L’Aquila, tre anni dopo. Quella ricostruzione che non è mai partita
Una violenta grandinata si è abbattuta ieri su L'Aquila. Il cattivo tempo ha fatto da preludio al terzo anniversario del terremoto che ha annientato la città il 6 aprile 2009. Erano le 3.32 quando la terra tremò provocando la morte di 309 persone ed oltre 2mila feriti. Fu un choc per tutta Italia e una ferita che ancora sanguina per le strade del capoluogo abruzzese. Sono passati oltre mille giorni, ma L'Aquila è ancora da ricostruire; un centro storico quasi interamente pericolante, cantieri aperti in ogni angolo, ponteggi intorno ad abitazioni fatiscenti. Il faraonico progetto (C.A.S.E.) di ricostruzione lampo promesso dalla coppia Berlusconi-Bertolaso, definito un «miracolo» dai diretti interessati, è sembrato essere niente più che un'operazione di propaganda.
Per gli aquilani, già segnati nell'animo dalla perdita dei propri cari, oggi il dolore è doppio. 21.731 sono le persone non ancora rientrate nella propria casa (72mila sono i residenti de L'Aquila). Migliaia di individui sparsi tra Map (le casette di legno, innalzate subito dopo la tragedia) e case in affitto concordato con la Protezione Civile. Molti hanno dovuto accontentarsi di alberghi e scuole. Ma la parte più cospicua, (circa 13 mila abitanti) risiede invece nelle 19 new town del Progetto C.A.S.E. Oltre 4mila prefabbricati dal costo di 2.700 euro a mq, che già al momento dell'edificazioni perdevano pezzi. Piastre metalliche che si staccano dai muri, infiltrazioni d'acqua, luci che non funzionano, e altri difetti riportati minuziosamente dagli occupanti sul sito 6aprile.it.
E poi ci sono le macerie. Milioni di tonnellate di detriti, rottami e calcinacci ancora da rimuovere. Un tempo erano parte del patrimonio architettonico di questa bellissima città: oltre mille chiese, 730 palazzi, 60 beni culturali di varia tipologia, tra mura, porte e fontane: meno di un terzo di questi edifici sono risultati agibili. Potremmo poi continuare con i 23 mila edifici che hanno subito danni gravi dopo il sisma, dei 1.110 cantieri aperti solo nel centro storico e fermi ancora alla messa in sicurezza, dei 177 ettari ancora da ristrutturare, oltre ai 403 delle zone limitrofe pure segnate dal terremoto. C' è poi da chiarire il capitolo finanziamenti post-terremoto. Con 10,6 miliardi stanziati -di cui 2,9 per far fronte all'emergenza e 7,7 per la ricostruzione- oggi ne sono stati utilizzati appena la metà, con 5,7 miliardi ancora non inutilizzati. E in questa situazione tantissime piccole e medie imprese non hanno potuto far altro che chiudere per via della mancata ripartenza. Confartigianato parla di «1.500 attività a rischio chiusura, a causa della crisi economica che si è aggiunta ai problemi del terremoto», mentre a L'Aquila «ci sono circa 500 microimprese, soprattutto nel centro storico, che non sono ancora riuscite a ricollocarsi».
E alla luce di questi numeri, forse non fa impressione il fatto che pure i fondi raccolti con la canzone Domani 21/04.09 sono bloccati. Jovanotti, uno dei fautori del progetto insieme a Mauro Pagani e Giuliano Sangiorgi dei Negramaro e molti altri artisti italiani, qualche giorno fa su Twitter ha manifestato il proprio malcontento per questa situazione: «Parte dei fondi (6%) sul Teatro Comunale – ha scritto – risulta spesa. Il grosso, assegnato al Conservatorio, è fermo».
L'Aquila in queste ore ricorda i minuti di quel dramma. Stanotte, una fiaccolata alla quale hanno preso parte 10mila persone si è conclusa in Piazza Duomo. Il minuto di silenzio delle 3.32 è stato infranto dai 309 rintocchi della campana della chiesa delle Anime Sante, a commemorare i nomi delle vittime del 6 aprile 2009. L'Aquila è ferma ancora a quel giorno. Guardando le strade del centro, gli edifici, le scuole, la Casa dello Studente, emblema dei giovani e simbolo di quella che sarebbe dovuta essere la rinascita, non si può far altro che evidenziare il fallimento di una ricostruzione che forse non è mai partita.