L’assoluzione di Alberto Stasi è priva di logica secondo l’accusa
Lo scorso 6 dicembre la Corte d'Assise d'Appello ha assolto Alberto Stasi per l'omicidio di Chiara Poggi. Qualche novità doveva per forza di cose materializzarsi in questi quattro mesi, dal momento che il delitto di Garlasco resta ancora senza un colpevole. Così è stato e dopo il ricorso della famiglia della vittima, arriva anche quello della pubblica accusa. La procura generale di Milano si è infatti rivolta alla Cassazione, chiedendo che si celebri un altro processo con una nuova perizia sulle macchie di sangue. Il pg, Laura Barbaini, rimprovera i giudici della Corte di essere giunti ad una sentenza che pecca di «contraddittorietà e illogicità» nelle motivazioni.
"Illogica" l'assoluzione di Alberto Stasi – Secondo la rappresentante della pubblica accusa, il verdetto della Corte esclude in modo incoerente dal compendio complessivo delle risultanze una serie di elementi , relegandoli al ruolo di mere «congetture o supposizioni personalistiche». Elementi che invece l'accusa considerale cruciali per dimostrare la colpevolezza di Stasi. Il quadro probatorio sarebbe così ridotto a due soli indizi: la presenza del dna di Chiara Peggi sui pedali della bicicletta di Stasi e l'impronta digitale dello stesso imputato sul dosatore di sapone nel bagno della vittima dove abitava la vittima e dove si è consumato il delitto.
Un "feroce" assassinio -Priva di logica, poi – secondo l'accusa- l'ipotesi della terza persona, sconosciuta, o di un ladro occasionale, in quanto non spiegherebbe sicuramente la modalità con la quale è stata compiuto il massacro, definito «feroce» e dettato quasi certamente da «un’emotività esasperata» generata da «rapporti profondi e contrastati».
Una nuova perizia –La procura generale di Milano chiede quindi che siano rifatti tutti gli accertamenti del caso. Un elemento che non quadra secondo l'accusa è relativo al fatto che quando Stasi trovò il corpo della sua ragazza, questa era riversa in una pozza di sangue sulle scale della villa. Ma quando l'imputato arrivò dai carabinieri per denunciarne l'uccisione, le suole delle sue scarpe erano immacolate, senza schizzi o macchie. La nuova perizia servirebbe anche a spiegare come ciò sia avvenuto.