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L’archivio di Giulio Andreotti. Cosa sappiamo

Si è favoleggiato di un formidabile archivio che a bordo di camion sarebbe stato messo al sicuro nello Stato Pontificio. Poi la notizia della donazione all’Istituto Luigi Sturzo di Roma; ma il “vero” archivio – quello che teneva col fiato sospeso i potenti – è tutta un’altra storia.
A cura di Aldo Giannuli
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Giulio Andreotti non è stato solo uno dei più importanti politici dell’Italia Repubblicana, è stato anche una delle sue grandi leggende: il politico più astuto, divertente, cinico, abile. Ed anche il più temuto. Lo rendevano tale le molte conoscenze di potenti in Italia e fuori, la  rete di fedelissimi dislocati nei più delicati gangli del potere, ma soprattutto la conoscenza dei segreti meno confessabili di un gran numero di esponenti politici, finanzieri, militari, industriali….

Si favoleggiava di un suo formidabile archivio, in cui sarebbero stati custoditi migliaia e migliaia di documenti esplosivi, in grado di mettere in ginocchio molti potenti. E lui, ogni qual volta era innervosito da una qualche ostilità, non mancava di accennare distrattamente a quel suo formidabile archivio. Si diceva che esso fosse custodito in una villa del litorale romano sorvegliata a vista da vigilantes armati; altri sostenevano che interi camion zeppi di documenti avevano attraversato il confine che separa lo Stato italiano dalla Città del Vaticano (dove Andreotti contava amici molto influenti); altri ancora, meno credibilmente, indicavano una traccia svizzera o addirittura americana, ma senza addurre non dico una prova, ma neppure un minimo indizio. Insieme a quello di Federico Umberto D’Amato ed a quello del cardinale Tisserant, si è trattato dell’archivio più agognato da qualsiasi storico, giornalista o politico.

D’altra parte, Andreotti è stato sin da giovanissimo nelle stanze più importanti del “Palazzo”: sottosegretario alla Presidenza del consiglio – con delega ai servizi segreti – a 26 anni, Presidente del Consiglio per ben 7 volte, ministro di tutto o quasi (Difesa, Tesoro, Finanze, Giustizia, Esteri… ), amico di cardinali e di palazzinari, di capi dei servizi segreti italiani e non, di alti ufficiali e di finanzieri. Si vantava di aver conosciuto centinaia di migliaia di persone fra potenti ed umili. Chi meglio di lui avrebbe potuto raccogliere notizie, lettere, rapporti, note confidenziali, foto, relazioni… ?

Alcuni anni fa, nel 2007, decise di cedere il suo archivio all’Istituto Luigi Sturzo di Roma, che raccoglie le carte della Dc e di molti suoi esponenti (Scelba, Gronchi, Piccoli, Marcora ecc.) e sembrò arrivato il grande momento: 3.500 faldoni per circa 600 metri lineari. Nel corso dei miei incarichi peritali per conto della magistratura, ebbi occasione di visionare quel fondo. Certamente esso ha un grande valore storico, perché include una documentazione inedita e molto ricca oltre che sulla politica italiana (c’è di che riscrivere molte pagine di storia della Dc), anche sul Vaticano e su molti episodi rilevanti di politica internazionale, ma è anche evidente che esso sia stato attentamente esaminato, selezionato ed ordinato, carta per carta, prima di essere ceduto allo Sturzo. E la documentazione più “calda” fra quelle carte non c’è, o meglio, non c’è più. Credere che quella fosse la terribile santabarbara che teneva con il fiato sospeso tanti potenti della repubblica (e della Curia… ) sarebbe fare torto ad Andreotti la cui immagine esce molto ridimensionata da questa massa di carte imponente, ma troppo “ordinaria”. E sarebbe far torto anche all’intera classe politica dell’Italia di quegli anni, che si sarebbe spaventata per nulla o quasi. In particolare, posso dire che sul filone della strategia della tensione, delle stragi, dei tentati colpi di Stato ecc c’è ben poco e nulla (almeno ad un esame non particolarmente approfondito) che possa sconvolgere quanto già sappiamo su quelle vicende. Ed altrettanto possiamo dire sul caso Moro.

 L’archivio Andreotti, quello più delicato, è ancora da trovare.

www.aldogiannuli.it

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Ricercatore di Storia contemporanea presso l’Università degli studi di Milano. E’ stato consulente delle Procure di Bari, Milano (strage di piazza Fontana), Pavia, Brescia (strage di piazza della Loggia), Roma e Palermo. Dal 1994 al 2001 ha collaborato con la Commissione Stragi ed è salito alla ribalta delle cronache giornalistiche quando, nel novembre 1996, ha scoperto una gran quantità di documenti non catalogati dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, nascosti nell’ormai rinomato “archivio della via Appia”. Il suo ultimo libro è Uscire dalla crisi è possibile.
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