L’Inps può tagliare le pensioni di reversibilità fino al 50%: ecco in quali casi
Le pensioni di reversibilità erogate ai parenti superstiti in alcuni casi possono subire dei tagli. Come prescrive la normativa di riferimento, infatti, qualora il reddito dei beneficiari superi determinate soglie gli importi degli assegni di reversibilità possono essere ridotti. Per legge, la pensione di reversibilità viene erogata per l'intero ammontare solo nel caso in cui il titolare della prestazione previdenziali disponga di un reddito non superiore a tre volte l'assegno minimo dell'Inps, che per l'anno 2017 corrisponde a 19.573,71 euro. Qualora il reddito dei beneficiari sia superiore a tale limite, l'importo dell'assegno di reversibilità viene ridotto in proporzione.
Per i redditi compresi tra 19.573,71 euro e una somma pari a quattro volte il trattamento minimo Inps, dunque 26.098,28 euro, la riduzione dell'assegno è pari al 25%.
Se il reddito supera la soglia dei 26.098,28 euro ma non quella pari a cinque volte il trattamento minimo Inps, ovvero 32.622,85 euro, il taglio dell'assegno ammonta al 40%.
Infine, se il reddito del beneficiario della reversibilità supera anche l'ultimo scaglione dei 32.622,85 euro, la riduzione dell'assegno di reversibilità è del 50%.
Tuttavia, però, la regolamentazione presenta alcune eccezioni, casi in cui la riduzione dell'importo erogato non viene applicata. Qualunque sia il reddito dei beneficiari, la reversibilità viene corrisposta integralmente se il nucleo familiare comprende figli minori, studenti o inabili.
Inoltre, alcuni redditi del beneficiario della prestazione previdenziale di reversibilità non rientrano nel computo reddituale ai fini del superamento delle soglie previste dalla legge. Sono ad esempio esclusi dal calcolo il TFR, il reddito della casa di abitazione, gli arretrati che sono sottoposti a tassazione separata, le rendite Inail, gli assegni di accompagnamento, le pensioni privilegiate e le pensioni e gli assegni per invalidi, ciechi e sordomuti.