Dietro le saracinesche di uno dei seminterrati di via Sessoriana, la strada romana che incrocia via Germano Sommeiller e viale Carlo Felice, dietro Porta Maggiore, è stato nascosto per quasi un anno un terribile segreto. Lo hanno scoperto i martelli pneumatici dei vigili del fuoco, giunti un giorno di agosto a scavare sotto il cemento della botteguccia. Un metro sotto il pavimento di quella stanzetta puzzolente, i pompieri trovano un baule verde: sotto il coperchio spunta un corpo di donna avvolto in un sudario di cellopahane, sigillato con del nastro adesivo. Quel segreto ha un nome: Stefania Bini.
La scomparsa
Roma, ottobre 1984 – Sono passati nove mesi da quando la mafia ha spento la penna di Giuseppe Fava, con il piombo delle Beretta 7.65, a Catania; otto, dalla stretta di mano tra Bettino Craxi e il cardinale Agostino Casaroli che ha abolito la religione di Stato in Italia e cinque da quando la Commissione sulla P2 ha consegnato la sua relazione sulla lobby di affaristi, criminali e faccendieri politici. In un'Italia che non trova pace da intrighi e violenza, il pomeriggio di un sabato di ottobre una studentessa di quindici anni esce per andare a scuola e non torna più a casa.
Stefania come Emanuela Orlandi
Il fantasma della ragazza con la fascetta non è lontano: Emanuela Orlandi, cittadina vaticana di quindici anni, è sparita un anno prima da Roma schiudendo, con la sua scomparsa, una porta su un mondo di segreti e complotti, di ricatti e mitomania che non si richiuderà mai più. Stefania Bini, 17 anni, come Emanuela stava aspettando l'autobus diretta a scuola, vicino a piazza Cavour quando qualcuno deve averla prelevata con la forza o con l'inganno. La mamma e il papà di Stefania sono disperati, sperano in una fuga da ragazzini, rivolgono appelli disperati a chi avesse notizie della loro Stefania. L'angoscia dura 43 giorni, poi arriva il messaggio. Una busta viene fatta scivolare sotto la saracinesca del negozio di alimentari di Bini, al Trionfale: "Preparate 600 milioni".
La trattativa
Nella busta c'è una pagina del diario di Stefania: chi ha scritto quel messaggio ha nelle sue mani la ragazza. Il biglietto sembra scritto da qualcuno che non padroneggia l'italiano, con tratti orientali. Il sospetto che anche questa volta il sequestro, come nel caso di Emanuela venga rivendicato dall'organizzazione dei Lupi Grigi, comincia a insinuarsi negli investigatori. Il caso ripiomba nel silenzio e gli investigatori cominciano a nutrire dei sospetti, qualcosa non va. Perché mettersi in contatto con la famiglia senza fare richieste specifiche e senza fornire prove dell'esistenza in vita di Stefania? A spezzare la tensione della famiglia, confermando i dubbi degli inquirenti, arrivano altre bizzarre telefonate, appuntamenti mancati per il pagamento riscatto e un biglietto, stavolta, smaccatamente posticcio: "Cara mamma e caro papà…" scritto con parole assemblate con un collage. In diretta nel corso di una puntata del programma RAI, ‘Pronto Raffaella?' i coniugi Bini trasmettono un messaggio al rapitore:
"Hai richiesto nostre notizie. Ti rispondiamo che siamo terribilmente in ansia. Rispondiamo confermandoti che tutto è pronto. Telefonaci. Contattaci subito".
Lo scambio
Si arriva a un appuntamento per intercedere con i rapitori. Mario Squillaro, 51 anni, ex marito della sorella della mamma di Stefania, parente acquisito dei Bini, si offre di trattare con i sequestratori turchi. Il calzolaio originario di Salerno, rassicura che attraverso i suoi ‘contatti' con la camorra, può raggiungere l'organizzazione che ha rapito Stefania. La ragazza, dice, è a Istanbul dove la costringono a prostituirsi. Intasca sei milioni per un viaggio in Turchia. La notte dell'appuntamento i Bini ricevono una telefonata dalla questura, ma le notizie non sono quelle sperate. Mario Squillaro è stato arrestato con l'accusa di omicidio.
La confessione
A sorpresa Squillaro confessa subito, si consegna con sollievo agli agenti della Mobile: "Sono stato io, l'ho uccisa". Un omicidio e un tentativo di estorsione per un calzolaio abituato a piccole truffe ed espedienti erano un peso troppo grande da portare. Ormai arrendevole, guida la polizia verso il seminterrato di via Sessoriana, la sua bottega che fino a qualche mese prima era solo un bugigattolo polveroso e oggi sarcofago di un innocente ragazzina.
L'epilogo
Insieme allo zio Mario viene accusata di tentata estorsione anche la sua convivente, Vincenza Di Novi, 39 anni e un figlio avuto dallo Squillaro. Impossibile dire, dopo tutti quei mesi, come sia morta Stefania, il suo corpo sembra intatto, semivestito, con le mutandine e il reggiseno spostati, segno, forse, di quell'impulso sessuale dietro il quale avrebbe agito lo zio orco che giura, però, di non aver consumato alcuna violenza sessuale. Impossibile stabilirlo con il corpo ormai deteriorato, impossibile risalire al movente dell'omicidio e di quella tragica farsa del rapimento messa in scena con un vergognoso sciacallaggio ai danni di un'altra vittima. Mario Squillaro è stato condannato all'ergastolo per aver rapito e ucciso la nipote. Alla lettura della sentenza ha detto solo: "È giusto".