La foto è stata pubblicata dal gruppo facebook Spotted Portsmouth ma siamo a Londra. Lunedì mattina. L'uomo sul bordo del ponte aveva deciso di suicidarsi, gettandosi, ma è stato intercettato da alcuni passanti che l'hanno convinto a desistere. In quei momenti in cui l'istinto suicida decide di fare un' inversione a u e tornare sui suoi passi scattano meccanismi troppo complessi per starci dentro una generalizzazione e di lui, di quell'uomo ad un passo dall'abisso, in tutti i sensi, non sappiamo nemmeno il nome.
Quello che sappiamo è che dopo averlo salvato sono rimasti lì, con lui, ad aspettare per quasi un'ora ad aspettare che arrivassero i soccorsi. Guardateli: un gruppo di perfetti sconosciuti avvinghiato a un uomo che si tiene sul bordo delle sue disperazioni. E quello che colpisce, osservandoli, è la forza ostinata con cui si stringono come se avessero un milione di anni di cose da raccontarsi, secoli di familiarità. Dalla recinzione del ponte sbuca una mano che lo tiene addirittura per la cintura dei pantaloni, qualcuno rimane inginocchiato abbracciandogli i polpacci, in posizione di preghiera laica confidando che non arrivi il ripensamento di un ripensamento. Un altro lo abbraccia, mica per tenerlo, sussurrandogli qualcosa.
Le parole che sarebbero da scrivere qui sono quelle che si stanno scambiando sottovoce quei due. Le parole di due sconosciuti che in un istante diventano salvato e salvatore, sicuri di essere già una cicatrice che rimarrà, uno per l'altro, comunque vada a finire. Robert Green Ingersoll scrisse: «Le mani che aiutano sono più sante delle labbra che pregano». Quelle mani allacciate sono un inno alla vita.
Trattate le persone come se fossero ciò che dovrebbero essere e aiutatele a diventare ciò che sono capaci di essere.
Lo diceva Goethe e, di questi tempi, è da tenere bene a mente. Sempre in tasca.