Scomparsa Kata, gli avvocati dei genitori: “3 persone sanno tutto, possibile rapimento organizzato”
"C’è chi sa bene cosa è successo" a Kata "e perché. Almeno tre persone". Ne sono convinti gli avvocati Filippo Zanasi e Sharon Matteoni che tutelano e assistono i genitori di Mia Kataleya Chiclio Alvarez, la bambina peruviana scomparsa a Firenze da ormai 40 giorni: era il 10 giugno quando della piccola si sono perse le tracce dall'ex hotel Astor, dove viveva insieme alla mamma e al fratellino.
La procura di Firenze indaga con un fascicolo aperto per sequestro di persona a fini di estorsione. Ma nessuna richiesta di riscatto risulta arrivata alla famiglia della bimba e finora non sono emerse tracce che possano condurre ai sequestratori. Tantissimi sono stati gli appelli dei genitori in queste settimane, ma nessuno si è fatto fatto avanti.
Gli investigatori non sono riusciti ancora ad "imboccare la pista risolutiva. Serve uno scarto in avanti. Non bastano chiamate in correità generiche tipo ’quello ha commesso quel reato’. Qualcuno deve autoaccusarsi" dice Zanesi a La Nazione. L'avvocato parla di "Rapimento organizzato, qualcuno ha preso Kata e non sappiamo come. Fa pensare a qualcosa di grosso, ad attività illecite che proliferavano in quell’ambiente".
Gli occhi degli inquirenti, restano comunque puntati sulle persone che vivevano abusivamente all'ex hotel Astor e a coloro che gestivano la distribuzione degli alloggi e la riscossione degli affitti; il legale spiega:
Una donna romena, un uomo peruviano, un suo aiutante. Gestivano tutto all’Astor. E tutto sapevano".
Il tema è stato causa di numerosi litigi, anche violenti, tra gli occupanti. Almeno in due di questi, sarebbero stati coinvolti i famigliari di Kata. A proposito di quel 10 giugno, Zanafi conferma che almeno tre persone arrivano in zona a cercare lo zio di Kata. E pare non avessero intenzioni pacifiche. In tal senso prenderebbe corpo l'ipotesi della ‘vendetta'. "Voci in tal senso sono arrivate anche a noi. E sì, capisco, il ruolo dei due genitori è centrale. Ma forse per qualcosa di meno diretto…" dice ancora l'avvocato.