L’Aquila: il Comune sgombera 25 case per rischio alluvione. Ma perché le fece costruire in un’area a rischio?
Oltre al danno anche la beffa. Non bastava il terremoto del 6 aprile 2009. Dopo le alluvioni che si sono verificate nei giorni scorsi in tutto il Centro Sud Italia, interessando anche L'Aquila, il Comune del capoluogo abruzzese ieri ha emesso un'ordinanza di sgombero e il divieto di uso dei manufatti, anche a carattere precario, realizzati all’interno della zona individuata con la sigla P4 dal Piano Stralcio Difesa dalle Alluvioni. A renderlo noto è stato il sito 6 aprile. In un passaggio del documento ufficiale del Comune – redatto ieri – si legge che l'utilizzo a fini abitativi di fabbricati posti all'interno della zona P4 "determina una situazione di persistente pericolo per l'incolumità e la vita medesima di quanti ivi risiedono, in specie avuto riguardo all'attuale situazione meteorologica che vede frequenti e cospicue precipitazioni, nevose e piovose, atte a incidere notevolmente sul regime dei corsi d'acqua fluenti nel territorio comunale, determinando permanente rischio di esondazione e di alluvione particolarmente a carico delle zone già individuate come soggette al più elevato livello di pericolosità". L'ordinanza di sgombero riguarda per l'esattezza 25 casette, per un totale di 33 persone che l'abitavano. Si tratta, con ogni evidenza, di un atto di responsabilità da parte del sindaco de L'Aquila, Massimo Cialente. Se esiste il pericolo di alluvioni, e se è a repentaglio la vita delle persone, è corretto che un comune agisca di conseguenza.
Dove è la beffa per i 33 aquilani, dunque? Il fatto, evidentemente, che quelle abitazioni hanno ricevuto il permesso ad essere costruite lì appena 4 anni fa. Il 25 maggio del 2009, infatti, in una delibera del Comune de L'Aquila (sindaco, allora come oggi, era Cialente) si poteva leggere: "Il Comune de L'Aquila intende soddisfare le esigenze abitative temporanee dei cittadini nonché quelle relative ad attività connesse alla residenza definendo criteri e procedure per la localizzazione, realizzazione e successiva rimozione di manufatti temporanei, stante la loro caratteristica di provvisorietà". Tali manufatti, tuttavia, avrebbero ottenuto l'autorizzazione ad essere costruiti solo in caso di rispetto delle "distanze dai confini, strade e fabbricati come da norme in vigore e dovranno essere realizzati nel rispetto della normativa antisismica e del vigente regime vincolistico di natura paesaggistica, ambientale e idrogeologica".
La domanda, dunque, è questa: nel 2009 il Comune dell'Aquila non era a conoscenza dei rischi di alluvione nelle zone sgomberate? E se sì perché ha permesso la costruzione delle case?