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L’omicidio del parà svela i segreti della caserma: “Droga e sesso con le ‘folgorine'”

Zone ‘franche’ adibite al consumo e allo spaccio di droga, accesso libero ai civili, sesso con le prostitute e nonnismo. Questo il ritratto della Caserma Gamerra che emerge dai lavori della Commissione di Inchiesta sulla morte del parà Scieri, ucciso a tre giorni dal suo arrivo alla scuola paracadutisti di Pisa.
A cura di Angela Marino
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Consumo e spaccio di droga, sesso con prostitute, atti di nonnismo. Questo lo scenario in cui è avvenuta la morte di Emanuele Scieri, 26 anni, da qualche mese dottore in giurisprudenza e allievo paracadutista d'istanza da poco meno di 72ore nella caserma Gamerra di Pisa,  dove è stato trovato privo di vita il 16 agosto del 1999. La vita all'interno della la scuola di addestramento per i parà della Folgore è descritta minuziosamente dalla scioccante relazione della Commissione d'inchiesta sulla morte del soldato siciliano, istituita dalla parlamentare Sofia Amoddio a 20 anni dai fatti. Settantotto pagine dense particolari scioccanti emersi dalle testimonianze dei commilitoni e dei superiori di ‘Lele', che una prima ricostruzione dei fatti voleva suicida per problemi di depressione. Lele, però, non si è suicidato, ma è morto dopo diverse ore di agonia ai piedi della torretta dove venivano appesi ad asciugare i paracadute, all'interno del cortile adiacente alla cosiddetta ‘area di svago' dei militari.

Il muro di cinta scavalcato di notte dai militari

L'inchiesta della commissione sottolinea come fosse facile, per i parà, entrare e uscire dalla caserma senza controllo. "Vi era la prassi – si legge nel rapporto firmato dalla Commissione Scieri – di uscire dopo il contrappello per trascorrere una serata fuori e fare rientro in caserma prima dell'appello della mattina, scavalcando il muro di cinta o passando attraverso qualche buco della rete metallica di protezione". L'andirivieni è confermato anche da testimoni esterni alla caserma, come il professor Riccardo Pertini, proprietario della villetta confinante con il muro di cinta della Gamerra. "Spesso il muro di confine veniva scavalcato per accedere all'esterno" racconta Pertini, che al mattino era costretto a una ricognizione del proprio cortile per rimuovere oggetti lasciati ai piedi del muro dai militari. Tra questi vi erano lattine, bottiglie e profilattici.

Le prostitute? Le chiamavano ‘folgorine'

Tra i civili che avevano libero accesso alla caserma passando per varchi di accesso illegali, come riferito in audizione dal militare Daniele Gelli – vi sarebbero state anche delle prostitute, indicate nella relazione come folgorineCon loro, non si esclude che i militari si intrattenessero all'interno e all'esterno della caserma. Questo ‘sistema' di svago – secondo l'inchiesta – era sotto il controllo dei militari anziani, la cui egemonia sui più giovani si reggeva sul cosiddetto ‘nonnismo', che, come ammesso perfino dall'allora comandante, Enrico Celentano, si esprimeva attraverso dure umiliazioni, come quella della ‘comunione', una specie di rito di iniziazione con cui si obbligavano le giovani reclute a ingoiare un cocktail di escrementi e sporcizia.

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Lele, morto nel cortile dello ‘svago'

Tutto questo avveniva a pochi passi dal magazzino di casermaggio della Gamerra – nello stesso cortile il corpo di Scieri è stato trovato senza vita – magazzino gestito in totale autonomia dai caporali Daniele Ceci e Stefano Ioanna.  "In spregio a ogni regola – si legge nella relazione – il caporale Ioanna, viveva nel magazzino occupando gran parte del suo tempo guardando la tv, giocando con una consolle di videogames e spacciando droga‘. Che ne è stato di quello spazio dopo le indagini è sempre il ‘vicino di casa' professor Perini a raccontarlo: "Poco tempo dopo la morte di Scieri – racconta ancora il Pertini – la parete della torretta fu imbiancata di fresco e la discarica di tavoli e sedie accatastate in quel cortile fu dismessa e pulita".

Il giallo

Alla luce di queste testimonianze e ora che le indagini riaperte dalla Procura di Pisa, a settembre 2017, hanno stabilito che la morte di Lele non fu suicidio, viene legittimo farsi una domanda. E se l'avvocato Scieri avesse visto visto qualcosa che voleva denunciare?

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