Ilaria Capua era considerata una delle migliori scienziate italiane al mondo, una delle massime esperte in virologia e vincitrice nel 2011 del “Penn Vet World Leadership in Animal Health Award”, il principale riconoscimento in campo veterinario.
Era, utilizzo l'imperfetto e non il presente perché all'improvviso, due anni fa, un'inchiesta di Lirio Abbate ha scoperchiato un grosso vaso di pandora e ha gettato sulla Capua ombre e accuse infamanti. Secondo il giornalista del settimanale L'Espresso, che per primo in Italia ha scritto della vicenda che avrebbe dovuto riguardare la virologa, la Capua stava cercando di creare un'epidemia di influenza aviaria e avrebbe trafficato virus per cercare di arricchirsi, insieme ad altri colleghi e in combutta con alcune case farmaceutiche, tradotto in soldoni.
Indagata per "una pluralità di delitti di ricettazione, somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica, corruzione, zoonosi ed epidemia e per aver utilizzato virus altamente patogeni dell'influenza aviaria, del tipo H9 ed H7N3, di provenienza illecita, al fine di produrre in forma clandestina, senza la prescritta autorizzazione ministeriale, specialità medicinali ad uso veterinario, procedendo successivamente, sempre in forma illecita, alla loro commercializzazione e somministrazione agli animali avicoli di allevamenti intensivi", le accuse mosse.
"Episodi choc descritti in un’inchiesta top secret della procura di Roma", così venivano descritte le informazioni confidenziali in possesso di Abbate. L'inchiesta, partita dall'America nel 2001 e successivamente approdata in Italia nel 2005, era stata aperta circa 9 anni prima rispetto all'uscita della notizia del coinvolgimento della Capua pubblicata da L'Espresso. Abbate, che aveva potuto visionare le carte segrete, ricostruì quindi la vicenda e pubblicò un lungo articolo d'inchiesta intitolato: "Trafficante di virus". La Capua fu contattata poco prima della pubblicazione dallo stesso Abbate, che le chiese la disponibilità a rispondere a qualche domanda, e si ritrovò improvvisamente sbattuta in prima pagina, come racconta lei stessa in un'intervista pubblicata oggi dal Corriere.
Delle chiare e inequivocabili intercettazioni telefoniche la inchiodavano alle proprie responsabilità. La Capua era una delinquente, né più, né meno. "Poi la fanno ministro della sanità, troia" e ancora "Grandissima zoccola", "Se la notizia fosse vera, meriterebbe di iniettarglielo a forza il virus", "Iniettatela a lei!!", sono solo alcuni dei commenti denigratori e diffamatori che la Capua legge sotto i post che rilanciavano l'inchiesta che la riguardava e racconta a Gian Antonio Stella.
La Capua diventa "il mostro". Non più una scienziata affermata, ma una criminale che ha attentato alla vita di milioni di persone. Leggendo l'articolo dell'Espresso era pressoché impossibile riuscire a trovare una qualche motivazione o una qualche scusa che potesse ridimensionare la posizione della Capua. Insomma, la scienziata e parlamentare di Scelta Civica era colpevole. Colpevole senza appello, colpevole senza ombra di dubbio, colpevole ancora prima che venisse celebrato un processo.
Dieci anni da indagata, senza mai essere stata convocata dagli inquirenti per un interrogatorio, senza avere la possibilità di fornire una propria versione dei fatti, spiegare la situazione, avere la possibilità di difendersi. Come racconta la stessa Ilaria Capua a Gian Antonio Stella del Corriere della Sera, la sua vita cambiò improvvisamente con la pubblicazione dell'inchiesta di Abbate. Dalle intercettazioni, prive di ogni contestualizzazione, sembrava evidente il coinvolgimento della Capua e la sua "condotta corruttiva". Battute che diventano accuse infamanti, accuse infamanti che rovinano la reputazione della scienziata e ne travolgono l'esistenza.
Un'inchiesta choc, quella della Procura di Roma. Talmente choc, che due anni dopo ha portato al proscioglimento della Capua perché "il fatto non sussiste". Attenzione: non una banale – e sempre tanto deprecata dai vari Abbate e Travaglio – assoluzione per insufficienza di prove, formula assolutoria che peraltro è stata abolita nel 1989 perché considerata in conflitto con i principi dello Stato di Diritto che impongono che ogni assoluzione debba essere pronunciata con formula piena, ma un non luogo a procedere, ovvero il Gup dopo le indagini preliminari ha deciso di non procedere contro la Capua perché le prove a suo carico non dimostravano in alcun modo una possibile condotta fraudolenta.
Due anni e un proscioglimento dopo, Abbate ritorna sulla storia insistendo nuovamente sulla presunta colpevolezza della scienziata: "Traffico dei virus, Capua prosciolta. Ma le intercettazioni svelano il grande business", il titolo. "Non luogo a procedere per la virologa padovana. Ma l'inchiesta dei Nas mette in risalto gli affari e i conflitti di interessi celati dietro emergenze sanitarie. E racconta con dati di fatto quanto l’aviaria abbia arricchito Big Pharma", prosegue il catenaccio. Ma dell'inchiesta sul traffico dei vaccini si occupò tempo fa anche la rivista Science, una delle riviste più prestigiose in campo scientifico, che difese la Capua e parlò di "diversi errori scientifici nelle carte dei NAS e della procura", sostenendo che "i documenti non sembra siano stati revisionati da esperti scientifici".
Insomma, Abbate non si arrende e continua per la propria strada. Un proscioglimento non basta a spazzare via le accuse infamanti rivolte alla Capua, non basta a convincere Abbate che l'unica cosa che dovrebbe fare ora è chiedere scusa alla scienziata, scusarsi per averle rovinato la vita sbattendola in prima pagina come fosse un mostro, un mostro che però era totalmente innocente.
Ilaria Capua da tre settimane si è trasferita in Usa, in California per la precisione, per dirigere il dipartimento dell'Emerging Pathogens Institute dell’Università della Florida. Un incarico prestigioso, assegnatole dagli americani in virtù delle sue capacità internazionalmente riconosciute. Ovunque nel mondo, tranne che in Italia. Sapevano dell'inchiesta in Usa? Certo, risponde la Capua. "Mi hanno risposto che conoscono bene la mia storia e che le accuse erano così assurde da non essere di loro interesse. Era una faccenda chiusa da anni, in America. Avevano fatto delle verifiche. Ero appesa da due anni a una inchiesta di cui non avevo notizie. Non ne potevo più. Mi sentivo un’anatra zoppa. Impotente. Nel vuoto. Mi son detta: e se vanno avanti altri dieci anni? Aspetto altri dieci anni la chiusura delle indagini?"
In un Paese che ha fiducia nella scienza, le accuse alla Capua sarebbero passate in sordina, naturalmente decadute perché prive di fondamento e di interesse. In Italia, invece, sono servite a danneggiarne irrimediabilmente la reputazione, a farla dimettere da parlamentare senza che avesse mai commesso reato alcuno, a renderla protagonista di un'ingiusta gogna mediatica che non meritava affatto. Il risultato è che questo Paese che odia la scienza, come l'ha correttamente definito Paolo Mieli in un famoso editoriale, ha pagato il giusto prezzo per la propria sfiducia nella scienza, ovvero provocando la fuga e attirandosi il disprezzo di una tra le migliori scienziate al mondo.