offese, minacce e accuse infamanti. "È stato sconvolgente come il web si sia diviso, pro o contro Veronica Panarello. Sono stati capaci di bassezze ma anche di attacchi volgari e violenti molto forti. Vi sono stati persino insulti nei confronti miei, del fratellino di Lorys e di Davide. Una persona minacciò il papà di Lorys dicendogli che sapeva dove si trovava il bimbo e che sarebbe andato a prenderlo all'asilo. Immaginate la nostra l'ansia" ha raccontato a Fanpage.it Daniele Scrofani, legale di Davide Stival.

E non è finita qui. Davide faceva l'autotrasportatore: Lorys – come ha raccontato il papà a Fanpage.it – era innamorato del suono del clacson del suo camion. Anche in questo caso, però, la sua buona fede venne messa in discussione:  "Gli attacchi che arrivarono a Davide furono stravaganti e fantasiosi. Nelle intercettazioni ambientali, ovvero i colloqui in carcere tra Veronica e i suoi parenti, si ipotizzava che il bimbo fosse stato ucciso perché Davide aveva dei traffici illeciti, un traffico di stupefacenti nell'asse verso la Campania o addirittura si parlava del suicido di un finanziere subdolamente collegato alla vicenda. A tutti costi bisognava trovare un colpevole diverso rispetto a quello che era evidente che fosse" ha aggiunto il legale Daniele Scrofani a Fanpage.it, anche lui – insieme al giornalista di "Quarto Grado" Simone Toscano – autore del libro "Nel nome di Lorys".

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Ecco di quali accuse parla l'avvocato. Basta spulciare i faldoni dell'inchiesta per scoprire che in carcere furono avanzate diverse ipotesi sull'omicidio del piccolo Lorys: dal traffico di stupefacenti a quello di armi fino a parlare di mafia"In un clima a tratti surreale […] la Panarello afferma che Davide era amico di due soggetti finiti in carcere per tali motivi (si riferisce ad armi e droga, ndr). La Stival (la zia Antonella Stival, ndr) non solo concorda pienamente con la tesi della Panarello, secondo la quale il marito è coinvolto o comunque è a conoscenza dell'identità degli aguzzini, ma addirittura rincara la dose asserendo che l'omicidio può essere stato generato da una situazione debitoria di Davide che non è da escludere spendeva tutti i suoi soldi a prostitute". Dichiarazioni che risalgono a febbraio 2015.

Sempre la zia Antonella Stival – stando alla ricostruzione degli inquirenti – avrebbe raccontato a Veronica "che la zona in cui è stato ritrovato il corpo di Lorys era sotto osservazione dal 2013 da parte delle forze dell'ordine in quanto zona in cui venivano effettuati traffici illeciti di armi e droga. Antonella concludeva dicendo che, secondo lei, in tutto questo c'era l'impronta della mafia". Quando Veronica, assai scettica, le chiese perché avrebbero dovuto toccare suo figlio, questa è stata la risposta: "Antonella risponde che tanti bambini sono stati vittime delle mafia". 

Poi, però, i parenti della Panarello fanno un (piccolo) dietrofront: "Antonella racconta a Veronica che è venuta fuori una storia sul conto di Davide, ma non sa se è vero o meno, e spiega che, come a tutti gli autotrasportatori, gli è stato proposto di fare un trasporto di un carico droga e Davide si sarebbe rifiutato". In questo traffico illecito – sempre secondo le loro dichiarazioni riportate nelle carte dell'inchiesta – sarebbe stato coinvolto un "finanziere che si è suicidato" e sempre legato alla stessa storia ci sarebbe stato persino un altro omicidio avvenuto a Vittoria, nel Ragusano. Tutto farebbe "capo a un traffico di droga che parte da Napoli passando per Gioia Tauro per poi arrivare in Sicilia". Siamo a marzo 2015.

Infine, a diffamare papà Davide, ci pensa Veronica Panarello in persona: parlando con la compagna di cella, lo indica come soggetto inserito nel malaffare "perché lui non racconta le cose che gli sono successe nel camion, le "buste di soldi" che trasportavano in nero".

Parole durissime che pesano come un macigno. Ipotesi del tutto fantasiose che, infatti, non hanno convinto il Gup Andrea Reale il quale ha ritenuto di condannare Veronica Panarello a 30 anni di carcere con rito abbreviato in primo grado. Adesso sarà la Corte d'Assise d'Appello di Catania a dover fare chiarezza su questa terribile vicenda.

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