C'è un vescovo in mezzo all'Africa che da due settimane ha aperto le porte della Cattedrale per salvare la vita a duemila musulmani. C'è un vescovo, nella Repubblica Centrafricana a Tokoyo, il quartiere islamico di Bangassou, che anche di questi tempi divide il mondo tra oppressi e oppressori, e senza remore ha deciso da che parte stare.
Monsignor Juan José Aguirre Muñoz il 13 maggio («il giorno della Madonna di Fatima, per questo non posso dimenticarlo») si è messo in gioco in prima persona per difendere la popolazione di Tokoyo da una tacca delle milizie anti-Balaka. «Questi ultimi erano originariamente gruppi di autodifesa, nati per rispondere alle violenze delle bande islamiste Seleka, – ha raccontato il vescovo da oltre 35 anni in Centrafrica e alla guida della diocesi di Bangassou da 17 in un'intervista ad Avvenire – arrivate nel Paese dal Ciad e dal Sudan nel 2013. Ben presto, però, gli anti-Balaka sono diventate formazioni criminali. Non fanno differenza tra Seleka e civili musulmani, come la gente di Tokoyo: sono dei pacifici commercianti, non dei fondamentalisti». Gli abitanti della zona di sono nascosti nella vicina moschea e anche il vescovo ha deciso di accorrere sulla linea del fronte.
«Quando sono arrivato, insieme a due sacerdoti e il cardinale Dieudonné Nzapalainga, ho visto cadaveri ovunque. Abbiamo fatto da scudi umani agli islamici: sentivo le pallottole fischiarmi intorno ma non mi hanno colpito. Alla fine, sono arrivati i caschi blu portoghesi della Minusca (missione Onu in Centrafrica, ndr) e hanno fatto uscire gli ostaggi». Vista la situazione monsignor Juan José Aguirre Muñoz ha deciso di aprire le porte della propria parrocchia e ora i duemila sfollati sono "ospitati" tra il cortile, la chiesa e la casa del vescovo. «Abbiamo dovuto decidere in cinque minuti. Non eravamo preparati per ospitare un simile flusso di persone. Ma che altro potevamo fare? La lotta è politica non certo di fede»
Eccola, la solidarietà. L'umanità. E l'intelligenza.